Estratto dell’articolo di Carlo Bertini per “La Stampa”
giovanni maria flick foto di bacco
«Così non si stabilizzano i governi, anzi si crea una doppia frattura: la prima tra il premier e il capo dello Stato e la seconda tra il premier eletto e chi mira a sostituirlo». È una critica severa in punto di diritto quella del presidente emerito della Consulta, Giovanni Maria Flick, al disegno di legge sul premierato del governo. Stando all'ultimo testo sul tavolo, addirittura «il secondo premier della legislatura, che non riceve un mandato popolare a governare, avrebbe più poteri del premier eletto dai cittadini, disponendo solo lui dell'arma dello scioglimento delle Camere».
Per sintetizzare: un mezzo disastro legislativo?
«Si tenta di cristallizzare la situazione politica attuale, con uno scambio tutto politico tra la riforma per il premierato e quella per l'Autonomia differenziata. Intanto trovo illogico condizionare un premier eletto dal popolo ad un voto di fiducia del Parlamento.
sergio mattarella giorgia meloni
E non solo: si rischia di svuotare la ratio della riforma con la introduzione del secondo premier non indicato nella scheda elettorale. Il quale può prendere il posto del primo, ottenendo un voto di fiducia parlamentare. È illogico: una volta che si è scelta l'elezione popolare, non si può condizionarla con la fiducia parlamentare».
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Non si stabilizzano i governi così facendo?
«Ho molti dubbi, perché è vero che da un lato si cerca di dare una veste costituzionale alla prassi di indicare il nome del premier sulla scheda elettorale. Ma non ci si rende conto che la creazione di due fonti, una parlamentare per la nomina del capo dello Stato e l'altra elettorale per la legittimazione del premier, è destinata a creare una prima notevole frattura tra i due soggetti istituzionali.
Al capo dello Stato si lasciano una serie di compiti che finiscono per assumere un significato formale. Perché non avrebbe le uniche due armi di cui poter disporre per poter esercitare queste mansioni: lo scioglimento delle Camere e la nomina del presidente del Consiglio, al quale si limita a "conferire" un incarico».
sergio mattarella giorgia meloni
Poi c'è la questione del secondo eventuale premier della legislatura, non eletto dal popolo...
«Così si crea un altro conflitto, tra chi viene eletto per fare il premier e il secondo della sua stessa lista, cui verrà subito il desiderio di mandare a casa il vincitore delle elezioni. Temo che questo fattore possa innescare una situazione di potenziale conflittualità, perché nel secondo caso non c'è più il popolo sovrano, ma il Parlamento che decide se incoronare un parlamentare come premier. Così paradossalmente si arriva a svuotare la riforma del premierato e a far sentire tradito il volere degli elettori».
giovanni maria flick
Si tenta di mettere in gabbia una maggioranza politica?
«È solo un'illusione, che deriva dalla prassi del principio che la Costituzione possa essere usata per risolvere problemi politici di altro livello. Il presidente della Repubblica ha un ruolo extrapartes per mediare a un livello alto in questi casi».
E che succede se dopo questa riforma avvenisse una scissione di uno dei partiti della maggioranza di governo, come fu nel caso di Fini?
«Non so cosa può succedere. Qui si pensa che una maggioranza formata possa andar avanti tutta la legislatura. Oppure che il Parlamento subisca uno scioglimento anticipato e il presidente della Repubblica non possa che prenderne atto» […]
Limitando a due i possibili premier di ogni legislatura, la carica del secondo in ordine di arrivo diventa più ambita, avendo il potere di mandare tutti alle urne?
«Sì, paradossalmente il secondo promosso a Palazzo Chigi, pur non eletto come premier, avrebbe più poteri. E aggiungo un punto dirimente: non è che se il premier eletto cade o si dimette, il suo ruolo sia trasferibile. Se lui deve andare a casa, non si può sostituirlo con un altro della stessa lista elettorale. Il quale, leggendo tra le righe la riforma, non avrebbe neanche l'obbligo di preservare la stessa maggioranza numerica. Una complicazione enorme quella di voler impedire il ribaltone agendo non sul sistema elettorale ma sui meccanismi di passaggio. E se si verifica un'emergenza di avere un governo in carica, che si fa?».
meme selfie tra sergio mattarella giorgia meloni
Due altri punti sub judice: via i senatori a vita e una legge elettorale con il premio al più forte. Che ne pensa?
«L'articolo 9 della Costituzione dice che la Repubblica tutela il patrimonio storico artistico. E poi si mandano a casa gli emblemi viventi di questo patrimonio nazionale che sono i senatori a vita? Infine, costituzionalizzare il sistema di voto mi sembra eccessivo: vuol dire mettere in cantiere una serie ripetuta di riforme in tempi brevissimi, alla luce dell'esperienza passata. E rimango perplesso di fronte alla fissità del premio di maggioranza al 55% senza neanche prevedere una soglia minima di voti per averlo».
sergio mattarella e giorgia meloni alla scuola nazionale dell amministrazione 3 sergio mattarella giorgia meloni