giorgio paolo conte

“MIO FRATELLO PAOLO? LO SENTO RARAMENTE, GLI ASSENTI PRIMA O POI SPARISCONO” – PARLA GIORGIO CONTE, ANCHE LUI CANTAUTORE: "SIAMO TANTO DIVERSI, LUI È PIÙ ELEGANTE DI ME. DA RAGAZZI ABBIAMO INIZIATO INSIEME IN UNA BAND JAZZ: OGNI VOLTA CHE CELENTANO SI TROVAVA IN UN MOMENTO DI BASSA MAREA SI TIRAVA SU CON UNO DEI NOSTRI PEZZI. ANCORA OGGI PENSO CHE SE ‘AZZURRO’ NON L’AVESSE CANTATA ADRIANO, MA SOLO PAOLO, FORSE NON AVREBBE LA FAMA INTERNAZIONALE CHE HA - QUELLA VOLTA IN CUI ORNELLA VANONI MI ACCOLSE IN ACCAPPATOIO, MA AVEVO SBAGLIATO GIORNO DELL'APPUNTAMENTO” - VIDEO

Roberta Scorranese per il “Corriere della Sera” - Estratti

 

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giorgio paolo conte

 

«Ma sei venuta fin qui?», dice Giorgio Conte e sembra di finire in una delle sue ballate feline e sornione, piene di luna e cha cha cha, così diverse dalla raffinata malinconia (a tratti ermetica) che domina le canzoni del fratello Paolo.

 

 

È stato davvero un «ripiego»?

«Perché non sono stato di certo un avvocato entusiasta, anche se sono stato un legale corretto, almeno questo mi hanno più volte detto i miei avversari. Ma la verità è che non avevo il coraggio di dire chiaro e tondo in famiglia “voglio fare l’artista a tempo pieno”, perché sapevo già che mi avrebbero rivolto uno sguardo pieno di disapprovazione, se non di disprezzo. E poi in famiglia di artista ce n’era già uno: Paolo ha quattro anni più di me, che ne ho ottantatré».

 

Ma anche lui ha fatto l’avvocato.

giorgio conte

«Sì, perché in una famiglia come la nostra, notai colti e rispettabili, bisognava trovare una scappatoia al rigore, una via verso il piacere ma sempre velata di decenza. Papà amava la musica, suonava il piano, però restava sempre un austero uomo di numeri: le sue ferie erano “notarili” e forse è proprio da qui che viene quella speciale “allergia” alle vacanze che torna spesso nelle canzoni di Paolo, una sorta di “festa da subire più che da vivere”. Io no, io sono stato e sono diverso.

 

A me piaceva andare in spiaggia, suonare la chitarra, baciare le ragazze, mangiare e bere. Chissà, forse è stato proprio perché mi sono ritrovato stretto tra le formalità della mia famiglia e l’estro più spinto di mio fratello che, per anni, ho temuto il palcoscenico».

 

Eppure da ragazzi avete cominciato assieme, avete fondato una band jazz.

«Mi chiamavano “il pupillo”, perché ero più giovane e mi intrufolavo alle feste, da me ci si aspettava che giocassi, mica che facessi sul serio. Però qualcosa la sapevamo fare e così le nostre canzoni cominciarono a piacere. A poco a poco componemmo per i grandi. I “fratelli Conte” diventarono un brand. Lei lo sa che ogni volta che Celentano si trovava in un momento di bassa marea si tirava su con uno dei nostri pezzi? Ancora oggi penso che se Azzurro non l’avesse cantata Adriano, ma solo Paolo, forse non avrebbe la fama internazionale che ha».

Paolo Conte alla Scala

 

Anche «La coppia più bella del mondo» è firmata Conte (assieme a Beretta e Del Prete).

«Me lo ricordo come nacque quella canzone: Paolo girava per casa cantando trulì trulà, trulì trulà».

 

Insieme avete scritto «Una giornata al mare».

«Uno dei brani che mi rende più orgoglioso, un po’ come quando Mikhail Baryshnikov usò una mia canzone, Gne gne , in un balletto a New York».

 

Poi, a un certo punto, le strade di Paolo e Giorgio si separano.

