Marco Giusti per Dagospia
GUGLIELMI
“La televisione è un linguaggio”, sosteneva Angelo Guglielmi. “Se adoperi la televisione come sala per proiettare dei film o, come si faceva una volta, per trasmettere del teatro di prosa, diciamo che usi la televisione ma in modo non del tutto proprio. In ogni caso non usi il linguaggio televisivo, ma usi la televisione come un contenitore di linguaggi altri”.
Possibile che la massima rivoluzione in mezzo secolo di televisione italiana sia arrivata dalla Rai Tre di Angelo Guglielmi, il primo direttore comunista della prima rete comunista della Rai, intellettuale militante, veniva dal Gruppo 63, e critico raffinato e non facile, detestava i romanzi di Pasolini.
GIUSTI E GHEZZI
Ma Guglielmi, schiaffato dal potere e sottopotere democristiano, come molti intellettuali comunisti della Rai negli anni ’60 e ’70, nelle zone marginali del Palazzo a produrre fiction o film sperimentali, come l’incredibile piccola serie “Tre nel Mille” di Franco Indovina scritta da Luigi Malerba e Tonino Guerra con Carmelo Bene e Franco Parenti, girata nel 1970 e trasmessa tre anni dopo, o a dirigere la sede Rai del Lazio, a differenza di tanti direttori che abbiamo avuto, conosceva perfettamente la macchina Rai e gli uomini che aveva a disposizione.
ANGELO GUGLIELMI SANTORO
Devo dire, anzi, che raramente ho incontrato qualcuno che fosse produttivamente così sicuro di quel che stava facendo, che conoscesse gli uomini che aveva scelto così intimamente, una vera squadra, da Stefano Balassone a Enrico Gabutti, da Stefano Munafò a Bruno Voglino, da Vieri Razzini a Enrico Ghezzi e che così rapidamente sapesse decidere che programmi fare e che linea dare alla sua rete.
GUGLIELMI ALBA PARIETTI
Guglielmi non ti faceva perdere tempo in inutili attese. Decideva subito. Sì o no. Tutti quelli che hanno lavorato a quella Rai Tre lo hanno amato e considerano quell’esperienza la migliore della loro vita. Difficile non ammetterlo. Ma c’era, ovviamente, chi lo detestava. Perché non fu assolutamente tenero con il partito degli intellettuali e intellettualini, spesso un po’ imboscati in Rai, e fuori dalla Rai, che pensavano di poter ottenere qualcosa dal suo ruolo di direttore.
michele santoro e giovanni mantovani
Non fu così. Guglielmi, anche se faceva naturalmente parte della sinistra in cachemire della Rai, e due giorni fa era in prima fila al funerale di Vieri Razzini, altra colonna della rete, negli anni della sua direzione a Rai Tre scelse sempre e soltanto programmi di puro linguaggio televisivo fuori da ogni piccola o grande lobby culturale.
Chiamando come testimonial personaggi del tutto diversi, spesso nuovi o nuovissimi, e completamente diversi tra di loro, come Piero Chiambretti o Giuliano Ferrara, che amava, Alba Parietti celebrata per la sua “selvaggeria” e Fabio Fazio, che non amava.
donatella raffai corrado augias telefono giallo
E altri, invece, cresciuti dentro la tv e dentro la Rai ma poco visti, come Donatella Raffai, la sua vera musa, o come Michele Santoro, la punta del talk politico e del giornalismo sulla realtà, o ripescati tra i grandi classici, come Andrea Barbato, nel ruolo di vecchio saggio in grado di spiegare la tv (“Fluff”), di scrivere lettere ai potenti (“La cartolina”), di fare il Corrado di Domenica In nel salotto rosso di Rai tre,
donatella raffai chi l'ha visto
O ripescando tra la sinistra in cachemire personaggi perfetti per il ruolo che dovevano svolgere, pensiamo al finto inglese di Prati Corrado Augias che avrebbe dovuto risolvere con le sue giacche sempre perfette i grandi gialli della realtà della cronaca, o Gad Lerner, con birignao da Lotta Continua dei piani alti, che racconta al popolo della sinistra inorridito ma curioso i primi rutti di Bossi e di quei cafoni dei leghisti. Spesso Guglielmi sperimenta, programmi e presentatori.
