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    IL CINEMA DEI GIUSTI - “LO SHINING È UN PO’ COME IL GPS, COME AVERLO NELLA TESTA”. INSOMMA… BENTORNATI ALL’OVERLOOK HOTEL! ANCHE SE CI ARRIVIAMO UN PO’ TARDI, DICIAMO ALLA FINE DEI 153 MINUTI, E DOPO UNA MAREA DI BATTUTE UN PO’ IMBARAZZANTI. ''DOCTOR SLEEP'' È PASTICCIATO MA ANCHE DIVERTENTE, E COMUNQUE RISPETTOSISSIMO ADATTAMENTO DELLE OPERE DI STEPHEN KING E KUBRICK. OGNI PARTE DEL FILM VA PER CONTO SUO E NULLA ARRIVA A UNA FINE O A UNA GIUSTIFICAZIONE


     
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    Marco Giusti per Dagospia

     

    Doctor Sleep di Mike Flanagan

     

    “Lo shining è un po’ come il GPS, come averlo nella testa”. La dieta del vampiro? “Mangia bene e vivi a lungo”. Insomma… bentornati all’Overlook Hotel! Anche se ci arriviamo un po’ tardi, diciamo alla fine dei 153 minuti, e dopo una marea di battute un po’ imbarazzanti, di questo Doctor Sleep, scritto e diretto da Mike Flanagan, pasticciato, ma anche divertente, e comunque rispettosissimo adattamento delle opere di Stephen King e dello Shining di Stanley Kubrick. In fondo, è quello che aspettavamo fin dall’inizio, una precisa ricostruzione del vecchio Overlook Hotel più di Kubrick che di King, con tanto di stanza 237, la scritta REDRUM, il labirinto innevato, le gemelle fantasma, la vecchia nella doccia, il cameriere col cranio spaccato.

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    Lì, un Danny Torrance cresciuto, interpretato malamente da Ewan McGregor, affronta non solo i fantasmi dell’hotel, a cominciare da quello del padre, un simil-Jack Nicholson interpretato da Henry Thomas, cioè il bambino di E.T. cresciuto, ma anche la terribile e bonissima Rose The Hat di Rebecca Ferguson, simil vampirella con tuba che vive succhiando vapore vitale dai ragazzini che hanno lo shining, la luccicanza. Anche se non è più quella bella luccicanza di una volta, perché oggi abbiamo troppe distrazioni, “si guarda troppo Netflix”, speiga Rose. Che ce voi fa?

     

    Ad aiutare Danny nell’impresa c’è una ragazzina dotata di shining purissimo, la Abra di Kyliegh Curran, in diretto collegamento telepatico con lui, ma capace anche di entrare nella testa di Rose The Hat. Mettiamoci anche una banda di simil vampiri frikkettoni sempre affamati che vivono sui camper. Simil perché se gli spari muoiono e allora non sono immortali. “Io non avevo detto diventerai immortale”, spiega Rose, “avevo detto mangia bene e camperai a lungo”. Il problema, insomma, anche tra i vampiri è la dieta, oltre a Netflix. Inoltre la stessa Rose, che può volare tra le nuvole come un vero vampiro, poi arriverà in auto all’Overlook Hotel. Mi spiegate?

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    Insomma… il povero Mike Flanagan, regista di horror più semplici, come Ouija, cerca con gran fatica di mettere insieme tutto questo pastrocchio, le oltre 500 pagine del sequel di Stephen King, il personaggio malmesso di Danny Torrance, prima alcolista per reprimere lo shining e smaltire la vacanza all’Overlook Hotel poi diventato il Doctor Sleep, un infermiere che aiuta a morire i vecchietti insieme a un gattino bianco, il personaggio della ragazzina superpiena di shining, la comunità mezza hippy di vampiri dominata da Rose The Hat che cercano adepti o cibo umano, il finalone nell’albergo kubrickiano ricostruito stanza per stanza.

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    Ma ogni parte del film va per conto suo e nulla arriva a una fine o a una giustificazione. La storia del Doctor Sleep, ad esempio, non serve a nulla, anche se il gatto ci piace. Funziona solo il nuovo personaggio di Rose The Hat grazie a Rebecca Ferguson per la prima volta cattiva. Non parliamo poi dell’apparizione del fantasma del nuovo Dick Halloran, interpretato in Shining da Scatman Crothers e qui da Carl Lumbly.

     

    Ma i fan si rifaranno con Carel Struycken, il gigante di Twin Peaks, e soprattutto con la prima apparizione cinematografica dopo 40 anni di Danny Lloyd, che fu il primo e unico Danny Torrance. Ora è diventato biologo e insegna a Elizabethtown. Qui fa il padre di un ragazzino che gioca a baseball, che per inciso è Jacob Tremblay, il protagonista di Room. Detto questo, ripeto, il film è anche divertente, ma è davvero un pasticcio. In sala.   

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