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    IL NECROLOGIO DEI GIUSTI - IL MONDO PUBBLICITARIO ITALIANO, HA PERSO UNO DEI SUOI NOMI STORICI: CORRADO FARINA È STATO UN GRANDE REGISTA, BRACCIO ARMATO DI ARMANDO TESTA NEI MERAVIGLIOSI ANNI '60, AUTORE DI PICCOLI CAPOLAVORI DI DUE MINUTI COME 'IL SIGNOR ROSSI', 'LA PANCIA NON C'È PIÙ'


     
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    Marco Giusti per Dagospia

     

    corrado farina corrado farina

    Il cinema italiano, ma soprattutto il mondo pubblicitario italiano perde uno dei suoi nomi storici. Perché Corrado Farina, scomparso a 76 anni, scrittore, documentarista, regista di due soli interessanti e sfortunati film ultrapop, Hanno cambiato faccia e Baba Yaga, era stato soprattutto uno dei grandi registi della prima pubblicità italiana.

     

    Una specie di braccio armato di Armando Testa nei meravigliosi anni ’60, anzi il regista unico della Testa nel suo periodo d’oro, autore di piccoli capolavori di due minuti come “Lo scommettitore” con Nicola Arigliano, “Il Trenino” per la Saiwa, “Il Signor Rossi”, “La pancia non c’è più” con Mimmo Craig e Edith Peters per l’Olio Sasso, “La famiglia dei piumati” per la Cera Glocò prima che uno scontro col patron gli costasse il posto nel 1968.

     

     Quando ancora c’erano i patron veri e propri, come il geniale Armando Testa, e il suo gruppo di lavoro, composta anche dal musicista Romano Bertola, dall’animatore Mike Messina, dal direttore della fotografia Ezio Perardi, da copy come Delia Castelletti. C’è una pubblicità milanese, una pubblicità romana e una pubblicità torinese. Quella torinese era quella di Armando Testa e del suo studio, che faceva tutto, ideazione e realizzazione. Solo così Testa poteva controllare tutte le fase della sua produzione.

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    Farina, nato a Torino nel 1940, entra alla Testa giovanissimo e giovanissimo diventa il regista di fiducia dell’agenzia, una specie di figlioccio di Armando, prendendo il posto di Adriano Cavallo, il primo regista.

     

    “Armando”, ricordava lo stesso Farina, “era un uomo dalle intuizioni geniali, ma spesso non aveva la capacità o la pazienza di portarle a compimento: in cambio aveva la grande dote di saper scegliere i collaboratori giusti che potessero farlo al posto suo. Per esempio mi risulta che molti dei suoi manifesti più noti, come per esempio il faccione di Paulista, siano stati realizzati da Pietro Gallina, che a quell’epoca era uno dei suoi tre art director.

     

    E il supporto che gli ha dato Pietro in campo grafico gliel’ho dato io in campo audiopvisivo, perché quando sono arrivato allo studio lui si stava affacciando appena al mondo dell’audiovisivo, che non conosceva affatto”. Farina, rispetto ai pubblicitari del tempo, era molto più colto e preparato. Univa alla passione per la pubblicità quella per il cinema e gli studi sulle scienze pubblicitarie.

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    In un suo curioso libro, “Amore + Sesso + Morte”, edito dalla Sipra analizza le forme pubblicitarie dei flani cnematografici.  Una follia. Per Testa mette in scena la grandiosa serie de “Lo scommettitore” con Nicola Arigliano per il Digestivo Antonetto. “E’ tanto comodo che lo potete prendere anche in tram”. O la serie “La pancia non c’è più” dell’Olio Sasso con il sogno dell’uomo medio, single con camieriera, interpretati da Mimmo Craig e dalla cantante nera Edith Peters, che nel sogno pensa di essere ciccione e poi si sveglia magro. “Matilde, la lattina dell’Olio Sasso io la voglio qui”.

     

    Farina capisce che non serve un taglio cinematografico per Carosello, serve una scrittura del tutto nuova, più vicino all’arte contemporanea, al pop. Un taglio che combini mondi diversi, trash e camp e pop. Col “Trenino” della Saiwa, dove un gruppo di persone diventa fisicamente un treno umano e gira per la città e la campagna Farina, Testa e Mike Messina raggiungono uno dei risultati più ambiziosi a livello artistico.

