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    GIU’ LA MASCHERINA - SE "I NUMERI DELLE 18" CALANO, CALA ANCHE IL PEZZO DI STOFFA SUL VISO. SI DIFFONDONO ALCUNI FATTORI CHE NE ACCELERANO IL DISUSO: L'ARRIVO DELLA BELLA STAGIONE, IL CONFORTO DEI NUMERI, IL "RISCHIO CALCOLATO".  NASCE COSÌ UN FENOMENO NUOVO: L'AVVERSIONE PER CHI LA PORTA ANCORA. E' COMINCIATA NEGLI STATI UNITI DOVE È STATO DATO IL VIA (ALLA FACCIA) LIBERA PER CHI È STATO VACCINATO. E QUANDO LA PANDEMIA SARA’ FINITA COSA ACCADRA’? CI SARA’ QUALCUNO CHE CONTINUERA’ A PORTARE LA MASCHERINA?


     
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    Gabriele Romagnoli per “La Stampa”

     

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    Niente, neppure una moneta fuori corso o un matrimonio sbagliato, scompare tanto in fretta quanto un obbligo mal tollerato. Poco conta se le prime due cose portano inganni e danni e la seconda salvezza. In breve la regola diventa eccezione e nessuno si preoccupa più non soltanto di seguirla, ma neanche di farla valere. Anzi. E' quel che accade alla mascherina, il logo involontario della pandemia e l' estrema difesa contro il contagio.

     

    Basta che vi guardiate intorno camminando per le strade lastricate di "giallo". Se ancora voi l' avete sul naso e bocca, saranno in tanti ad averla ormai abbassata, come una mentoniera o un più elegante cache col, o addirittura abbandonata, in tasca, in borsa, a casa. Ci si dimentica di qualcosa quando non si è ancora abituati o non più interessati. La mascherina si avvia verso il disuso per molte ragioni, ma con altrettante conseguenze.

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    Si diffondono alcuni fattori che ne riducono la presenza: l' arrivo della bella stagione, il conforto dei numeri, il "rischio calcolato". Quest' ultimo, evocato dal premier Draghi per ridurre le limitazioni, sta passando dalla sfera pubblica a quella privata.

     

    Qui la matematica si fa opinione, se non volonterosa illusione. Se "i numeri delle 18" calano, cala anche il pezzo di stoffa sul viso. C' è un sentore di rettilineo finale nella tappa conclusiva di un Giro estenuante. Per sprintare ci si toglie ogni zavorra, ogni ricordo della sofferenza, si butta al vento ogni remora, spingendo verso un futuro che appare vicino e rilassante, come era la vita prima della fatica.

     

    Di questo anno e mezzo vissuto pericolosamente la mascherina è stato il simbolo. Spariti in fretta guanti e detergenti, è rimasta, si è diffusa e moltiplicata. Ha cambiato fogge e colori, acceso dibattiti improbabili e senza soluzione sulla opportunità di certi materiali, di una marca definita vip, degli emblemi applicati come fosse l' ennesima felpa ad uso della politica. Si è detto di lavarla spesso, di cambiarla spesso, di non buttarla mai. Protegge, ma inquina.

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    Difende, ma può offendere. I complottisti, per i quali nulla esiste veramente, ne hanno fatto il loro bersaglio, proclamandosi, prima che "no vax", "no mask". Ci sono state manifestazioni a viso scoperto per rivendicare la libertà di mostrarsi, belli da morire, confusi da impazzire: nemmeno il casco in moto o la cintura di sicurezza sono stati così osteggiati, eppure quella sarebbe una scelta più personale, che non passa ad altri il rischio.

     

    Ora, grazie anche al comportamento di chi ha indossato le protezioni e di chi si è iniettato i vaccini, il contagio è veramente in calo e, a differenza della scorsa primavera, non dovrebbe risalire. Ecco allora la fretta di chiudere un capitolo, cancellando per prima cosa l' oggetto che ne è stata l' illustrazione. Nasce così un fenomeno nuovo: l' avversione per chi la porta ancora. E' cominciata negli Stati Uniti dove è stato dato il via (alla faccia) libera per chi è stato vaccinato.

     

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    Tuttavia molti hanno deciso di continuare. Hanno i loro motivi: la prudenza non è mai un reato, le certezze in questa vicenda sono state talmente poche da indurre a non averne ora, quel pezzo di stoffa può essere una polizza contro mali a venire, di sicuro lo è stata contro le influenze invernali, le allergie, lo smog che si respira circolando su due ruote.

     

    Da ultimo, non è poi così anti-estetica: ci sono volti che regolarizza. Un fotografo ha raccontato al New York Times che, mentre faceva la spesa con la mascherina, è stato circondato e schernito da un gruppo di giovani che probabilmente non l' avevano messa mai, ma ora si sentono nel giusto e possono finalmente deridere il pericolo da loro, ma non da altri, scampato.

     

    L' incertezza è madre di tutte le aberrazioni. Dan Rather, leggenda del giornalismo televisivo, ha scritto in un tweet: «Sono confuso. A chi dovrebbe importare se qualcuno vuole ancora girare con la mascherina?». Il punto è: dovrebbe? O no?

     

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    Lunedì ho parlato davanti al microfono di due diversi reti televisive. In un caso (all' aperto) mi è stato chiesto di indossare la mascherina, nell' altro (al chiuso) di toglierla. Come un vecchio personaggio arboriano: non ho capito, ma mi sono adeguato. La desuetudine abroga le norme, spesso più in fretta del legislatore. Abroga anche il rischio? Dovrebbero dircelo gli esperti, ma lo stesso moto popolare che invoca la fine delle limitazioni proclama l' insofferenza nei loro confronti: parlino solo se hanno buone nuove.

     

    Stiamo vivendo un tempo capovolto, come abitassimo in una clessidra che ruota: i sostenitori di legge e ordine auspicano violazioni, i libertari imposizioni. La mascherina non è né di sinistra né di destra: sta sopra. Portarla è stato un dovere, ora si avvia a diventare un diritto. Il primo salvaguardava (anche) la salute altrui; il secondo soltanto la propria (anche fosse un malinteso, resterebbe la libertà di credere che così sia). Il trauma del Covid sarà lungo da smaltire, nel corpo e nella mente. Il 30% di chi l' ha avuto ancora ne risente. E' ragionevole pensare che tra gli altri una percentuale simile continuerà ad avvertirne la minaccia. Poi svanirà.

     

    Quando accadrà?

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    Fino al 2019 ci è capitato spesso di incontrare orientali in viaggio che indossavano la mascherina. Era un retaggio dell' epidemia di Sars (2002-2004). Oppure un sentore della pandemia di Covid (2020-?)?

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