Marco Giusti per Dagospia
tomas milian la banda del gobbo
Che vediamo stasera? Se siete a Bologna a Piazza Maggiore stasera per la sezione ritrovati e restaurati passa il kolossal francese "Parigi brucia?" diretto nel 1966 da René Clement, scritto da Gore Vidal e Francis Coppola e tratto dal libro di Dominique Lapierre e Larry Collins dedicato alla liberazione di Parigi.
Cast grandioso, Jean-Paul Belmondo, Leslie Caron, Gert Froebe, Alain Delon, orson Welles, Simone Signoret, Glenn Ford, Jean-Pierre Cassel, Jean-Louis Trintignant. Michel Piccoli. Ricordo che venne lanciato come un film imperdibile e di fatto lo era, costruito un po' come "Il giorno più lungo". Se siete a Roma "Il cinema in Piazza" a San Cosimato presenta "I magliari" di Francesco Rosi con Alberto Sordi, Belinda Lee, Renato Salvatori e il mitico padre di Ciro Ippolito.
la banda del gobbo
E se rimaniamo a casa? Intanto, su Cine 34 alle 21 vedo che passa “La banda del Gobbo” di Umberto Lenzi con Tomas Milian, Pino Colizzi, Guido Leontini, Luciano Catenacci, Sal Borghese, la mia cara amica e attrice stupenda Isa Danieli. So benissimo che l’abbiamo visto tutti. Ma sarà sempre meglio di una di quelle serie tutte uguali di Netflix. Qui Vincenzo Marazzi detto Il Gobbo, alla sua seconda e ultima apparizione finisce dritto dentro il Tevere, ma troviamo suo fratello gemello, Monnezza, fondatore della F.I.G.A, Federazione Italiana Gratta Antiviolenza. E qui finisce anche il sodalizio tra Lenzi e Milian, perché lenzi non tollerava che Milian avesse mano libera su battute volgari e montaggio.
“Quando andammo al montaggio, ricordava Lenzi a “Nocturno”, volevo tagliare alcune scene dove lui aveva recitato… diciamo sopra le righe. C’era una scena dove lui si trovava in un night ubriaco e raccontava una barzelletta di una volgarità che pregiudicava tutto il ritmo del film. Avrei voluto tagliare tutte queste scene ma per contratto mi imposero di non toccare niente. Questo film fu un grande successo, incassò un sacco di soldi, un miliardo e mezzo di allora, però non mi soddisfò”.
la vita e una cosa meravigliosa
Milian si vantava, ovviamente, di aver dato qui il via al lato più volgare e scatenato del suo personaggio. Nasce qui il celebre scambio di battute tra il Gobbo e il benzinaio “Come te chiami tu?” – “La Pira Galeazzo” – “A La Pira Galeazzo, nun ci ho ’na lira e t’attacchi ar cazzo…”. Al cinema la gente impazziva “A Tomasse, anvedi che forza, li morté…”. Diciamo che è più spettacolare ma meno divertente “Mission” di Roland Joffé con Jeremy Irons, Robert De Niro, Ray McAnally, Aidan Quinn e le musiche di Ennio Morricone, Iris alle 21. Ma co’ sta callaccia…
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Rai Storia alle 21, 05 propone il sontuoso film sulla fine di Maria Antonietta “Addio, mia regina” diretto da un buon regista, Benoît Jacquot, tratto dal romanzo di Chantal Thomas, con Diane Kruger come la Regina e Léa Seydoux come la sua fedele cameriera Sidonie, Virginie Ledoyen, Xavier Beauvois, Vladimir Consigny. Su Rai Movie alle 21, 10 è di scena un film russo del 2017 che magari qualcuno lo acchiappa, “La ballerina del Bolshoi” di Valeriy Todorovskiy con Alisa Freyndlikh, Valentina Telichkina, Ekaterina Samuilina, Aleksandr Domogarov.
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Da vedere, francamente, il thrillerone al femminile “In the Cut” diretto da Jane Campion prodotto da Nicole Kidman con un Meg Ryan come non l’avete mai vista, in un ruolo di ragazza un po’ borderline, non più giovane, al centro di una trama di sesso e di sangue, dove lei pensa che il suo fidanzato poliziotto, Mark Ruffalo, sia un assassino. Allora il film non convinse quasi nessuno, i critici lo stroncarono, a parte Jonathan Rosenbaum del “Chicago Reader”, che lo trovò uno dei migliori film sia della Campion che di Meg Ryan. Sono pienamente d’accordo.
