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C.O. per “il Messaggero”
Il pecorino romano rischia di essere un po' meno italiano. Il Consorzio di tutela della Dop che vigila sulle produzioni in Sardegna, Lazio e provincia di Grosseto starebbe per modificare il disciplinare di produzione ammettendo nel ciclo produttivo anche latte proveniente da razze non autoctone, come le pecore israeliane Assf, le Lacaune francesi o meticce non meglio precisate.
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Così - dicono al Consorzio - di fatto imponiamo in modo rigoroso che almeno il 90% del latte sia prodotto con le razze che vivono da sempre nel territorio. Un colpo di mano che danneggia la tipicità del pecorino, denunciano invece Confagricoltura, Cia Agricoltori Italiani e Copagri. «Il richiamo - scrivono - al legame con il territorio è la base per la difesa di un formaggio unico e peculiare, conosciuto fin dai tempi degli antichi romani».
Secondo le associazioni, inoltre, «una tolleranza del 10% significherebbe consentire l'utilizzo di 20 milioni di litri di latte non prodotto nel territorio: ipotesi assolutamente inaccettabile». Il giro d'affari alla produzione del pecorino romano Dop è di circa 210 milioni di euro, che diventano più di 500 milioni calcolando anche la parte commerciale e l'export.
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