Marco Giusti per Dagospia
lino banfi pamela prati la moglie in bianco… l’amante al pepe
Che vediamo oggi? Stasera alle 22,50, fermi tutti, che su Cine 34 c’è “La moglie in bianco… l’amante al pepe” di Michele Massimo Tarantini con Lino Banfi, Susan Scott alias Nieves Navarro e, soprattutto, una diciannovenne Pamela Prati, già playmate del 1981, al suo primo film.
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Finissima la frase di lancio in banfese che spiega un po’ il film: “Calma reghezzi, potete venire a vedere me e Pamela Prati solo se avete compiuto 14 anni. E’ così bona e al pepe che può far male ai minori. Il film è stato girato tutto in Puglia. Io sono il meritolo, l’amente treditolo, il pedre sfortuneto che ha figlio pederestolo… insomma frosciolo. Una gran disgrezia ma il mio sistema è infallibile: sposerà una supersimolleggiatola. Fra un mere di risetole, che nipote salterà fuori?!”.
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In pratica, Don Peppino Patanè, Lino Banfi, affermato dentista che non disdegna il gentil sesso, affronta un serio problema familiare. Per poter ereditare gli averi del nonno, deve far concepire un erede al suo figlioletto appena arrivato da Londra, Gianluca, tal Javier Viñas. Ma questo non sembra proprio interessato all’altro sesso. A far cambiare idea sulle donne e a fuggire ogni timidezza ci penserà la bella Sonia, Pamela Prati, anche se si presenta come ragazza occhialuta e bruttina.
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Girato dopo La moglie in vacanza… l’amante in città, che era un tentativo di softizzazione della commediaccia, questo è il passo trasversale, cioè la volgarizzazione della commediaccia sofisticateggiante. Infatti era vietato ai 14 anni,
Pamela Prati racconta che il film era stato interamente girato a Trani. “Per le scene di nudo mi vergognavo un po’. Era il mio primo film, Però mi dicevo, le ha fatte Edwige Fenech, le ha fatte Ornella Muti, perché non devo farle io?”.
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Un giornalista de “La Gazzetta del Mezzogiorno”, Marco Schiralli, raggiunge Lino Banfi e Pamela Prati sul set, in data 27 settembre 1980, quando il film ha un altro titolo, La prima notte di nozze. Intervistato Tarantini risponde sugli incassi dei suoi film: “La verità è che i nostri film incassano cifre da capogiro.
Segno evidente che piacciono al pubblico. (..) Ma io punto soprattutto sul fattore divertimento. Il pubblico avverte il bisogno di passare due ore in tranquilla allegria. Cerca le risate genuine”.
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E Banfi: “Guarda che siamo noi i primi a divertirci quando giriamo. Siamo i giudici di noi stessi. E poi la nostra comicità non è altro che la satira di un costume, di un modo di vita che ancora oggi trova riscontri in certi paesi”.
Alla stessa ora, si Iris, 23, 15, c’è “Le regole dell’attrazione” di Roger Avary, già cosceneggiatore di Quentin Tarantino su “Pulp Fiction”, tratto dal romanzo di Brett Easton Ellis, triangolo amoroso in quel del Camden Collage tra uno spacciatore, una vergine e un compagno di classe bisessuale. Mai visto da me, confesso. Con Jessica Biel, James Van Der Beek, Shannyn Sossaman. Avary non riuscirà, da solo, a diventare un Tarantino, ahimé.
Molto più che interessante alle 21, 10 su Rai Movie “Taj Mahal”, di Nicolas Saada, ricostruzione del vero attacco terroristico del 2008 nel grande albergo Taj Mahal Palace a Mumbai con la bellissima Stacy Martin e la nostra Alba Rohrwacher.
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Attenti che su Mediaset Italia2 alle 21, 20 torna “Batman Forever”, la versione più gaia del cavaliere mascherato e del suo fido partner Robin, Val Kilmer e Chris O’Connor, diretta dal da poco scomparso Joel Schumacher.
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Con i due eroi un filo chiacchierati ci sono Jim Carrey magistrale Enigmista, Tommy Lee Jones come Due facce, Michael Gough come Alfred e Nicole Kidman come il Dr. Chase Meridian.
Su Tv2000 vede che passa “The Informant” di Steven Soderbergh con Matt Damon, che ricordo un po’ noioso e per noi non così comprensibile con le sue leggi sull’agro-bussiness americano.