GUGLIELMI
Al punto che Santoro si mangia il coautore Mantovani (chi se lo ricorda più?), la Raffai si mangia tutti i suoi partner maschili. Alla “Tv delle Ragazze” di Amurri-Dandini-Brunetta-Costa vince chi rimane in sella. E’ la vita. Ma quel che Guglielmi e la sua squadra stanno creando è una rete, una tv, completamente nuova dove ogni programma, giornalistico, politico, di sguardo sulla realtà, non solo è originale, altro che format comprati, non solo ha dei volti nuovi in video, ma, soprattutto, è costruito come una fiction. Con un narratore e una sostanza narrativa, come è il grande modello del “Chi l’ha visto?” di Lio Beghin, programma manifesto della tv di Guglielmi, che oltre al racconto sparge con grande furbizia una serie incredibile di personaggi e situazioni da commedia all’italiana sempre diversi.
santoro berlusconi
Che bisogno ha Guglielmi di fare il cinema o la prosa in tv quando ha “Chi l’ha visto?” e “Telefono giallo”, quando ha costruito per la sua prediletta Roberta Petrelluzzi la grande arena di “Un giorno in pretura”. Il processo a Pacciani è meglio di qualsiasi grande film comico o drammatico o horror italiano. Ma il cinema si farà, perché a quel tempo sono le tre reti della Rai a produrre in proprio con proprio budget, non come ora, e Rai Tre finirà pure per vincere l’Oscar con “Nuovo cinema Paradiso” di Giuseppe Tornatore in versione rimontata da Franco Cristaldi.
freccero
E ricordo bene che mettemmo gli Oscar d’oro al posto delle virgolette che accompagnavano le annunciatrici quel giorno nei programmi di Rai Tre. Trionfo assoluto per la rete comunista. Comunista poi? Quanto lo erano Giuliano Ferrara e Sandro Parenzo che produceva i suoi programmi. A tutto questo questo flusso continuo di fiction e eccessi di sguardi sulla realtà italiana, Guglielmi mette una specie di occhio magico che tutto vede, digerisce e restituisce in forma critica che è “Blob” di Giusti e Ghezzi, un occhio che deve spiegare allo spettatore cosa è l’Italia e la tv del giorno prima e a sua volta costruire un racconto che viva di vita propria.
donatella raffai paolo guzzanti
Un programma bandiera che non può vivere fuori dall’idea di tv di Guglielmi, come dall’idea di contro-informazione militante che hanno i suoi autori. Chiuso nella prigione-montaggio di Blob non mi rendevo perfettamente conto di quel che Rai Tre stesse producendo nell’immaginario del paese. Ricordo che venne a trovarci Carlo Freccero, allora in Francia, ancora legato a Berlusconi, e ci fece una lezione sull’importanza di “Chi l’ha visto?”.
FABIO FAZIO
Qualcosa era cambiato per sempre e non sarebbe stato facile negli anni né demolire quello che Guglielmi e la sua squadra avevano creato, né far finta che nulla era cambiato. Tutto era cambiato, perché la tv aveva finalmente imposto il suo linguaggio. Che non era quello della Rai dei padri fondatori o dei democristiani più o meno illuminati o dei socialisti.
Quello che saranno i successivi venti, trenta anni di televisione lontano da quell’esperienza, è un’altra storia, dove, se volete, possono anche venire a galla i limiti dell’esperienza di Rai Tre. E Carlo Freccero fu il più bravo di tutti a ricostruire quell’esperienza, prendendone il meglio per progettare una Rai Due di grande livello alla fine degli anni ’90 chiamando a raccolta le Serene Dandini, le Sabine Guzzanti, i Corrado Guzzanti, i Piero Chiambretti, i Fabio Fazio, i Michele Santoro di Rai Tre. Dimostrando che se non c’è un lavoro sul linguaggio televisivo, sulla costruzione di un palinsesto, non ci può essere una rete.
giuliano ferrara foto di bacco (4)
Pur non essendosi mai amati, Guglielmi e Freccero, che sono stati per anni i miei direttori, avevano in comune un percorso critico sulla tv che Guglielmi aveva aperto, e Freccero riuscì a riportare avanti dieci anni dopo con la stessa lucidità malgrado il momento politico fosse completamente diverso.
