Marco Giusti per Dagospia
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L’Homo Eroticus è morto. E con lui se ne vanno Michele Cannaritta, l’onorevole Puppis, Zazà il domestico, Giuseppe Cicerchia detto il Fimminaro, Demetrio Cultura detto Dedé, quello che ha stilato il decalogo per le mogli: “primo non rompere i coglioni”, Lollo il Gatto Mammone, Costanzo Nicosia alias Dracula in Brianza, Carmelo Lo Cascio, l’arbitro, l’Io di Io e lui (e lui indovinate chi è), Ariberto da Ficulle, Rosario Trapanese il vichingo venuto dal Sud, il Dottor Danieli, quello del complesso del giocattolo, Giangiacomo Tontodonati detto James Tont, il Michele Pantanò de La parmigiana, l’Antonio Ascalone di Sedotta e abbandonata, il Rosario Mulé di Divorzio all’italiana.
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Con Lando, insomma, crolla tutta l’impalcatura del machismo italiano, centinaia di titoli e di personaggi costruiti sul meridionale arrapato e superdotato, addirittura l’uomo con tre palle da esportare in Brianza. Fa nulla se, per sembrare più civile prima e dopo il 68 lo si è visto grottesco, confuso, sterile, addirittura impotente.
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Difficile avere un altro Lando. Avvocato, manager, ingegnere, industriale meridionale, prete e perfino sindacalista spesso e volentieri trapiantato al nord alle prese con una modernità tecnologica che non corrisponde sempre a una modernità di pensiero, soprattutto per quello che riguarda i rapporti con le donne, Lando rappresenta per lo spettatore maschio italiano del tempo, da fine anni ’60 a oltre la metà degli anni ’70, qualcosa di più di uno stereotipo del maschio italiano. E’ il campione di una virilità che non ha paura di confrontarsi con le donne evolute del nord o con i maschi poi non così maschi tedeschi o svedesi. E’ il maschio latino in cui gli spettatori di mezzo modo possono specchiarsi. Al punto che il morigerato cinema spagnolo, con la morte di Franco nel 1975, la prima cosa che fa è liberare i grandi titoli erotici dei film di Lando Buzzanca, che da noi era ormai in crisi, e decretarne un nuovo incredibile successo con le sale sempre piene. Dando vita a un nuovo genere di commedia sexy buzzanchiana che prima era vietata. In Sudamerica, dove i film di Lando si erano visti subito, era addirittura nata con lui la porno-chanchada brasiliana e le commedie sexy messicane, che hanno le stesse caratteristiche dei suoi film più celebri. Film che si sono visti anche in America. Nel 1971, grazie a “Il vichingo venuto dal sud”, “Il merlo maschio” e “Homo Eroticus”, che venne ribattezzato “Man of Year”, è definito addirittura the big one, il solo attore italiano in grado di fare incasso non una ma tre volte in un anno. Per noi, in Italia, che lo abbiamo seguito da piccolo attore negli anni ’60, c’è addirittura in un incredibile apparizione in “Ben-Hur”, da pupillo di Pietro Germi in “Divorzio all’italiana” e “Sedotta e abbandonata”, o caratterista allampanato della commedia all’italiana, “I mostri”, “Le monachine”, la sua esplosione di anno in anno, se non di mese in mese, si evolve proprio assieme alla rivoluzione sessuale del nostro paese. Come se ne fosse una grottesca conferma capovolta.
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Del resto il suo personaggio è sempre stato contraddittorio. Così, dopo il lancio comicarolo di “James Tont operazione U.N.O.”, il cui successo provocò la separazione della coppia di sceneggiatori e (poi) registi di successo Gianni Grimaldi e Bruno Corbucci, Lando viene ripreso dalla commedia all’italiana costruita sul sesso, grazie alle attenzioni di Marco Vicario, Steno, lo stesso Grimaldi, Pasquale Festa Campanile. E’ il suo grande momento. Tra il 1968 e il 1974 quel che tocca Lando è subito un successo. “Un caso di coscienza”, “Il prete sposato”, “La prima notte del Dottor Danieli”, “Il vichingo venuto dal sud”, “Homo Eroticus”, “Il vichingo venuto dal sud”, “Jus primae noctis”, “L’uccello migratore”, furono successi incredibili in un’Italia che cercava di definirsi moderna, lontana dalla chiesa e dal moralismo democristiano. Il conto da pagare, più che col femminismo dilagante e con i giovani rivoluzionari all’italiana, sarà col cinema americano, che aveva pensato di poterne fare un vero attore di commedia internazionale.
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Dopo gli esordi con Germi, aveva girato film importanti, come “Caccia alla volpe” di Vittorio De Sica con Peter Sellers, “Operazione San Pietro” di Lucio Fulci con Jean-Claude Brialy e Heinz Ruhmann, “Meglio vedova” di Duccio Tessari, girato in inglese, con Virna Lisi e, in un primo tempo, Richard Harris, che venne sostituito da Peter McEnery, “Quei temerari sulle loro pazze, scatenate, scalcinate carriole” di Ken Annakin, dove divide la scena con comici del calibro di Bourvil, Tony Curtis, Walter Chiari, Terry-Thomas.
