Marco Giusti per Dagospia
poveri ma ricchissimi
“Babbo Natale non esiste!” urla Christian De Sica truccato da Babbo Natale mentre si toglie la barba bianca e il berretto rosso per spaventare un bambino. E inutilmente Enrico Brignano, truccato da elfo, cerca di rimettere le cose a posto. E’ la gag più violenta di questo Poveri ma ricchissimi diretto da Fausto Brizzi, che lo ha scritto assieme a Marco Martani e Luca Vecchi, sequel del più riuscito Poveri ma ricchi, diretto sempre da Brizzi nel 2016, che era niente di più che il remake burinizzato all’italiana del successo comico francese Les Tuches di Olivier Baroux.
Mentre Les Tuches 2 portava la famiglia burina francese in America, come accadeva al Tassinaro di Alberto Sordi, Poveri ma ricchissimi si inventa tutta un’altra situazione, portando un po’ d’America e di politica a Torresecca, visto che il capofamiglia Danilo Tucci, cioè Christian De Sica, si liscia il capello riccio roscio e si fa una zazzerona bionda alla Donald Trump, anche se un po’ riletto alla Roberto D’Antonio, parrucchiere responsabile del biondo di Jasmine Trinca in Fortunata e parrucchiere storico di Christian (di Paolo Sorrentino, Sabrina Ferilli, Roberto Benigni, ecc.). Non solo.
DE SICA POVERI MA RICCHISSIMI
Riuscendo a recuperare i soldi della vincita dello scorso film, i Tucci decidono di trasformare Torresecca in una sorta di principato alla Montecarlo, gestendolo loro stessi come sovrani. Scontrandosi così con il presidente del Consiglio italiano, Dario Cassini, più un Renzi che un Gentiloni. Con tanti personaggi a disposizione, si moltiplicano le situazioni. Intanto compare una figlia illegittima, Tess Masazza, a turbare la coppia dei Tucci. Così la First Lady, che si autodefinisce aridamente “Fister” Lady, cioè Lucia Ocone, bravissima, pensa di tradire il marito con un bel tomo, Massimo Ciavarro, dedito a pratiche sessuali eccentriche sul sadomaso (anche se prima di praticarle ti fa firmare un contratto che ti ripara da cause legali…).
poveri ma ricchissimi
Poi compare uno stralunato Paolo Rossi come padre ladro appena uscito dal carcere di Valentina, Lodovica Comello, moglie di Marcello, Enrico Brignano, il cognato di Danilo. Come se non bastasse i Tucci, oltre a uscire dall’Italia e tornare alla lira, si comprano un castello un po’ da Famiglia Addams, dove faranno una grande festa natalizia con Valentina truccata come Malefica. In generale le cose migliori vengono stavolta dal cast secondario, Giobbe Covatta come prete burino, Pablo, di Pablo&Pedro, come sindaco cafone che esplode di rabbia quando per colpa dei Tucci il simil-Renzi/Gentiloni toglie a Torresecca Sky Calcio, una grandiosa Federica Cifola come bruttona infoiata di Brignano. Anna Mazzamauro, nonna Tucci, malgrado un grande trucco da Regina Madre, non è forte come nel film precedente, Christian e Brignano solo nella seconda parte hanno dei buoni momenti di comicità assieme.
POVERI MA RICCHISSIMI
Paolo Rossi non basta a illuminare un film un po’ spampanato, soprattutto rispetto al riuscitissimo primo Poveri ma ricchi. E, per una volta, ci viene da dar ragione a Maurizio Porro sul Corriere, che ne ha segnalato la “povertà di idee, con una volgarità, una mancanza di ritmo con pochi eguali nel più becero cinema italiano” e “…il senso di una tristezza senza fine”, tutti argomenti che avrei adorato poter ribaltare il trash di culto. Magari il brutto caso Brizzi, con le tante ragazze che accusano il regista e produttore di molestie, che ha già provocato la fuoriuscita di Brizzi dalla Wildside e la cancellazione del suo nome dai manifesti e dai trailer prima, poi dai titoli di testa del film, per finire relegato in quelli di coda, getta su tutta l’operazione Tucci 2, un’ombra di desolazione che non è il massimo per godersi una commedia natalizia.
Magari Christian si è un po’ appesantito e il trucco alla Trump non dona, mentre Brignano si è esposto alle ire di Asia Argento prendendosi in risposta un notevole «Sei un gaggio buzzicone, se te vedo t’acciacco». Magari la Sala 3 del Jolly dove, assieme a tre spettatori, ho visto ieri il film non era il massimo. Ma dei tre cinepanettoni italiani che si sono affacciati ieri nel mercato di Natale, pur essendo il primo ieri con 85 mila euro contro i 40 di Natale da chef e 26 di Supervacanze di Natale, mi è sembrato il più fiacco e meno motivato. E, caso Brizzi a parte, mi dispiace, perché il primo Poveri ma ricchi, ripeto, era molto divertente. Vedremo che ne penserà il pubblico. E, detto questo, non è accettabile in nessun caso e per nessuna opera che un distributore tolga il nome di un regista dai titoli di testa di un film.
fausto brizzi