Viola Rita per www.wired.it
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Oggi i riflettori si accendono di nuovo su un tema a lungo discusso, gli effetti (nocivi) sulla salute di un consumo eccessivo di carne rossa e della carne processata (cioè quella lavorata e conservata, come salumi, salsicce e wurstel), quella che fa più male. Un nuovo studio controcorrente, infatti, indica che interrompere il consumo di queste carni non sembra apportare dei benefici importanti per salute.
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Anzi i vantaggi dell’esclusione di questi alimenti sarebbero piccoli se non nulli. Ad affermarlo è un panel internazionale di esperti, che ha condotto una serie di revisioni scientifiche su questo argomento. I loro risultati, pubblicati sugli Annals of Internal Medicine, contengono nuove linee guida sull’alimentazione. E indicano che in generale non bisogna demonizzare il consumo della carne rossa, eliminandola completamente. Il dibattito rimane aperto e ad oggi le raccomandazioni sul consumo della carne sono le seguenti.
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Le raccomandazioni attuali
Il risultato sembra in contraddizione con le raccomandazioni attuali. Numerosi recenti studi hanno richiamato l’attenzione sull’importanza di abbassare il contenuto di carne rossa e lavorata per diminuire il rischio di diverse patologie, come alcuni tipi di tumore, diabete e malattie cardiovascolari. Tanto che nel 2015 lo Iarc, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro che fa parte dell’Organizzazione mondiale della sanità, ha classificato come probabilmente cancerogena la carne rossa (classe 2A) e sicuramente cancerogena la carne lavorata (classe 1).
Per questo molte autorità internazionali, fra cui l’Organizzazione mondiale della sanità, hanno recentemente raccomandato di ridurre l’assunzione di carni rosse (mangiandone non più di tre porzioni a settimana, ovvero non più di 500 grammi) e indicano che un elevato consumo di carni lavorate al giorno (50 grammi) aumentano del 16% il rischio di tumore del colon-retto – che per questo dovrebbero essere evitate quanto più possibile.
Il risultato di oggi
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Gli autori sono partiti dalla stima del consumo medio di carne rossa e lavorata, in Europa e nell’America settentrionale, che va dalle 2 alle 4 porzioni a settimana. Un rigoroso insieme di revisioni sulle prove su questo argomento, come scrivono i ricercatori, mostra che i benefici associati alla riduzione del consumo di queste carni sono ridotti se non assenti. Per questo le nuove linee guida riportano che “la maggior parte degli adulti (ma non tutti) possono continuare ad assumerle seguendo le loro abitudini medie”. Gli esperti tuttavia sottolineano che si tratta di una “raccomandazione debole” e un “livello di evidenza ancora basso”.
Come è stato ottenuto il risultato
Insomma, il dato, seppure basato – a detta degli stessi autori – su un’evidenza limitata, sembrerebbe andare controcorrente rispetto a molte delle raccomandazioni fornite fino ad oggi. Ma come è stato ottenuto? Il risultato si basa su “cinque revisioni sistematiche di alta qualità”, ovvero revisioni e recensioni di studi già pubblicati sul tema, in particolare sulla relazione fra consumo di carne e salute.
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Le ricerche esaminate – 12 trial randomizzati – includono i dati di circa 54mila persone. Dall’analisi non emerge un’associazione statistica significativa o importante fra l’assunzione di carne rossa o lavorata e il rischio di diabete, malattie cardiovascolari e tumori. In pratica, spiegano gli autori, “non ci sono prove stringenti che carni rosse o lavorate causino queste patologie”. A fronte di questo riscontro, i ricercatori indicano che per molti è possibile continuare a mangiare queste carni, spesso apprezzate proprio perché percepite come salutari.
Ma allora come interpretare il risultato? La carne rossa e gli affettati fanno bene o fanno male? Secondo gli autori eliminare del tutto queste carni potrebbe non avere un senso, in termini di salute, mentre un consumo medio potrebbe non essere nocivo. Lo stesso Iarc, ad esempio, indica che in persone non particolarmente a rischio di determinate malattie, un’assunzione moderato di carni rosse, non superiore ai 500 grammi a settimana (pari a circa 3 porzioni), potrebbe non aumentare i rischi, mentre mangiarne di più potrebbe non far bene. Diverso il discorso dello Iarc sulle carni lavorate, che dovrebbero essere fortemente limitate se non evitate. Il dibattito, dunque, resta aperto (soprattutto sulle carni lavorate), fermo restando che anche in questo caso la chiave è sempre quella di scegliere la strada della moderazione ed evitare gli eccessi.
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