Marco Giusti per Dagospia
Il diritto di contare di Theodore Melfi
Sembra che quando la vera Katherine Globe Johnson abbia visto, a 98 anni, la sua storia sullo schermo, si sia chiesta che cosa avesse di così interessante la sua vita per farci addirittura un film.
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In realtà, quello che sostiene tutto il lungo racconto di questo solido, divertente, funzionantissimo Il diritto di contare, diretto da Theodore Melfi, che lo ha scritto assieme a Allison Schroeder, è proprio la storia di Katherine e delle sue amiche, Dorothy Vaughan e Mary Jackson, matematiche nere, interpretate da Tataji P. Henson, Octavia Spencer, Janelle Monae, che nei primi anni ’60 contribuirono, in pieno segregazionismo in Virginia, ai calcoli spazali della Nato che mandarono il primo uomo americano, John Glenn, in orbita nello spazio e poi sulla luna.
La novità è che non solo non si tratta di tre donne bianche, ma di tre donne afro-americane in un momento particolare della storia del paese, tanto che le scoperte scientifiche andranno di pari passo con la lotta per i propri diritti. Il film, che ha vuto tre nomination agli Oscar, miglior film, miglior sceneggiatura non originale e migliore attrice non protagonista, Octavia Spencer, è tutto costruito su questo preciso momento, cruciale per la storia del paese sotto tutti i punti di vista, ovviamente comprimendo i tempi per necessità di racconto.
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Ma è interessante notare come abilmente Melfi giochi le sue carte nel racconto usando certi particolari, realmente accaduti, come il diritto a poter usare i bagni dei bianchi, legandoli alla corsa per spedire Glenn nello spazio.
In questo modo, è vero, rileggiamo dal punto di vista delle tre ragazze, la storia dei pionieri dello spazio americani, ma, soprattutto, leggiamo le loro storie e le loro lotte. Dorothy vuole diventare supervisore delle matematiche e impara a usare i primi computer IBM. Mary vuole il posto di ingegnere alla NASA, ma non averlo perché i neri non possono iscriversi a Ingegneria in Virginia. E sarà la prima a poterlo fare.
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E Katherine, oltre alla sua storia personale con un ufficiale, Mahershalala Alì, vuole il suo posto nello staff di Al Harrison, Kevin Costner, gran capo del progetto spaziale. Malgrado qualche semplificazione poco credibile, malgrado qualche effetto facilino, il film scorre benissimo. Le tre ragazze sono tutte favolose e ben concentrate e ci ritroviamo da subito a fare il tifo per loro. E il pubblico non più giovane si ricorda le lunghe dirette da Cape Canaveral in bianco e nero. In sala.