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E’ invece una rarità l’unico western diretto e interpretato da Robert Hossein su 7 Gold alle 21, 15, “Cimitero senza croci”, dove ricompone anche la coppia della serie Angelica con la favolosa Michéle Mercier. Questo film avrebbe dovuto essere coprodotto e interpretato da Folco Lulli, morto poco prima delle riprese.
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Ma ci sarebbe dovuto anche essere, in un piccolo ruolo, Sergio Leone. Il suo ruolo, quello del proprietario d’albergo, è affidato al grosso Cris Huerta, anche se Marcello Garofalo, nella sua biografia sul regista, assicura che c’è. Non solo, riporta un’intervista di Leone che sulla sua presenza nel film dichiara: “Quando mi sono rivisto, ho deciso che non avrei ripetuto l’esperienza: recitavano meglio i cavalli”.
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Christopher Frayling, nella sua biografia su Leone, dopo aver descritto minuziosamente la scena interpretata da Leone, della durata di circa un minuto, dice che venne tolta al montaggio. Boh? Possibile? In un articolo di “Cinema d’oggi”, al 15 gennaio 1968, viene assicurato che Leone avrà un ruolo nel film assieme a tal “Berry Rivers”, che forse è Benny Reeves cioè il grande Benito Stefanelli.
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A sua volta, nella logica dello scambio, Hossein avrebbe dovuto interpretare un ruolo in C’era una volta il west. Ma non lo fece. Ipotizzo che avesse girato la scena e che poi, non piacendosi, avesse chiesto a Hossein di toglierlo. Ma è solo un’ipotesi. E resta il fatto che Leone nel film visto, me lo ricordo bene, allora non c’era.
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Anche se è comunque dedicato a lui, oltre che molto ispirato ai suoi film, e che ci lavora come sceneggiatore, sia qui che in C’era una volta il West, un giovane Dario Argento, probabilmente già attivo sul film di Leone. Non si sa, comunque, quanto si sia impegnato nella storia, che anche in questo caso, sembra ripresa da quella di Johnny Guitar di Nicholas Ray.
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Ma in chiave lugubre, visto che tutti moriranno. Una bella vedova, Maria, cioè Michèle Mercier, che ha visto il marito Ben Caine impiccato ingiustamente dalla potente famiglia dei Rogers, vuole vendetta e assolda un pistolero suo antico amante, Manuel, cioè Robert Hossein, per infiltrarsi tra i Rogers. “Aiutami”, gli chiede lei in una scena dal dialogo delirante. “Ho rinunciato a sparare”, fa lui. “Eppure è stato sempre il tuo mestiere”, risponde lei. “Ora non più”. “”Ricomincia”, conclude lei.
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Maria obbliga Manuel a rapire la figlia di Rogers, che verrà violentata dai fratelli di Caine. Notevolissimo il set della città morta dove vive il pistolero solitario e dove affronterà i Rogers. E comunque, rivisto oggi, un western commovente e che crede completamente a quel che mette in scena. Hossein ne parla come “un film sulla solitudine. Il mio è un eroe solitario che si dedica a una vendetta che non è la sua”.
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E arriva a dire che la sua è stata “una riflessione molto malinconica sulla condizione dell’anima”. Per Tom Betts è un “western davvero gotico con set e luci da Hammer Film”. Non solo, Betts rintraccia evidenti elementi di tensione che fanno in modo che si senta il tocco di Dario Argento.
Hossein toglie i colori al film per accentuare il paesaggio secco. Per Jean-François Giré è il miglior western francese che sia mai stato realizzato. Allora, però, non mi sembra che il film ebbe né questo successo né questa importanza. Mi sembrò soprattutto un bel po’ ripreso dai nostri spaghetti e rielaborato quel tanto per farne un film stravagante per la coppia di protagonisti.
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Ma nel west Hossein-Mercier non funzionavano bene come nel cappa e spada, anche se il film fu un successo in Inghilterra. Scott Walker, vero cantante americano, canta “The rope and the colt”, composta da Hal Shaper e André Hossein, padre del protagonista e regista. Rob a da commuoversi. Devo dire che ci si commuove un po’ meno nella scena cultissima della lavanda dei piedi di Daniele Vargas.
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