TOMMASO KIM ROSSI STUART 9
Marco Giusti per Dagospia
Ci siamo. E’ il film italiano più stracult della Mostra. “Pezzo di merda! Mi fai schifo! Mi auguro che tu muoia presto!” urla, non diciamo chi, una delle sfortunate ragazze che incontrano Tommaso quando lui dice di lasciarla adducendo come scusa che deve potare gli ulivi. E da questo si capisce che Tommaso, protagonista del nuovo film interpretato, ideato e diretto da Kim Rossi Stuart, Tommaso appunto, non ha un buon rapporto con il genere femminile.
Anche se, sul modello buzzanchiano o risiano anni ’70, come ne incontra una per strada o in negozio la immagina subito nuda. Tommaso, in realtà, è ossessionato dal sesso e dalle donne, le ha in testa, come dimostra già il manifesto del film, modellato un po’ sul tipo di quelli di Paolo il caldo o di L’erotomane. Solo che, una volta che si è messo assieme a una donna, non riesce poi a far funzionare il rapporto. Così, mentre spia eccitato una sconosciuta che si sveste in un palazzo di fronte, rifiuta di scopare la donna che ha in casa. E la povera Jasmine Trinca alla fine lo molla dicendogli che è un pezzo di ghiaccio.
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Lui, anche se piange, si sente liberato. Ma è titubante anche di fronte al grande nudo frontale di Cristiana Capotondi (ma le efelidi dove le ha messe?). Perché? Diciamo che è parecchio impicciato con la testa. Ne sa qualcosa il suo psicanalista, il grande Renato Scarpa che si porta dietro una pesante eredità verdon-troisian-morettiana. Ne sa qualcosa la madre, Dagmar Lassander, già star di commedie sexy e di un erotico di straculto come Andrée, qui assolutamente strepitosa, che ovviamente gli boccia tutte le sue donne come non adatte a lui.
Essendo attore, Tommaso parla con le donne che incontra e con cui vive come se fosse in un film italiano di questi ultimi vent’anni. Un po’ Moretti, un po’ Muccino, un po’ Genovese. E’ la cosa più divertente del film. E Tommaso odia la commedia, anche se nel film ha firmato un contratto per farne una con Alessandro Genovesi, che si lancia in un cameo strepitoso. Impicciato per qualche problema di mancanza di figura paterna, del padre non si parla, si accenna, ma di fatto non c’è, anche se potrebbe essere lui il problema.
TOMMASO
Impicciato per qualche pesante problema con la madre, personaggio che si trascina dietro dal film precedente, Anche libero va bene, dove la mamma era Barbara Boboulova, spesso assente. Impicciato a causa del suo stesso lavoro, che lo obbliga a fingere emozioni che non prova, Tommaso è una specie di Lando Buzzanca anni ’70 divorato da anni e anni di morettismo e di cinema italiano d’autore. Poveraccio.
Al punto che, magari è solo una coincidenza, rifiuterà sia la star del nostro cinema d’impegno, Jasmine Trinca, sia la star della commedia brizziana, Cristina Capotondi, mentre ritroverà emozione con la camerierina burina e sfrontata, Chiara, interpretata da Camilla Diana, che lo tiene in bilico, che lo rende geloso, che non gli fa mettere la mano nelle mutande.
TOMMASO KIM ROSSI STUART
Lì, dove Tommaso immagina siano tutti i vermi dei suoi problemi. Chiara gli apre la testa sui suoi problemi con il sesso e con le donne e lo costringe a uscire dalle maschere cinematografiche che di volta in volta Tommaso indossa. Fin anche troppo autoreferenziale, confuso ma molto sincero e disarmante nel suo volersi a tutti i costi aprire al pubblico in una specie di viaggio di autoanalisi, alla fine c’è anche un cammeo di sua moglie, Ilaria Spada, sarebbe facile prendere Tommaso per l’ennesima opera sui mal di pancia dell’attore romano più o meno impegnato.
E’ semmai un tentativo, anche riuscito, di portare a galla una interiorità che Kim Rossi Stuart, nato e cresciuto dentro il cinema, figlio di attore, Giacomo Rossi Stuart, e attore già da ragazzino, sente come se avesse dovuto nascondere per tutta la vita dietro (o davanti) la macchina da presa.
TOMMASO KIM ROSSI STUART CRISTIANA CAPOTONDI
L’ossessione del dover recitare sempre, anche nella vita, e il non poter avere, con le donne, un rapporto non mediato dalla finzione, ci riporta, ancora una volta, alle ossessioni della nostra commedia erotica maggiore degli anni ’70, penso a Dino Risi o a Pasquale Festa Campanile. Ma se allora tutto era risolto con leggerezza anche grazie ai dirompenti attori del periodo, da Lando a Manfredi a Tognazzi, in questi ultimi venti-trent’anni, tutto si è incupito e si è come chiuso dentro a un involucro di pesantezza difficilmente penetrabile.
Al punto che anche la nostra commedia attuale migliore, penso a Perfetti sconosciuti, ne porta le conseguenze. Tommaso, in qualche modo più o meno inconscio, cerca di bucare questo involucro per tornare a una dimensione più reale che lo liberi dai suoi tormenti di attore e di uomo. Lo fa dentro i modelli del cinema italiano di oggi, dimostrando tutta la difficoltà che si prova nel volerne uscire. Francamente lo avrei messo in concorso. In sala dall’8 settembre.
TOMMASO KIM STUART