Marco Giusti per Dagospia
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Che vediamo oggi? Ieri sera ho scoperto che su Netflix c’è “Love” di Gaspar Noé, un film che fece scandalo al Festival di Cannes del 2015 per le sue scene di sesso esplicito in 3D. Lo vedemmo in una calca incredibile, musica a palla e grida in sala già per la prima scena, molto spinta, dove lui eccita lei e lei eccita lui. L'idea di Noè era proprio di sfondare i limiti del soft per raccontare una malinconica storia a tre. Lui, Karl Glusman, ama la bella Electra, Aomi Muyock, dopo una serie di esperienze pesanti di ogni tipo, la segue in una serie di rapporti a tre con la biondina Klara Kristin.
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Va detto che le scene di sesso, anche in tv, sono ancora notevoli, i protagonisti non sono i soliti manovali dell'hard e Gaspar Noè tende a fare un film sperimentale e innovatore, che avrebbe dovuto essere girato prima di “irreversible” con la Coppia Cassel-Bellucci, che alla fine non se la sentì. Ma possiamo solo immaginarci l’effetto 3D dello schizzone che arrivò dritto nella platea della sala del Grand Theatre di Cannes stracolma, col pisellone eretto pronto a sfondare la tela. Cine 34 risponde con l’erotichello con Lory Del Santo giovanissima “Pensione amore servizio completo” di Luigi Russo alle 19, 35, dove Christian Borromeo, reo di aver scopato la cameriera, viene mandato per punizione dal padre sulla costiera, nella pensione della nonna. Non sapendo però che la pensione copre un bordello.
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Film terribile, di culto però, la cassetta VHS tedesca della IVP valeva nel 2005 ben 300 euro. E le grandi scene di nudo di Lory sulla spiaggia sono strepitose. Alle 21 vedo che si può scegliere tra il bel western olandese violentissimo “Brimstone” di Martin Koolhoven, Rai Movie, con Guy Pearce come predicatore folle, Dakota Fenning come donna forte che lo sfida, Kit Harrington e la bellissima Carice van Hoeten già protagonista di “Black Book”. Il film, che passò a Venezia, ma stupì per le scene di violenza, è uno dei più grandi successi olandesi di ogni tempo, venduto in 80 paesi.
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Il regista ci mise sette anni a metterlo in piedi e lo girò in mezza Europa, anche nell’Almeria di Sergio Leone. Alla stessa ora trovate anche due bellissimi classici come “Witness – Il Testimone” di Peter Weir con Harrison Ford e Kelly McGillis su La7 e “I soliti sospetti” di Bryan Singer con Kevin Spacey, Gabriel Byrne e Pete Postelwaite su Paramount Network. Inutile che ve ne parli, credo. Ma ci sono anche due interessanti film di fantascienza. Su Sky Cinema Uno alle 21, 15 il recentissimo “Alita: Angelo della battaglia” diretto da Robert Rodriguez e scritto e prodotto da James Cameron, che inaugura un canale tutto di fantascienza con 50 titoli.
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“Alita”, giocattolone in 3D da 200 milioni di dollari, tratto dai primi quattro volumi del manga giapponese Gunnm o Alita di Yukito Kishiro, usciti agli inizi del 1990, anche se non è né il grande manga dell’infanzia di molte ragazze oggi ventenni che lo hanno davvero amato e ancor di più adorato la sua cyber-protagonista, né un altro capolavoro di James Cameron, che pure lo ha scritto e prodotto, né una perfetta operazione su un genere come ci ha insegnato negli anni Robert Rodriguez, è un buon compromesso, anche divertente, tra le tre cose.
Cioè una buona trascrizione, diretta con cura, soprattutto negli effetti speciali e nelle situazioni più di genere, del celebre manga e un ponte con il progetto di film che James Cameron avrebbe voluto portare a termine già nel 2003 se “Avatar” non fosse stato il successo che è stato, obbligandolo a dedicarsi ai tre sequel della saga che prima o poi vedremo. Lo ha detto lo stesso Rodriguez, specificando che registi-autori come James Cameron, esattamente come il suo amico Quentin Tarantino, scrivono film solo per sé, cioè per dirigerli loro stessi.
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Questo era un caso diverso. Un progetto abbondonato per muoversi verso altri orizzonti, che Rodriguez ha raccolto col suo aiuto e ricostruito con innegabile passione, traducendo in un film le 186 pagine di script e le 600 pagine di note a margine di Cameron. I principali dubbi dei fan di Alita, nascono proprio dall’aver fatto della protagonista giapponese un cyber con occhioni giganteschi, un po’ alla Rocco Papaleo, dove si nasconde una ragazza messicana, Rosa Salazar. Ma l’idea degli occhioni da manga viene proprio da Cameron, e la scelta dell’attrice, che non ha niente ovviamente di giapponese, è sia di Cameron che di Rodriguez.