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Canale 5 alle 21, 20 propone un film tedesco di un anno fa, “Miracolo a Città del Capo” diretto da Franziska Buch con Sonja Gerhardt, Alexander Scheer, Fritz Karl, Loyiso Macdonald, Clara Wolfram, storia di una dottoressa che non viene per nulla capita nella Francoforte sessista del 1967 e si trasferisce a Città del Capo finendo nell’equipe di Christian Barnard, che darà vita ai primi trapianti di cuore. Ancora una caccia al serial killer con “Hangman – Il gioco dell’impiccato” di Johnny Martin con Al Pacino, Brittany Snow, Karl Urban, Sarah Shahi, Joe Anderson, Michael Papajohn, Rai4 alle 21, 20.
Così così. La vanzinata della sera è “La vità è una cosa meravigliosa”, commedia diretta da Carlo Vanzina nel 2010 con Enrico Brignano, Luisa Ranieri, Vincenzo Salemme, Gigi Proietti, Nancy Brilli. Scrivevo sul Manifesto quando uscì il film: «Come fa una famiglia a vivere con 1200 euro al mese?» si chiede Vincenzo Salemme nei panni del presidente di un importante gruppo bancario romano. Tra escort di lusso, intercettazioni, malasanità, intrallazzi alla Balducci del generone romano, bisogna ammettere che La vita è una cosa meravigliosa dei Vanzina Brothers si spinge molto più avanti nel fotografare la realtà italiana di qualsiasi film italiano degli ultimi anni. Magari lo fa con un linguaggio di commedia non modernissimo, che ha però il gran pregio di evitare facili moralismi ideologici.
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Passiamo alla seconda serata. Su Rai Gulp alle 22, 35 vedo “Tito e gli alieni”, di Paola Randi con Valerio Mastandrea, Clémence Poésy, Luca Esposito, Chiara Stella Riccio. Un film romantico, bislacco, assolutamente spiazzante, pronto a mettere insieme scienziati solitari e bambini, Napoli e Nevada, opera seconda di Paola Randi, che molto ci era piaciuta col suo film d’esordio, Into Paradiso, commedia semianimata completamente napoletana. Qui ritroviamo il protagonista di “Into Paradiso”, Gianfelice Imparato, ma solo in video. Perché è morto, e ha mandato al fratello, Valerio Mastandrea, burbero professore alla ricerca di voce aliene nel deserto del Nevada, i suoi due bambini, Tito, Luca Esposito, e Anita, Stella Riccio.
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Se i bambini sono orfani, anche lo zio professore è orfano, di una moglie che è morta, e che cerca disperatamente nelle voci che vengono dallo spazio. Tutto ambientato in una sorta di area speciale per le ricerche scientifiche extraterrestri americana, ricostruita però in gran parte nella centrale nucleare ora dismessa di Montalto di Castro, Tito e gli alieni è un film curioso, perché giro attorno a una serie di solitudini, al superamento del dolore e alla ricostruzione della memoria. Di fantasy c’è solo un po’ di ambientazione.
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Su Cine 34 alle 23 un altro film di Tomas Milian diretto da Umberto Lenzi, “Il giustiziere sfida la città” con Joseph Cotten un po’ bollito, Maria Fiore, Mario Piave, Femi Benussi. Una specie di anello di congiunzione tra i Milian cattivi precedenti e il futuro poliziotto monnezzaro Nico Giraldi. Inoltre si chiama Rambo, prima che nascesse il Rambo di Stallone. “Il nome fu suggerito da Milian”, ricordava Lenzi, “che in america aveva letto casualmente un romanzo, First Blood, dal quale, qualche anno dopo, venne tratto il film con Stallone. Il mio film fu incredibilmente girato col titolo Rambo sfida la città, poi cambiato dalla Medusa, che lo trovava assurdo. La stessa casa distribuì poi Rambo battendo ogni record d’incasso”. Qui Milian/Rambo è un delinquente diventato buono che aiuta la polizia a liberare il figlio rapito di un industriale e cerca di vendicare la morte del fratello. Grande cast di cattivi, Adolfo Lastretti, Luciano Catenacci, Mario Novelli, Luciano Pigozzi. Su Rai5 alle 23 torna “Il segreto di una famiglia”, thriller politico di Pablo Trapero con le bellissime Bérénice Bejo e Martina Gusman come sorelle incestuose. Graciela Borges, Edgar Ramirez, Joaquín Furriel.