«Sì, tutto avvenne senza traumi, ma come per un evento naturale. La musica stava cambiando, i fratelli Conte dovevano prendere un’altra direzione. Paolo si mise per conto suo, io continuai a fare l’avvocato e, allo stesso tempo, a occuparmi di musica. Ma qualcosa non andava. Sentivo che la mia vena creativa doveva avere il sopravvento. E anche questa volta, a decidere fu la vita».

PAOLO CONTE

 

Come?

«A poco più di cinquant’anni mi diagnosticarono un tumore al colon. Una cosa grave, mi diedero sei mesi di vita. Fu allora che mi dissi: adesso o mai più. Convinto di avere poco da vivere smisi di fare l’avvocato e decisi di fare solo l’artista. Mi rimisi a scrivere canzoni, ripresi i contatti, feci leggere i miei brani a diversi artisti. Cominciò così la vera vita di Giorgio Conte».

 

Il fatto di essere fratello di Paolo è stato un incentivo o un freno?

«Naturalmente un freno, perché qualunque cosa decidessi di fare, dal firmare una canzone a un concerto, c’era sempre chi ci vedeva un “artista al traino”. Ma non è stato così, anzi. Ci sono stati momenti difficili, però non mi sono mai perso d’animo. Anche perché alla fine il tumore non ha avuto la meglio su di me».

 

PAOLO CONTE

 

Pur intrise della stessa ironia dal sapore elegantemente rétro, le sue canzoni sono molto diverse da quelle di suo fratello.

«Molto e forse è per questo che oggi abbiamo due pubblici parecchio differenti tra di loro. Io sono amato in Francia, Germania e Canada, c’è anche chi rivede in me una vena alla Brassens, però io sono uno di campagna, uno che ama la Barbera e che coltiva le pesche, uno che si interessa dell’orto e che sa riconoscere un terreno sabbioso e poco adatto agli asparagi».

 

A proposito di cibo, il suo brano «Cannelloni» è stato ripreso dalla serie «The Crown» su Netflix.

«All’estero impazziscono quando sentono un italiano parlare di cibo con la stessa serietà con la quale parliamo di poesia. E a me piace mescolare l’Erba di San Pietro e l’amore».

 

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Sembra l’attacco di una sua canzone.

PAOLO CONTE

«Il piacere, il gusto della vita, la musica, l’amore, il cibo: queste sono le mie canzoni e in fondo assomigliano alla vita che mi sono scelto. Pazienza se mio fratello è più elegante di me».

 

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Mina o Ornella Vanoni.

«Mina l’ho conosciuta tramite un’amica in comune. Quando andai a trovarla a Lugano la feci ridere tanto, perché facevo la sua imitazione, con una pronuncia cantilenante. Poi nell’album Uiallalla mise due mie canzoni, Il plaid e T.I.R. ».

 

E Vanoni?

giorgio paolo conte

«Uh, una donna simpaticissima, potrei dire un’amica. Una volta, quando ero molto più giovane, mi convocò a casa sua. Ora, noi persone di campagna siamo usi a portare sempre un dono quando ci presentiamo a casa d’altri. La mamma mi suggerì di portare un cestino con quelle squisitezze che facciamo qui nell’Astigiano, che so il cacciatorino o il vino.

 

Così mi presentai puntualissimo con il mio dono bene impacchettato. Ma rimasi senza parole quando Ornella venne ad aprirmi vestita solo dell’accappatoio. Immediatamente mi tornò in mente che lei, sotto il biliardo, ha un letto estraibile e feci cattivi pensieri, ma le sue parole, secche, mi riportarono con i piedi per terra: “Ragazzo, guarda che l’appuntamento era domani, mica oggi”».

 

ornella vanoni

E così lei se ne tornò a casa con la coda, anzi, il cestino tra le gambe.

«Diciamo che nella vita ho lasciato andare, con allegria, tante occasioni» (ride) .

 

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Giorgio, come sono oggi i rapporti con Paolo?

«Non ci sentiamo tanto, anzi, lo facciamo abbastanza raramente. Non che ci siano stati contrasti, anzi. Ma semplicemente capita che persone che si sono amate molto poi si allontanino.

 

Forse perché siamo tanto diversi, forse perché la vita ha voluto così. Ma c’è il passaggio di un libro di Carlo Sgorlon che recita: “Gli assenti prima o poi spariscono”. E oggi, ogni tanto, mi viene da pensare: chissà se per Paolo io sono sparito».

giorgio conte