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Su Cielo tv , alle 21, 15, il bellissimo “Predestination” dei fratelli Spierig con Ethan Hawke e Sarah Snook, viaggi nel tempo e fantascienza alla Robert Heinlein. Molto amato dalla critica. “Io so da dove vengo, ma tutti voi zombi lo sapete?”. Ci volevano due fratelli gemelli australiani, Peter e Michael Speirig, al loro terzo film, per portare sullo schermo un piccolo, ma contorto racconto di fantascienza del 1959 di Robert A. Heinlein, “All You Zombies”, legato ai viaggi nel tempo e alla identità sessuale. Rispetto al racconto i gemelli Spierig aggiungono una sorta di sottotrama gialla con la caccia a un criminale bombarolo, chiamato “Fizzle Bomber”, che nel 1975 a New York ha compiuto una strage e che un agente della Space Corp, interpretato da Ethan Hawke, grazie ai suoi molti viaggi nel tempo, dovrebbe appunto fermare prima che la bomba esploda.
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Se non vi piace la fantascienza c’è sempre “Dunkirk” di Christopher Nolan, Canale 5 alle 21, 20. Cine 34 propone alle 21, 20 la doppietta “Scuola di ladri. Parte 2” e “Scuola di ladri”, tutti e due di Neri Parenti con Paolo Villaggio, Massimo Boldi e Enrico Maria Salerno. La bona del primo film è Florence Guerin, quella del secondo Barbara Schioppa. Non li amo particolarmente. Mi ricordo però che andai a intervistare Villaggio sul set perché si presentava alle elezioni per Democrazia Proletaria su invito di Capanna e rimase stupito perché la prima cosa che gli chiese Capanna fu “ma tu di che segno sei?”. In seconda serata vedo che c’è su Rai 5 c’è “Viva la sposa”, secondo film da regista di Ascanio Celestini, prodotto da Alessandra Acciai e Giorgio Magliulo assieme ai fratelli Dardenne. Presentato a Venezia, alle “Giornate degli Autori”.
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Un film politico, dedicato al Quadraro, il quartiere più duro di Roma, quello di Remo Capitani, il mitico Mezcal, che coi suoi compagni tenne testa ai tedeschi nel ’44. E dedicato anche alla memoria di Giuseppe Uva, Stefano Cucchi, Federico Aldovrandi, ai tanti ragazzi che in questi anni hanno perso la vita dopo aver incontrato la polizia e non hanno mai avuto giustizia. Rispetto al primo film, questo è molto più riuscito, ricordo. Certo. Se conoscete il teatro di Celestini, sapete a cosa andate incontro.
Ma qui c’è una distribuzione più forte dei personaggi, e una ricostruzione più ricca del quartiere. Grazie anche a attori come Sasà Striano, una delle facce più belle e vere che si siano viste nel nuovo cinema italiano, che vive con piccole truffe e magari sogna in grande, o a Alba Rohrwacher, sorta di doppio femminile celestiniano, che porta alla sua Sofia una sofferenza palpabile, o a Barbara Valmorin, che fa la mamma del protagonista.
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Magari non è serata. Su Rai Movie alle 23, 55 vi segnalo “Capitan Apache”, stranissimo western anglo-ispanico diretto da Alexander Singer, prodotto e scritto da Philip Yordan con Lee Van Cleef che fa l’investigatore indiano con cappellino da nordista, senza baffi e con parrucchino terrificante. È stato allevato dai bianchi dopo che la sua famiglia è stata massacrata. Indaga sulla morte del commissario agli affari indiani.
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Accanto all’eroe troviamo Stuart Whitman, ancora in forma, e la grande Carrol Baker nel suo unico spaghetti, un po’ sfiorita e pronta a cedere tra le braccia di Capitan Apache. Per l’occasione Lee Van Cleef canta pure la canzone dei titoli del film (un delirio). Alle 00, 45 il film più stracult della serata, “La battaglia dell’ultimo panzer”, war movie spagnolo del terribile José Luis Merino con Guy Madison, la bionda Erna Schurer e il nostro Stelvio Rosi col nome di Stan Cooper. Proprio Rosi mi disse che sul set, siccome avevamo davvero un solo carroarmato, lo usavano da una parte come panzer e dall’altra come americano. All’1,15 su Rai premium una rarità per cinefili. “Vampirismus” di Giulio Questi con Antonio Salinas. Magari non l’avete visto. Mi sa, vero?
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