gloria guida la liceale nella classe dei ripetenti
Su Iris alle 23, 35 vedo che passa, anzi ri-passa, il kolossal (allora) “Base Artica Zebra” di John Sturges con Rock Hudson con il pellicciotto addosso perché fa freddo (è il suo film preferito), Patrick McGoohan, Ernest Borgnine e Jim Brown. La storia, tratta da un romanzo di Alistar MacLean, riscritta da Harry Julian Fink, Douglas Heyes e perfino dal W.R.Burnett dello “Scarface” del 1933, non l’ho mai capita, ma il film è uno spettacolo per gli occhi. Iniziato a girare in Ultra Panavision 70 e poi in Super Panavision 70 da Daniel L. Fapp, che venne candidato all’Oscar.
Nel cast dovevano esserci Gregory Peck e David Niven, poi Charlton Hestone Laurence Harvey. Ricordo che entrai a vederlo al cinema Augustus di Genova (non esiste più come tutte le sale del centro a Genova) e ne rimasi incantato. Omaggiato da Quentin in “C’era una volta a Hollywood”. Era il minimo.
Rete 4 alle 23, 45 ri-ripropone “L’allenatore nel pallone” di Sergio Martino con Lino Banfi, Gigi Sammarchi, Andrea Roncato, Licinia Lentini, Giuliana Calandra. Rai Tre alle 23, 50 propone la divertente commedia francese “Benvenuti a casa mia” di Philippe de Chauveron con Christian Clavier, il più popolare comico francese, nonché grande amico di Sarkozy, e Ary Abittan, altro popolarissimo comico francese di origine maghrebine che qui interpreta un buffo rom, Elsa Zylberstein, Cyril Lecomte, Nanou Garcia, grande successo in Francia. Diciamo che è il film per questo tempi duri di vittoria delle destre e del crollo della sinistra in cachemire. Pura satira contro i bobo, cioè i borghesi ricchi e di sinistra che difendono zingari e immigrati. Cosa che rese il film oggetto di pesanti accuse di razzismo e politicamente scorretto.
sansone e il tesoro degli incas
Diciamo che il personaggio interpretato da Clavier, Jean-Etienne Fougerole, è un intellettuale di sinistra di grandi vedute liberali e progressiste, con moglie artisticoide, Daphné, Elsa Zylberstein, che vorrebbe adoperare la monnezza alla Ai Weiwei, ma anche una giovane amante tra le studentesse del suo corso. Fougerole, che abita in una bella villa con giardino e cameriere indiano perfetto, ha appena scritto un fondamentale libro acchiappa-lettori dove spiega le sue vedute su come la Francia dovrebbe accogliere immigrati e minoranze etniche, “A braccia aperte”, infatti, come si intitola il suo libro. Nel corso di una trasmissione tv più alla Lilli Gruber che alla Augias, Fougerole si scontro con uno scrittore di destra che lo accusa di ipocrisia. Parla tanto, ma non ospiterebbe mai degli zingari a casa sua.
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Sull’onda emotiva Fougerole si lascia sfuggire che gli accetterebbe a braccia aperte. Detto fatto, piombano davanti alla sua villa una tipica famigliola di zingari capitanata da certo Babik, Ary Abittan, e da un francese lestofante di Marsiglia, travestito da zingari, Cyril Leconte. Quel che accade si può ben immaginare. Pura pochade. “Zombieland. Doppio colpo” di Ruben Fleischer con Woody Harrelson, Jesse Eisenberg, Emma Stone, Abigail Breslin, Rosario Dawson è il sequel girato in gran fretta del fortunato primo “Zombieland”, Rai4 alle 0, 40. Non male. La7D alle 0, 50 ripropone “I segreti di Brokeback Mountain”, grande storia d’amore tra cowboy diretta da Ang Lee con Jake Gyllenhaal, Heath Ledger, Michelle Williams, Anne Hathaway, Scott Michael Campbell. Non ve lo devo spiegare, credo.
