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    GIORGIA MELONI DEVE FARE IL GIOCO DELLE TRE CARTE CON XI JINPING – LA STRADA PER USCIRE DALLA VIA DELLA SETA È PIENA DI OSTACOLI. LA DECISIONE È PRESA MA BISOGNA STARE MOLTO ATTENTI A NON IRRITARE IL DRAGONE, PENA IL BLOCCO DELLE RELAZIONI COMMERCIALI CON LA SECONDA ECONOMIA MONDIALE. IL PIANO IN DUE TAPPE: CONTROLLARE GLI INVESTIMENTI CINESI E USARE IL GOLDEN POWER, E BLANDIRE XI CON UNA VISITA DI CORTESIA IN CINA E UN NUOVO TRATTATO BILATERALE– L’AVVERTIMENTO DEL GIORNALE DI PROPAGANDA CINESE, “GLOBAL TIMES”: “ROMA NON BARATTI BENEFICI ECONOMICI PER ACCORDARSI AGLI USA”


     
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    Estratto dell’articolo di Massimiliano Scafi per “il Giornale”

     

    giorgia meloni con joe biden allo studio ovale giorgia meloni con joe biden allo studio ovale

    Houston abbiamo un problema: come interrompere la Via della Seta senza far infuriare Pechino? Come tagliare il cordone stretto al quale Giuseppe Conte ha legato l’Italia evitando le ritorsioni di un gigante capace di produrre da solo un terzo del Pil mondiale?

     

    Il Global Times, il tabloid pubblicato dal Quotidiano del Popolo, si è già fatto sentire: «Non è un cavallo di Troia, è un sentiero di collaborazione. L’Europa non deve essere chiusa e conservatrice, apra. Se Italia e Ue non colgono la Belt and Road, la globalizzazione in Occidente rimarrà indietro o addirittura regredirà». E ancora: «Roma non baratti benefici economici per accodarsi agli Usa».

     

    meloni xi jinping meloni xi jinping

    Il compito di Giorgia, appena tornata da Washington, ha i contorni di una mission impossible, eppure a Palazzo Chigi sono convinti di aver trovato la strada. Quale? Semplice: prima, organizziamo un viaggio nella Città Proibita «per chiarirsi di persona».

    Poi, «facciamo come Super Mario».

     

    Quell’accordo, firmato nel 2019 dal governo gialloverde, con Roma unica capitale del G7 ad aderire all’intesa, a Draghi infatti non piaceva per niente. Così l’ex presidente della Bce aveva cominciato un progressivo sganciamento, abbastanza lento da scansare scontri e polemiche, ma anche piuttosto concreto. Un misto di fermezza e sorrisi, quanto bastava per arginare l’invasione.

     

    Un’operazione in due tappe. Uno, il rafforzamento di fatto dei controlli sugli investimenti di Xi in Italia. Due, il blocco di diverse acquisizioni da parte di aziende cinesi in campi strategici e della sicurezza, usando il golden power: ad esempio, fu l’aiuto diretto di Palazzo Chigi impedire la scalata a Pirelli. Adesso la Meloni vuole seguire lo stesso percorso. Come?

     

    xi jinping conte xi jinping conte

    Per ora la premier «non vuole scoprire le carte» […]. Ma intanto prende tempo. «Ne abbiamo parlato con Biden - ha spiegato in un’intervista a Fox tv- Un’eventuale uscita dalla Via della Seta dovrà essere discussa con il governo di Pechino e nel Parlamento italiano». Niente strappi. «Prenderemo una decisione entro la fine di dicembre». Intanto il cerimoniale di Stato è al lavoro per concordare una visita della premier a Pechino in autunno.

     

    La Via della Seta prevede ben 29 accordi che coinvolgono 19 aziende pubbliche e dieci private: trasporti, energia, credito, navi, meccanica, farmaceutica, pure moda e turismo. È coinvolto insomma l’intero sistema industriale italiano. In ballo ci sono infrastrutture e iniziative comuni nelle nuove tecnologie. Il rischio è l’ingresso cinese nei gangli economici vitali del Paese. […] la scelta, dando retta a Guido Crosetto, è stata presa.

    joe biden giorgia meloni joe biden giorgia meloni

     

    «Aderire a Belt and road fu un atto scellerato compiuto dal governo Conte. Noi abbiamo venduto un carico di arance in Cina, loro in tre anni hanno triplicato le esportazioni». I numeri dell’osservatorio economico della Farnesina danno ragione al ministro della Difesa: dal 2019 l’export tricolore in Cina è passato da 13 a 16,4 miliardi, mentre quello di Pechino è schizzato da 31,7 a 57,5.

     

    Una sproporzione evidente. E si torna al punto di partenza, come spiegarlo a Xi. «Dobbiamo uscire senza fare danni», dice ancora Crosetto. La chiave?

    Nel riconoscimento del doppio ruolo della Cina, «competitor ma anche partner».

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