Marco Giusti per Dagospia
Morto Stalin se ne fa un altro di Armando Iannucci
morto stalin se ne fa un altro
Addavvenìbaffone!!! Oh, finalmente un bel film istruttivo e divertente sulla morte di Stalin e sulla sua successione tra Beria, Krusciov, Malnekov, Molotov, decisamente più cattivi (almeno credo) dei nostri Renzi-D’Alema-Bersani-Pisapia in una Russia violentissima dove per un nonnulla si finiva in Siberia o con una pallottola in testa.
La grande forza di questo Morto Stalin se ne fa un altro (The Death of Stalin), coproduzione franco-anglo-belga diretta da Armando Iannucci, cinquantenne italiano nato in Scozia attivissimo nelle serie inglesi, è tutta in un cast spettacolare e angolofono che va da Steve Buscemi come Krusciov a Simon Russell Bean come Beria, da Jeffrey Tambor come Malnekov a Olga Kurylenko come la pianista Maria Yudina, da Michael Palin come Molotov a Jason Isaacs come generale Zukov, e in un copione decisamente non facile da strutturare, ma alla fine perfettamente funzionante.
morto stalin se ne fa un altro
Copione scritto dallo stesso Iannucci con David Schneider, Ian Martin, Peter Fellows, tratto non da un testo teatrale, ma da una graphic novel fracese di Fabien Nury e Thierry Robin. Ma l’aspetto curioso è che sembra uno di quei grandi film inglesi legati a qualche funerale, molto teatrali, dove si mischia comedy a horror in una sorta di humor noir che noi non sappiamo neanche cosa sia. E le poche volte che ci si prova il pubblico fugge di corsa spaventatissimo, vedi Brutti e cattivi o Omicidio all’italiana.
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In questo caso, però, la base è storia, documentata, dei primi anni ’50 di una Russia ben prima del disgelo, anche se per doveri di drammaturgia parecchio è stato concentrato in tempi più brevi. Ma perfino la grandiosa storia del concerto radiofonico di Chopin con la pianista Maria Yudina, replicato con un nuovo direttore in pigiama e un pubblico preso dalla strada quando Stalin chiese una copia in disco per risentirlo, è vera, è tratta dalle memorie di Shostakovich, vero pure che Maria Yudina, che non era però bella come Olga Kurylenko, chiese parecchi soldi per risuonare il piano e scrisse una lettera piena d’odio diretta a Stalin.
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Nel film, Stalin, Adrian McLoughlin, dopo aver dato il via con Beria a una nuova serie di purghe, che prevede anche l’arresto di Molotov, viene colpito da un infarto appena sente il disco con l’esecuzione radiofonica nella sua dacia e legge la lettera piena di maledizioni della pianista. E da lì parte davvero il film, che vede un cattivissimo e furbissimo Beria proporre la marionetta Malenkov come segretario dell’Urss, contro le mire del più democratico Krusciov, al quale viene ordinato però di organizzare il funerale del dittatore.
E’ proprio durante il funerale, che vedrà la polizia segreta di Beria bloccare totalmente Mosca, mentre l’esercito di Zukov si muove, che si faranno i giochi che porteranno al ben noto disgelo kruscioviano. Ma per arrivarci si dovranno muovere una serie quasi infinita di personaggi piccoli e grandi che vedranno quasis empre in azione il perfido Beria.
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Si va dai figli di Stalin, la triste Svetlana, Andrea Risenborough, alla quale Beria e il padre hanno ucciso l’unico uomo che avesse amato, e Vassily, Rupert Friend, pazzo e alcolizzato che ha provocato la morte di tutta la nazionale di hockey russa, a Paulina, la moglie di Molotov imprigionata nelle celle della polizia segreta da Beria, a una serie di buffi ufficiali, soldati, medici, camerieri. Iannucci sa come muovere i suoi attori, ma se Jeffrey Tambor fa di Malenkov un politico ottuso e vanesia di gran divertimento e Olga Kurylenko ci offre forse la sua miglior prova di attrice, finalmente slegata da ruoli di bellona, sono l’americano Steve Buscemi come Krusciov e l’attore shakespeariano inglese Simon Russell Bean come Beria a dominare totalmente la scena come fossimo in un racconto di Ilf e Petrov. Non lasciatevi ingannare dal titolo un po’ frivolo, è un film da non perdere. Già in sala.
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