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    IL CINEMA DEI GIUSTI - ''1917'' NON HA UNA STORIA COSÌ ACCATTIVANTE E IL PIANO SEQUENZA A VOLTE È UN PO' TAROCCATO. MA VALE TUTTE LE SUE NOMINATIONS PERCHÉ TI TIENE INCHIODATO ALLA SEDIA COME UN THRILLER E TI STUPISCE OGNI MOMENTO. UN TIPICO FILM VINCITORE DI OSCAR, DRITTO E FORTE, MOLTO ACCHIAPPONE, CON UNA FOTOFRAFIA STRAORDINARIA

     

     


     
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    Marco Giusti per Dagospia

     

    1917 di Sam Mendes

     

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    Virtuosistico. Certo. Forse neanche così accattivante come storia. Un genio del cinema di guerra come Raoul Walsh lo avrebbe risolto in ben altro modo. Ma, fidatevi, dopo i due pesanti Golden Globes vinti da poco, miglior film e miglior regista!, e le sue 10 nominations agli Oscar, questo 1917 ideato e diretto dal Sam Mendes di SkyfallRevolutionary RoadEra mio padre, incredibile viaggio in piano sequenza, più o meno taroccato, di due soldati inglesi in una missione di guerra quasi suicida per salvare 1600 commilitoni, non solo è una macchina perfetta di cinema, e la prima parte fa davvero paura, ma vale tutte le sue nominations e, probabilmente, vincerà quella per il miglior film o per il miglior regista o tutte e due. Alla faccia di noi fan di Tarantino&Scorsese.

     

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    Perché anche se Joker di Todd Phillips è più “attuale”, The Irishman di Martin Scorsese è meglio scritto e recitato, Ford v Ferrari di James Mangold è più classico, C’era una volta a Hollywood di Quentin Tarantino è più personale, 1917 ti tiene inchiodato alla sedia come un thriller e ti stupisce ogni momento. In grande parte per merito dell’incredibile lavoro fatto dal direttore della fotografia Roger Deakins, genio da 14 nominations, FargoNon è un paese per vecchiRevolutionary RoadSkyfall, oltre all’Oscar vinto per Blade Runner 2049.

     

    E va detto che difficilmente senza il contributo di Roger Deakins e di tutta la squadra di Mendes, dallo scenografo Dennis Gassner, ai costumisti Jacqueline Durran e David Crossman, alla musica di Thomas Newman, questo 1917 sarebbe stato quello che è. Cioè un violento pugno in faccia. Cioè tipico film vincitore di Oscar, dritto e forte. Molto acchiappone, logico. Inoltre, ripeto, la storia, anzi le storie che vediamo nel viaggio dei due soldatini, il caporale Schofield di George MacKay e il caporale Blake di Dean-Charles Chapman, raccontate a Sam Mendes da suo nonno Alfred, a lui è dedicato il film, riscritte assieme a Krysty Wilson-Cairns, non sono né particolarmente inventive né nuove.

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    Ma quel che conta è il viaggio che Mendes e Deakins ti fanno fare inseguendo i due giovani caporali che devono attraversare le linee nemiche in una Francia massacrata dagli scontri per un metro di terra, il 6 aprile 1917, proprio nello stesso giorno che vedrà gli Americani entrare in guerra. Questo nel film non viene detto, come non viene detto che ci vorrà ancora un anno e mezzo prima della fine di questo continuo massacro. “Vincerà chi sopravviverà” si sente dire a un certo punto, ma gli inglesi non sono messi benissimo, anzi...

     

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    Ai due caporali viene spiegato che i tedeschi hanno fatto finta di ritirarsi per preparare una trappola al 2° battaglione Devon, appostato nei bosco di Croisilles, a un passo dalla città di Ecoust. Gli ordini del generale Erinmore, Colin Firth, al colonnello Mackenzie del 2° Devon, Benedict Cumberbatch, sono di non attaccare per non cadere nella trappola dei crucchi. Il problema è che non ci sono mezzi radio e che i due caporali hanno solo la notte per passare tra le linee nemiche e la terra di nessuno, raggiungere Ecoust sotto le bombe e arrivare al Bosco di Croisilles per consegnare prima dell’inizio dell’attacco il messaggio al colonnello.

     

    L’altra cosa che sappiamo è che nel 2°Devon c’è il fratello del caporale Blake, più vecchio e tenente. E va salvato assieme ai suoi soldati. Dopo un quarto d’ora iniziale e claustrofobico tutto ambientato in trincea, il film parte esattamente come un videogioco, ma la macchina da presa di Roger Deakins è un tale spettacolo che si rimane a occhi spalancati. E il piano sequenza ci impone di stare dentro al film senza stacchi e senza gli orrendi droni che vanno di moda oggi, non perdendo mai di vista né la missione né i soldati.

     

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    Come loro sappiamo che attraverseremo crateri creati dai cannoni, incontreremo centinaia di morti in putrefazione, topi, trappole di ogni tipo, e, ovviamente, i tedeschi. Che non sono affatto buoni. C’è anche tempo per ninnare un bambino al ritmo di Edward Lear ("Though the sky be dark, and the voyage be long, Yet we never can think we were rash or wrong..."). Dopo il documentario capolavoro di Peter Jackson sulla Prima Guerra Mondiale di un paio d’anni fa, They Shall Not Grow Old, dove le immagini d’epoca erano state riprese in 3D e ricolorate con effetti incredibili, ci sembrava difficile poter tornare sulle stesse storie con delle novità.

     

    Soprattutto tecniche. Sam Mendes e Roger Deakins ci riescono, devo dire. Magari non è bello come The Irishman, a volte si capisce che si devono escogitare mezzucci per proseguire con la logica del piano sequenza, ma quello che vediamo, tra attacchi a sorpresa, cecchini, aerei e città in fiamme è uno spettacolo assolutamente grandioso. Da vedere a occhi aperti. In sala dal 23 gennaio.

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