Alessandro Barbera per “la Stampa”
GIANCARLO GIORGETTI E MATTEO SALVINI
La poltrona più delicata che c'è alla fine è toccata a lui, il bocconiano di Cazzago Brabbia, 794 anime strette fra una palude e un lago minore del varesotto nel quale ama pescare.
Giancarlo Giorgetti da oggi dovrà navigare fra partiti e conti pubblici. Il suo segretario (Matteo Salvini) ha iniziato a battere il chiodo prima ancora che il governo nascesse: un giorno sì e l'altro pure invoca deficit per affrontare il caro-bollette e mandare gli italiani in pensione prima possibile, terrorizzato all'idea di passare alla storia per aver buttato dalla finestra una legge (la Fornero) rientrata dalla porta.
Giorgetti, second best di Giorgia Meloni al Tesoro (avrebbe preferito il tecnico Fabio Panetta) non avrà nemmeno il tempo di pensare. La legge Finanziaria avrebbe dovuto essere sui tavoli della Commissione europea già una decina di giorni fa.
MATTEO SALVINI GIANCARLO GIORGETTI
Entro fine anno c'è da rispettare gli obiettivi del piano nazionale delle riforme (vale venti miliardi di euro di finanziamenti) e c'è da decidere se e come accontentare Salvini. «L'agenda la faranno le emergenze, e l'emergenza numero uno oggi è il carovita», andava dicendo ieri Giorgetti a chi fra gli stucchi del Quirinale chiedeva lumi sulle priorità.
MATTEO SALVINI FABRIZIO CECCHETTI ATTILIO FONTANA GIANCARLO GIORGETTI
Silenzioso, prudente, eterodosso ma pronto sempre a tornare fra le righe dell'ultimo partito leninista d'Italia, Giorgetti ha già fatto sapere che sarà ancor più silenzioso di quanto normalmente non sia. E in effetti per far tornare i conti senza mandare a sbattere il governo Meloni quella del silenzio potrebbe rivelarsi una dote essenziale. Dopo aver speso più di sessanta miliardi di euro per affrontare le conseguenze della guerra in Ucraina ora nelle casse dello Stato è rimasto poco: una decina di miliardi.
Giorgetti li dovrà spendere subito per prorogare a dicembre gli sconti sull'energia a famiglie e imprese. Ha a disposizione un'altra dote da dieci miliardi per la Finanziaria del 2023. Pochissimi per affrontare la situazione senza nuovo deficit: l'ultimo documento di finanza pubblica scrive nero su bianco che ormai siamo dentro la recessione. Se non bastasse, l'inflazione è sopra l'otto per cento e i tassi di interesse sui titoli pubblici al cinque.
salvini giorgetti
Giorgetti sa che se desse retta alle sirene della spesa facile farebbe fare a Meloni la fine prematura di Liz Truss, costretta alle dimissioni dopo l'annuncio del Cancelliere dello scacchiere Kwasi Kwarteng di una manovra in deficit da 160 miliardi di sterline. A chi sui mercati tratta il debito italiano le sole parole «deficit» e «pensioni» fanno rizzare i capelli.
E siccome il debito italiano resta fra i più alti del globo, il ministro del Tesoro non potrà non tenerne conto.
giancarlo giorgetti giuramento governo. 3
Allo stesso tempo Giorgetti, che la politica la mastica da più di trent' anni, sa che non potrà nemmeno ignorare le richieste di chi (Salvini), pur trattandolo come un esterno nel Cencelli dei ministri, di deficit e pensioni vuole si parli. «Dovrà accentuare il suo profilo di autonomia», argomenta un investitore internazionale sotto la garanzia dell'anonimato. Per evitare la recessione senza far saltare i conti Giorgetti sarà costretto a un mix di aumenti e tagli di spesa. Meloni gli ha già indicato qualche via d'uscita: una sforbiciatina al reddito di cittadinanza di chi lo riceve e non ne avrebbe necessità, una più pesante ai bonus edilizi cari ai Cinquestelle, costati alla casse pubbliche decine di miliardi.
il ritorno di giulio tremonti alla camera
In ogni caso queste due voci non basteranno. La sola rivalutazione delle pensioni in essere (erose dall'inflazione) costa miliardi. Se a questi aggiungiamo gli stipendi del pubblico impiego (ci sono i contratti in scadenza) e quanto necessario a sostenere gli stipendi bassi (c'è da finanziare un taglio programmato ai contributi previdenziali dei datori di lavoro) Giorgetti ne ha già abbastanza per un severo mal di testa.
Per attraversare la cruna dell'ago avrà bisogno della piena fiducia di Meloni e di qualche alleato. Uno di questi potrebbe essere Giulio Tremonti, al quale la premier vuole affidare la presidenza della Commissione Bilancio della Camera. Sono le curve della Storia: negli anni ruggenti dell'allora ministro di Sondrio, era lui (Giorgetti) a far sì che manovre e decreti passassero senza danni dalle aule di Montecitorio.