Non dovrei spiegarvi neanche “Attila flagello di Dio” di Castellano & Pipolo con Diego Abatantuono, Rita Rusic, Angelo Infanti, Mauro Di Francesco, Cine 34 alle 0, 55, il film comico natalizio di Abatantuono che fu un flop quando uscì e diventà poi un cult movie epocale. Tanto che per il lancio del dvd ricordo che fui chiamato a Milano per lanciare il film in mezzo a una folla urlante.
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Rete 4 alle 2, 10 propone “La guerra degli Antò” di Riccardo Milani con Flavio Pistilli, Paolo Setta, Regina Orioli, Danilo Mastracci, scritto da Domenico Starnone e Sandro Petraglia e tratto dall’omonimo romanzo di grande successo di Silvia Ballestra. Piccole avventure di quattro punk di Montesilvano che sognano di fare qualcosa di grande. Musiche degli Avion Travel. Mai visto. Da vedere. Su Iris alle 2, 20 avete il remake, non riuscitissimo, dello stracul horror inglese “The Wicker Man” di Robin Hardy, cioè “Il prescelto” diretto da Neil LaBute con Nicolas Cage, Ellen Burstyn, Molly Parker, Leelee Sobieski, Erika-Shaye Gair. Occhio a “Tre sotto il lenzuolo” diretto da Domenico Paolella e Michele Massimo Tarantini con Aldo Maccione, Walter Chiari, Orchidea De Santis, Lorraine De Selle, Cine 34 alle 2, 45, presto dimenticata, e quasi invisibile commediola a tre episodi firmati Paolella-Tarantini. L’episodio con Maccione è ripreso da “La telefonata”, episodio di Dino Risi in Le bambole con Nino Manfredi. Però c’è Sonia Viviani sempre nuda. Il primo episodio, quello diretto da Domenico Paolella, c’è un ottimo Walter Chiari e la Poggi non si spoglia. Nel terzo i fratelli Giuffrè portano in scena una specie di pochade. E Cindy Leadbetter si spoglia molto.
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Possiamo rifarci su Italia 1 alle 4, 45 con “La liceale nella classe dei ripetenti” di Mariano Laurenti con Gloria Guida, Alvaro Vitali, Lino Banfi, Gianfranco D'Angelo, Rodolfo Bigotti. Un classico. O con il folle “Sansone e il tesoro degli Incas” di Piero Pierotti con Alan Steel, Tony Sailer, Mario Petri, Anna Maria Polani, Rai Movie alle 5, uno dei capolavori degli strange movies di tutti i tempi.
Il primo peplum che si trasforma in western durante la lavorazione, al punto che l’eroe è Sansone, ma l’ambientazione è da spaghetti western. Il tutto grazie alla Romana Film di Fortunato Misiano e a un regista pronto a tutto come Piero Pierotti. La presenza degli Incas cerca di rendere plausibile questo folle passaggio, ma la cosa funziona a metà.
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Grande film teorico. Pierotti, intervistato sul set da una troupe Rai, mostra con fierezza le armi del film fabbricate a Brescia, presenta gli attori, da Alan Steel, di Ostia, definito “questo fascio di muscoli”, al basso Mario Petri nei panni dell’antagonista allo sciatore Toni Sailer per la prima volta al cinema e alla domanda come si senta a dirigere attori che non sono John Wayne o James Stewart, risponde: “Caro amico, mi sento benissimo, perché se ci fossero stati John Wayne e tutti quelli che ha detto lei, al posto mio ci dovrebbe essere John Ford”. Pierotti spiega anche che ha sempre sognato di fare un western e stavolta, finalmente, grazie a Fortunato Misiano, ci siamo.
Ricorda Alan Steel cioè Sergio Ciani: “Era una coproduzione con la Constantin Film di Monaco, e poco prima dell’inizio della lavorazione ai tedeschi venne l’idea di modificare il soggetto e di farne un western, perché in Germania il successo del western europeo aveva preceduto, seppure di pochi mesi, il successo di Leone e degli altri. Così Sansone diventa il nome di uno sceriffo particolarmente forzuto, che alla fine, nelle solite grotte, viene incatenato e riacquista il suo stile mitologico.
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È stato un film bastardo: io, e con me il regista Pierotti, non ci sentivamo sicuramente pronti a passare dal mitologico al western così, nel giro di pochi giorni” (da “B.C.= Before Conan”, a cura di Steve Della Casa e Carlo Piazza, Torino, 1983).