Marco Giusti per Dagospia
da 5 bloods
Ogni notte Tornado Norman, il vecchio commilitone che i fratelli hanno lasciato sepolto nella giungla del Vietnam assieme a una cassa di lingotti d'oro di proprietà dell'esercito ma destinati ai vietnamiti, va a trovare Paul.
È qualcosa più di un'ombra o di un fantasma. Diciamo la coscienza nera che spingerà Paul e i suoi fratelli di guerra neri, Otis, Melvin, Eddie, a tornare in Vietnam per recuperare l'oro, riportare i resti di Norman in America ma, soprattutto, capire cosa sia significato il Vietnam e cosa ancora significhi ancora ('le guerre non finiscono mai") per gli afro-americani.
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"Da 5 Bloods - Come fratelli" il joint da 156' diretto da Spike Lee che avrebbe dovuto essere visto in anteprima a Cannes e invece trovate tutti da ieri su Netflix, si serve di una serie di stereotipi, il Vietnam movie, da "Apocalypse Now" a "Rambo", la caccia al tesoro sul modello de "Il tesoro della Sierra Madre", per parlarci costantemente d'altro e fare i conti con la coscienza nera partendo appunto dal Vietnam, guerra non voluta da Martin Luther King e Bobby Seale, passando per Marvin Gaye, per arrivare fino a George Floyd e al movimento del Black Lives Matter.
Spike Lee, al solito, mette troppa carne al fuoco e non tutto funziona, ma anche se molte delle trovate di genere sono troppo telefonate per lo spettatore esperto, e i flashback in Vietnam sembrano diretti da Bruno Mattei, devo dire che la forza del film è nella sua espansione e nel finale di fuoco.
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E se avete l'accortezza di seguire l'evoluzione del personaggio più contraddittorio, il Paul del meraviglioso Delroy Lindo, partito militante nero nel 68 e diventato oggi addirittura trumpiano, avrete la chiave di tutta l'operazione. Che è una rilettura continua e complessa della storia dell'America e delle sue guerre bianche vista dall'ottica del popolo nero che le ha dovute combattere.
Il Vietnam è così una guerra immorale combattuta dal popolo nero alla difesa di diritti che non ha mai avuto. In maniera meno sofisticata del "Django Unchained" di Tarantino, Spike Lee modella i generi e la storia per capire cosa sia l'America non solo nera di oggi e da cosa nasca il suo maggior conflitto interno, quello razziale.
Si serve per questo di un gruppo di attori di grande presenza, Clarke Peters che è Otis, che si scoprirà padre di una figlia mezzo-vietnamita, Norm Lewis che è Eddie, Isiah Whitlock jr che è Melvin, Jonathan Majors che è David, figlio di Paul.
Mettiamoci anche l'ambiguo francese di Jean Reno, la triste francese militante Melanie Thierry e Chadwick Baseman, già Black Panther, che è Tornado Norman, l'eroe puro della banda dei fratelli che è rimasto nella giungla.
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Anche se non mi esalterei come hanno fatto i critici americani, "Da 5 Bloods" è un film magari non sempre controllato, ma pieno di idee e di una forza che gli viene sia dall'evoluzione di Spike Lee dopo il riuscitissimo "The Blackkksman" sia dai terribili eventi di questi giorni. Il cappellino alla Donald Trump di Paul fa il resto.
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