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    Ma anche i pupazzi di Papalla o l’ippopotamo Pippo per la Lines, per i quali Farina gira solo qualche primo spot, vanno nella chiave di un pop artisticoide molto cosciente. Farina è il regista intellettuale e preparato che Testa sognava. “La pubblicità”, sosterrà, “aveva questo di straordinaro, che avendo un gran ricambio di committenze e di argomenti, e dei budget rispettabili a disposizione, permetteva di fare un tipo di sperimentazione che il cinema commerciale non consentiva.

     

    In qualche modo, i caroselli sono stati una palestra straordinaria, che non soltanto permetteva di imparare a usare la macchina da presa ma anche di sperimentare linguaggi diversi”. Così può girare filmati stravanti come “Don Cosacco del Din” con il nuovo gruppo di cabaret I Gufi per le caramelle Don della Perugine, e la lunghissima serie del Signor Rossi, che è in realtà un bambino che gira per casa o per il parco commentato da una canzoncina ideata da Mike Messina, “Poi arriva mezzogiorno, è l’ra del ritorno. Il Signor Rossi scappa, va a casa a far la pappa”.

     

    Uno dei bambini protagonisti della serie sarà proprio addirittura suo figlio Alberto nel 1967. Se Testa troverà poi nella serie del Caballero Lavazza e in Papalla i grandi successi di Carosello, Farina gira i primi pilot che porteranno a quei grandi successi, sia per Papalla che per Lavazza con la serie precedente, “La tradizione più antica”, con Tiberio Murgia.

     

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    E gira tutta la bellissima serie della “Famiglia dei piumati” per la Cera Glocò, una famiglia di papere che parlano in milanese (il papà ha la voce di Carletto Bonomi, più noto come Mister Linea). Farina sviluppa la linea di Testa delle voci fortemente regionali in filmati dove, apparentemente, non servirebbe alcuna inflessione dialettale.

     

    Ma questo dà sostanza da commedia all’italiana al carosello e indica la strada per una pubblicità moderna, ma fortemente italiana che sarà la chiave del successo di tutto Carosello negli anni ’60 e, soprattutto, delle produzioni di Armando Testa. A un certo punto, però, arriva allo scontro con Armando Testa e tutto il suo gruppo.

     

    Questo raccontava lui stesso (in “Tutto il meglio di Caroselli”, Guia Croce): “Quando un carosello era finito, io chiamavo Armando in moviola per fargli vedere come era venuto. Lui non arrivava giù da solo, arrivava con trenta persone, pronte a dargli manforte qualsiasi cosa dicesse. Ora, discutere con lui che consideravo una persona geniale e da cui avevo imparato tantissimo) mi stava bene, ma discutere con trenta stuoini stronzi era una cosa che mi faceva girare le scatole.

     

    corrado farina e la statua di pessoa corrado farina e la statua di pessoa

    Così, man mano che gli anni passavano, io diventatvo sempre più insofferente, gli scontri diventavano più forti… Con tutto questo non ho trovato il coraggio di licenziarmi. Ho trovato soltanto il coraggio si farmi licenziare”. Quando Farina se ne andrà da Testa e da Torino, rimarrà comunque in contatto col vecchio Armando. Girerà molti altri caroselli a Roma, ricordiamo la Cremidea Beccaro con Marina Frajese, “L’uomo di casa” per Merloni con Rosanna Schiaffino e Aldo Giuffré, Sao Café con Liana Orfie, non trovando però sempre l’ispirazione giusta.

     

    Svilupperà però in due film molto originali come Hanno cambiato faccia, favola anticapitalista molto di genere, e Baba Yaga, una sua particolare vena fumettistica-pop che in Italia non sarò facile far attecchire. Di certo i produttori non lo sostengono. Ma rimangono tra i pochi film girati in Italia che abbiano cercato una strada originale lontano dal realismo e dal cinema medio d’autore. E questo da noi non si può fare.

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