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Ma con l’esplosione del Lando comico erotico, Hollywood si allontanò per sempre. Ma si aprì un mercato molto più vasto e inatteso del previsto. Probabilmente sostituì, come comici meridionali, i troppo sfruttati Franco Franchi e Ciccio ingrassia, che avevano dato il meglio negli anni ’60 e negli anni ’70 iniziarono a rallentare la loro produzione. Non è un caso che Lucio Fulci, già regista dei due palermitani, sappia anche come trattare Lando in un piccolo capolavoro come “All’onorevole piacciono le donne”, che lanciò pure Laura Antonelli.
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E non è un caso che esiste un film cerniera tra le due comicità, “Nel giorno del signore”, diretto da Bruno Corbucci nel 1970, un altro regista che avranno in comune, dove fanno delle buffe apparizioni. Devo dire che Lando non solo non si è mai proprio ritenuto un sostituto dei troppo popolari, per lui, Franchi e Ingrassia, comici di grana grossa, ma ha sempre dichiarata di non averli amati.
Cosa curiosa e forse c’è qualcosa che non sappiamo, visto che lo zio di Lando, Gino Buzzanca, fece da padrino a Franco e Ciccio a più riprese a teatro, e venne ricompensato dai due picciotti con una serie di ruoli dove inevitabilmente a lui andava il ruolo di capo-famiglia. Eppure, eppure… esce fuori che proprio nel celebre spettacolo al Teatro Arena Igea di Messina della stagione 1950, dove si incontrarono per la prima volta Domenico Modugno, allora star del nostro spettacolo, e Franco e Ciccio, complice proprio Gino Buzzanca come “presentatore”, appaiano anche i nomi di certa Lucia Stev e certo “Lando Buzzi”. Essendo Gino zio di Lando, questo Lando Buzzi sarà proprio Lando.
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Un Lando giovane che forse non vide bene che la fortuna di Franco e Ciccio nascesse proprio sotto i suoi occhi a Messina grazie allo zio Gino. Quel che credo, però, è che Lando prese il posto magari di Franco e Ciccio nelle preferenze del nostro pubblico, ma non ne ha mai ripetuto in nulla quel tipo di comicità popolare. Lando, forgiato da Germi e Lattuada, diretto da Steno e De Sica, è stato un comico moderno, per quanto i ragazzacci ideologicizzati del tempo lo trovassero un troglodita. Pagò quel tipo di popolarità che giocava tutto sul sesso. Al punto che si vide preferire, per il ruolo, importante, del siciliano “Paolo il caldo” diretto da Marco Vicario, il suo regista, da Giancarlo Giannini, solo perché era più alla moda pur non essendo per nulla siciliano. E lo prese come un affronto personale. Incazzato, ruppe con Vicario per sempre.
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Anche se “Paolo il caldo” fu un grosso successo e Vicario ci vide bene a non farne quel che si diceva la macchietta alla Lando del personaggio del siciliano a Roma che si tromba tutte le donne del momento. Ma era ovvio che quel personaggio era puro machismo alla Lando. Senza Vicario, negli anni ’70, in Italia, non riuscì a ricostruire quel grande successo che aveva avuto i primissimi tempi dei suoi film da protagonista. E un film come “Io e lui”, diretto da Luciano Salce, tratto dal romanzo di Alberto Moravia, non solo non fu un successo, ma fu un vero smacco per la sua filmografia. Ohibò! Finì per essere, almeno in Italia, proprio mentre veniva adorato in Spagna e in Brasile, in Messico e in Argentina, un attore da commedia bassa. Un imbarazzo per il cinema italiano impegnato, mentre Umberto Eco bollava “grammaticamente, sintatticamente e semanticamente fascista” il linguaggio dei film erotici del tempo.
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E il marchio di “fascista” Lando se lo porterà avanti per molto tempo. Tanto che non fece scalpore il suo appoggio politico a Gianfranco Fini e a Alleanza Nazionale nei primi anni ’90, che ne fecero di nuovo un bersaglio facile della cultura un po’ trinariciuta di sinistra del nostro cinema. Personalmente sono stato sempre amico di Lando, l’ho sempre stimato e apprezzato. Senza imbarazzi. Ho fatto con lui decine di programmi. E’ stato tra i primi che ho intervistato e ho parlato a lungo anche di politica con lui. Ma credo che per l’Italia dei giornali, Lando non sia mai uscito dall’immagine per eccellenza dell’homo eroticus, un macho siculo e grottesco, una sorta di proto-La Russa, non il bravo attore di enorme successo che era stato e ancora poteva essere.
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