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    GIUGNO '65: QUANDO L’ITALIA FECE BOOM - NELL'ARCHIVIO DI PUBLIFOTO, RILEVATO DA BANCA INTESA, GLI SCATTI CHE FISSANO UN ANNO DI SVOLTA NEL COSTUME NAZIONALE – I  BEATLES A MILANO, DE SICA VINCE L’OSCAR, L’INTER LA COPPA CAMPIONI, A ROMA APRE IL PIPER: I GIOVANI DEL 1965 NON ERANO FRUSTRATI E SOTTOPAGATI, ERANO AMBIZIOSI DI VIVERE IN UN'ALTRA ERA CHE EBBE POI FINE COL '68 - LA MOSTRA A TORINO+VIDEO


     
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    Giulia Zonca per la Stampa

     

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    Sul palco c' erano i Beatles e li abbiamo visti bene, ma davanti a loro, al Vigorelli di Milano, nel primo concerto dell' unica tournée italiana iniziata il 24 giugno 1965, c' era un Paese che non abbiamo mai guardato in faccia. Un come eravamo inedito.

     

    Scatti a ripetizione sul pubblico che racconta mode e stati d' animo e svela un' anima già globale, un' indole appassionata, una gran voglia di farsi vedere. E sentire. Immagini uscite da un archivio che ha cambiato nome e ora diventa pure una mostra, ma custodisce sempre gli stessi ricordi.

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    La memoria emerge dai cataloghi di Publifoto, agenzia privata nata alla fine degli anni Trenta e decisa a esaltare il valore dei fotoreporter ben prima dell' era dei paparazzi.

     

    Era bello stare lì Fondata da Vincenzo Carrese, che aveva fatto pratica come rappresentante della «Wide World Photos», legata al New York Times , l' agenzia diventa una costola del Corriere della Sera e dopo una ventina d' anni si apre al mercato. È in questa fase che ritrae i ragazzi del 1965, solo che i media vogliono comprare le foto dei Fab Four e le emozioni di chi li guarda finiscono dentro le scatole. Oggi quel tesoro, rilevato da Banca Intesa, torna in circolo: i fari si girano. Il palco è alle spalle e l' attenzione è tutta sull' Italia del boom.

    fan in delirio al concerto dei beatles mostra archivio publifoto fan in delirio al concerto dei beatles mostra archivio publifoto

     

    I primi piani sono internazionali, si potrebbe essere altrove. La ragazza con il caschetto, che urla in una sequenza lunga quanto una canzone, potrebbe vivere a Londra, a Parigi, negi Usa. T-shirt griffata (ma stilista britannico), taglio alla moda e l' agitazione che cresce. Replica pose viste a ripetizione e definite «isteriche» con accento inutilmente critico. Non stava bene sdilinquirsi per una band, però per fortuna succedeva e nessuno gli dava poi questa importanza: esserci non avrebbe segnato il futuro, però era bello stare lì. Peppino di Capri, ingaggiato come apripista, in più interviste ha evidenziato: «I nostri fan erano composti, molto lontani dal delirio che si scatenava in altre città».

     

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    A vederli oggi non sembrano diversi dagli altri e anche se ogni racconto d' epoca parla soprattutto di donne ansimanti, qui si vedono diversi uomini infiammati dal concerto. Un signore con la canotta alla Marlon Brando e ovviamente senza il suo fascino, con un poster in mano. Un adolescente in completo attaccato alla ringhiere, vicino a un bambino incredulo, quasi pronto a strapparsi i capelli perché parte Twist and shout . Qualcuno è sopraffatto dall' atmosfera, il tizio con il cappello da muratore che tradisce l' epoca si mette le dita nelle orecchie. Troppo rumore. Ma in pochi avevano voglia di stare quieti.

     

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    Il diritto di sognare L' Italia dell' estate 1965 aveva vinto l' Oscar con Ieri, oggi e domani di Vittorio De Sica, si era tenuta la Coppa Campioni grazie all' Inter, aveva separato due sorelle siamesi, Giuseppina e Santina Foglia, con un intervento d' avanguardia, aveva aperto il Piper di Roma, si era presa il motomondiale con Agostini sulla mitica Augusta.

     

    Era un Paese che correva, inventava, creava, un posto dinamico e aperto ed era tutto lì, brillante: negli occhiali allungati, nelle collane eleganti e ancora tanto lontane dai figli dei fiori, in mille taglie diverse portate con assoluta indifferenza.

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    Non c' era l' esigenza di somigliare a una modella per farsi notare, bastava essere vitali.

    L' essenza degli anni Sessanta sta nella la rassegna di sguardi soddisfatti e nella felicità di essere insieme e scambiarsi occhiate complici per una data da ricordare. La semplicità dei cartoni con la scritta «W Beatles» fatta con il nastro adesivo, un tributo ai padroni della musica e anche una celebrazione dell' effervescenza che permeava l' aria. L' hanno spesso chiamata leggerezza, forse era solo realizzazione: i giovani del 1965 non erano frustrati, non erano precari, non erano sottopagati, erano ambiziosi, avevano il diritto ai sogni e quindi anche al tempo speso senza ansie e recriminazioni. Ma tanti stavano dietro la cinepresa come oggi si starebbe dietro allo smartphone.

     

    Gente pescata a caso da fotografi in cerca di sensazioni da vendere, di attimi da lasciare in eredità. Più di 7 milioni di istanti nell' archivio Publifoto-Intesa e ora duecento di questi vanno in mostra a Torino, nelle stanze di Camera. Ricordi di esistenze che custodiscono il nostro Dna. Il percorso tra disastri e meraviglie, tra alluvioni e concerti dei Beatles. Facce da guardare per riscoprire quello che abbiamo dimenticato.

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