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    LA CANNES DEI GIUSTI - ''MONEY MONSTER'' DI JODIE FOSTER CON GEORGE CLOONEY NEI PANNI DI UNA SPECIE DI EVERARDO DELLA NOCE INIZIA BENE E POI DIVENTA UN DISASTRO DI SCENEGGIATURA - MOLTO MEGLIO ''RESTERVERTICAL'' DI ALAN GUIRAUDIE, IN CUI GLI UOMINI SONO TUTTI DECISAMENTE FLUIDI...


     
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    Marco Giusti per Dagospia

     

    Cannes. Sempre il primo giorno. "Dove va il nostro denaro?" si chiede all'inizio del film George Clooney nei panni di Lee Gates, una specie di Everardo Della Noce, star dello show tv sull'economia "Money Monster", che e' poi anche il titolo di questo film diretto da Jodie Foster con non grandissima convinzione.

     

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    La domanda su dove va il nostro denaro e' buona, l'idea del thriller economico contro i mostri della finanza supercorrotti dello stesso Clooney produttore assieme a Grant Heslow, pure, la sceneggiatura del film, scritta a troppe mani da Jim Kouf, Alan Di Fiore e Jamie Linden, un mezzo disastro. Presto la storia va da tutte le parti e del thriller rimane solo la musica sostenuta per non farci addormentare.

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    Peccato perche' l'inizio era buono, con questo tvshow trashione condotto da Clooney in mezzo a due ballerine nere sovrappeso interamente dedicato all'economia. Un giovanotto totalmente di fuori, Jack O'Connell, entra nello studio della diretta e infila un giubbotto pieno di esplosivo al povero presentatore. La produttrice, Patty, interpretata con bella grinta da Julia Roberts, ex fiamma di Clooney, prova a chiudere la diretta, ma il terrorista con tanto di pistola e detonatore in mano vuole che tutti vedano quello che ha da dire.

     

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    Il ragazzo e' tale Kyle Burnett, fino a poco tempo fa bravo ragazzo cresciuto con una mamma da poco morta, che ha visto tutti i suoi averi, 60 mila dollari, andato in fumo per un investimento sbagliato lanciato qualche settimana prima dal programma. In realta' con l'affarre Ibis sono andati in fumo 800 milioni di dollari dei risparmiatori americani. Altro che la Banca Etruria (per quanto...). Kyle vuole giustizia, vuore che l'amministratore delegato della Ibis, Walt Camby, cioe' Dominc West, dica qualcosa.

     

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    Ma e' in viaggio, non si sa dove. Julia Roberts e George Clooney, come avrebbe fatto qualsiasi Bruno Vespa americano lanciano la maxi-diretta per spiegare agli spettatori l'affare Ibis e salvare la pellaccia al suo presentatore e a operatori e tecnici di studio. Parte il thrillerone, il cattivo e' ovviamente il capitalista, come sappiamo da subito. Il film sfora spesso nel ridicolo e non lo salva ne' la polizia capitanata da Giancarlo Esposito ne' il poro Clooney ne' Jodie Foster che ha diretto film piu' ambiziosi. Inutile vederlo a Cannes.

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    Molto, molto, molto meglio il primo film francese in competizione, "Restervertical" di Alain Guiraudie, che avevamo lasciato un paio d'anni fa trionfatore a Un Certain Regard col suo giallo superfrocione "L'inconnu du lac". Al posto del trionfo di pompini e di guardoni su lago tutto omo, qui ci si sposta in una campagna del nord fra pecore e lupi cattivi e la prima scena di sesso e' del tutto etero, con il nostro protagonista nasuto, Leo, interpretato da Damien Bonnard, che si innamora della pecoraia bionda Marie, India Hair. Il grande primo piano sulle intimita' della ragazza, ci aprirebbe a un nuovo corso di Guiraudie.

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    Ma non e' cosi. Malgrado faccia un figlio con Marie, sia Leo che tutti i personaggi maschili del film sono belli fluidi diciamo. Dal padre di Marie, che cerchera' anche di farsi Leo, una volta che la ragazza lo molla perche' lui non vuole vivere con lei, a un vecchio rockettaro della campagna, a un giovane efebo che vuole andare in Australia, allo stesso protagonista Leo. L'idea del restare verticali e' appunto quella del non piegarsi mai a accettare la vita come viene, di seguire i propri desideri e le proprie tendenze, sia che si sia pecore che lupi.

     

    Fin qui ci siamo. Il film ci prende un po' meno de "L'inconnu du lac", che aveva una storia molto piu' forte, anche la regia originale, personalissima di Guiraudie e' ben riconoscibile anche qui e molte scene sono notevoli. A cominciare da quella dove Leo scopa il vecchio rockettaro morente mentre ascolta i Pink Floyd. Nessuno ha il coraggio di mostrare queste cose.

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    Certo, quando in un film abbiamo un regista in crisi che non sa che film scrivere si teme sempre il peggio. Ma la matematica dei rapporti fra i personaggi e tutta la costruzione narrativa e' piuttosto interessante e ogni cosa viene portata a termine. Alla critica italiana, ovviamente, e' piaciuto poco e niente.

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