Fabio Albanese per “la Stampa”
Dieci anni e tre mesi in carcere. E un calvario giudiziario di 17 anni finito solo adesso. Mirko Turco non aveva ancora 18 anni quando fu accusato prima dell’omicidio di un ragazzino di 16 anni e poi di quello di un commerciante di 67, entrambi avvenuti nella sua città, Gela. Gli diedero due ergastoli, fini nel carcere Dozza di Bologna dove restò dall’agosto del 1998 fino al novembre del 2008. Quegli omicidi però non li aveva compiuti lui e i veri responsabili sono già in carcere da tempo, condannati.
MIRKO TURCO
Ma «la fine dell’incubo», come la definisce uno dei suoi avvocati, Flavio Sinatra, è arrivata solo ora che la procura generale di Messina ha fatto scadere i termini per il ricorso in Cassazione e dunque la sentenza di assoluzione nel processo di revisione, pronunciata lo scorso marzo, è divenuta definitiva: «La mia vita comincia oggi - sono le parole di Turco che oggi ha 35 anni, si è sposato, ha due figlie e gestisce un autolavaggio a Gela - Non ho finito mai di sperare, non mi sono mai lasciato prendere dalla depressione, mai pensato al suicidio, c’era in me la forza dell’innocenza e la convinzione che prima o poi la verità sarebbe venuta a galla».
Indagini sbagliate
MIRKO TURCO
Ma ci sono voluti 17 anni. L’11 agosto del 1998 in un canneto vicino al lungomare di Gela fu trovato il corpo carbonizzato di un ragazzino di 16 anni, Fortunato Belladonna. Gli investigatori accertarono che era stato torturato e poi strangolato, infine arso ancora vivo. Era un «cane sciolto», un ragazzo di malavita cresciuto troppo in fretta nei quartieri malfamati di Gela. Il 23 maggio di quell’anno, sempre a Gela, due killer avevano assassinato un salumiere di 67 anni, Orazio Sciascio, che si era rifiutato di pagare il pizzo perchè avendo due figli carabinieri si riteneva al sicuro da rappresaglie. La mafia gelese ritenne, erroneamente, che ad uccidere Sciascio fosse stato il sedicenne Belladonna e per questo dopo averlo interrogato lo aveva ucciso. Erano anni in cui a Gela si sparava e si uccideva per un nulla.
Piste diverse
Sui delitti cominciarono a indagare, ma separatamente, polizia e carabinieri, che seguirono piste diverse. Quella dei carabinieri arrivò fino a Turco e a quello che loro ritenevano il mandante, Rosario Trubia. La vedova del commerciante riconobbe Turco, cinque pentiti dissero di aver saputo in carcere che era stato lui. Fu arrestato, condannato prima per un delitto poi per l’altro: due ergastoli. Ma lui, pur avendo vissuto in un quartiere di Gela che si chiama Bronx e avere avuto qualche guaio con la giustizia, ha continuato a protestarsi innocente per quei due delitti.
CARCERE DELLA DOZZA BOLOGNA
Fino a quando non sono arrivati altri pentiti, sette, che lo hanno scagionato e che hanno consentito ai pm di mezza Sicilia, prima Caltanissetta poi Catania infine Messina, di fare una nuova ricostruzione dei fatti: «Grazie a quei collaboratori di giustizia - dice l’avvocato Sinatra - hanno finalmente rivalutato le prove a discolpa che avevamo portato noi».
GELA
Prima, però, ci sono voluti i processi che hanno condannato i veri responsabili dei due delitti e poi i due processi di revisione, uno finito nel 2012 per il delitto del salumiere e l’altro finito adesso per quello del sedicenne, per mettere la parola fine a questa storia, anche se Mirko Turco era già stato scarcerato nel 2008: «Abbiamo già chiesto l’indennizzo per errore giudiziario per il primo delitto - dice l’avvocato - valuteremo adesso se farlo anche per quest’altro».