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    IL CINEMA DEI GIUSTI - CHE POSSIBILITÀ HA ''DOGMAN'' DI FINIRE NELLA CINQUINA DEGLI OSCAR? ECCO CHI SONO I SUOI RIVALI PRINCIPALI, COL FAVORITO ''ROMA'' DI CUARON, E I TEMI CHE POSSONO PIACERE A UN'ACADEMY CONDIZIONATA DALL'ERA TRUMPIANA - PERÒ, GIÀ PORTARE MARCELLINO FONTE ALLA SERATA DEGLI OSCAR, SAREBBE FAVOLOSO, NO?


     
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    Marco Giusti per Dagospia

     

    Tempo di Oscar per Dogman.

     

    edoardo pesce in dogman edoardo pesce in dogman

    Tempo di Oscar. L’Italia ha scelto il suo campione. Non poteva che essere Dogman di Matteo Garrone, forte di un buon premio a Cannes per il migliore attore, Marcellino Fonte, ma soprattutto di un sano appoggio da parte della critica e dell’industria cinematografica italiana. Ha battuto non così facilmente nella designazione, leggo, di un solo punto Lazzaro felice di Alice Rohrwacher, anche questo presentato a Cannes e premiato per la migliore sceneggiatura. 5 a 4 i voti dei selezionatori.

     

    I due film non avevano avuto rivali alla conta dei voti superando facilmente la ventina di film che si erano autocandidati per la corsa all’Oscar, da A casa tutti bene di Gabriele Muccino a Come un gatto in tangenziale di Riccardo Milani, da The Place di Paolo Genovese a film meno noti e pochissimo visto, come Caina di Stefano Amatucci o Sembra mio figlio di Costanza Quatriglio.

     

    MATTEO GARRONE MARCELLO FONTE MATTEO GARRONE MARCELLO FONTE

    Stranamente non si era autocandidato Loro di Paolo Sorrentino. Più che possibile che Sorrentino e i suoi produttori sapessero in partenza che non c’erano chances di entrare in finale contro Dogman. E che sia l’America di Trump sia quella hollywoodiana del #Metoo poco supporterebbero un film su un presidente col vizietto del sesso compulsivo. Ammesso che poi esca davvero in America dopo il boicottaggio a Cannes lo scorso maggio. Francamente la scelta di Dogman di Matteo Garrone, anche rispetto a Lazzaro felice, mi sembra quella più giusta.

     

    E la costruzione del Dogman, cioè del personaggio del Canaro interpretato dal non-attore Marcello Fonte potrebbe piacere ai giurati dell’Academy, anche se sarà già un’impresa finire nella short list dei cinque candidati al premio.

     

    DOGMAN DOGMAN

    Si ritrova infatti titoli pressoché sicuri o quasi di andare in finale come Roma di Alfonso Cuaron (vincerà a mani basse?), Un affare di famiglia di Hirokazu Kore-Eda, il vincitore di Cannes e film pressoché perfetto, l’acchiappone Capernaum della libanese Nadine Labaki, che già però doveva vincere a Cannes e non ha vinto, i più polpettoni ma forti Sunset di Laszlo Nemes e Werk Ohne autor di Florian Henckel von Donnersmarck, già vincitori di Oscar e entrambi provenienti da Venezia, senza scordare altri tre fortissimi film provenienti da Cannes, The Wild Pear Tree, ennesimo mattone di Nuri Bilge Ceylan, l’Antonioni turco, il notevolissimo Cold War del polacco Pawel Pawlikowski e l’altrettanto notevole film ucraino Donbass di Sergei Loznitsa.

     

    In realtà molti dei film in gara vengono da Cannes, mettiamoci anche Pajaros de verada di Ciro Guerra e O grande circo mistico di Caca Diegues, e il potentissimo Rafiki di Wanuri Kahiu, storia lesbo tra ragazze keniane, che però è stato tolto di forza dal governo keniota, che ha addirittura bandito il film in sala proprio in vista della possibilità della corsa all’Oscar e di una esposizione internazionale non gradita dei problemi nazionali.

     

    MATTEO GARRONE 1 MATTEO GARRONE 1

    Anche per questo, penso, Sorrentino abbia deciso di non provarci nemmeno a mettere tutti in imbarazzo con l’autocandidatura di Loro e del suo Berlusconi scopatore. Troppe grane inutili. Meglio mandare avanti i canari e le loro vendette. Il punto, però, è capire cosa piaccia ai membri americani dell’Academy. Anche perché i film considerati forti, pensiamo a Roma, a Sunset, a Cold War, a Capernaum, a Un affare di famiglia, a Sunset, anche a Werk ohne autor, oltre tutto coprodotto come Dogman da Rai cinema, hanno tutti dietro dei temi importanti, la guerra fredda, il muro, il Messico degli anni 70, e una magniloquenza di messa in scena, un eccesso di grandeur registica, che il film di Garrone, anche fortunatamente, non vuole proprio avere.

     

    cuaron roma cuaron roma

    E’ una favola nera su una storia reale, che smorza i toni piuttosto che portarli all’eccesso. Ma senza grandi compiacimenti registici e senza aver dietro né una grande morale né un tema politico. In questi anni di trumpismo, magari, potrebbe essere un difetto. Detto questo credo che Dogman però abbia parecchie chances di finire in cinquina. Sulla vittoria, con Roma di Cuaron così lanciato… Però, già portare Marcellino Fonte alla serata degli Oscar, sarebbe favoloso, no?

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