E malgrado il fatto che Berlusconi, entrato in politica, che aveva fatto smantellare la Rai Tre di Guglielmi negli anni del suo maggior successo, aveva cancellato negli stessi anni anche la rete sperimentale di Carlo Freccero in Mediaset, Italia 1, dove era approdato Giuliano Ferrara, dove si faceva l’anti-Biscardi con Mosca e Herrera e dove venne lanciato clamorosamente il talk politico di Gianfranco Funari.
angelo guglielmi foto di bacco
Un Funari che, poco prima, stava per essere preso in forze proprio da Rai Tre da Guglielmi, che, come Blob insegnava, ne aveva capito in pieno le potenzialità televisive. E ancora mi domando perché Funari non venne preso da Guglielmi, così attento ai nuovi linguaggi della tv. Troppo coatto? Troppo lontano dalla zona Prati-Parioli? Impresentabile a cena con Furio Scarpelli e Barbato? Chissà… Certo, dopo la cacciata di Guglielmi e del suo vice Balassone, per anni Rai Tre non fu più la stessa.
serena dandini
Senza fare la vedova inconsolabile, ce ne erano già a decine, era evidente che non sarebbe stato facile ritornare a quel tipo di libertà e felicità creativa. In qualche modo, e lo penso seriamente, l’arrivo di Berlusconi e delle forze della destra in Rai, ci chiuse in faccia la possibilità di inventare, di sviluppare nuovi programmi, di far crescere culturalmente quelli che stavamo facendo.
Ci fermò nel momento più bello della Rai degli anni ’90. E non fu facile, negli anni di Freccero, riprendere il discorso interrotto (per poi farci chiudere di nuovo nella salamoia del nulla e dell’ovvietà). Anche perché i lamenti della sinistra di Prati orfana di Rai Tre e della direzione Guglielmi erano negativi rispetto a ogni novità o a ogni possibilità di nuove idee originali.
gianfranco funari e francesco cossiga
E, come spesso capita, a volte è meglio tagliare completamente col passato che seguitare con i lamenti, Va detto però che la Rai Tre di Guglielmi, pur senza Guglielmi, è andata avanti fino a oggi, spargendosi su più reti, sviluppandosi anche in programmi nuovi su La7 come “Propaganda Live”, che mischiano il sub-dandinismo alla deriva da tardo-Espresso o da vecchia Prati in cachemire.
Ma credo in tutta onestà che è la rete generalista nel suo complesso, guglielmina o frecceriana o colettiana che sia, a non esistere più negli anni dei social e delle piattaforme, dove il mio Blob me lo faccio a casa con twitter o Instagram o Tik Tok, e i personaggi storici di Rai Tre sono quasi tutti pronti per Techetechete.
GIULIANO FERRARA
Dove contano più i tuoi agenti che le tue idee sulla tv, dove una Raffai e un Santoro non potrebbero mai essere scoperti. Magari, allora, la cosa che più ci lega a quell’ormai vecchio e glorioso modello di tv, cioè dove ritrovare il linguaggio televisivo, sono programmi come “X-Factor” o “The Voice” che Guglielmi non avrebbe mai fatto.
Bruno Voglino
Per fortuna. Alla fine, e lo dico con tristezza, la tv la usiamo, se volete la uso, solo per vedere serie, tv, i tiggì e qualche raro talk con Cacciari e Travaglio usati come fossero Billi e Riva. Si è avverato, insomma, almeno per me, quello che Guglielmi aveva completamente tolto da Rai Tre. L’altro. Quello che non è televisione.
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