Davide Frattini per il "Corriere della Sera"
naftali bennett
Sei giornali, sei interviste. L'Iran, la nuova destra, il rapporto (burrascoso) con Benjamin Netanyahu, l'emergenza Covid che non finisce, le prospettive per il suo governo dopo sette mesi e mezzo. Venerdì mattina gli abitanti dell'incrocio tra via Ahad Ha' am e via Tsifman hanno sfogliato le edizioni del fine settimana e non hanno trovato l'unica notizia che stavano cercando. O meglio: hanno letto la conferma di quello che temevano. Così hanno alzato gli occhi al cielo e alle telecamere che ormai ramificano dagli alberi sui vialetti, si sono preparati a uscire muniti di carta d'identità e pazienza.
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Perché da queste parti vive Naftali Bennett e da quando è diventato primo ministro la tranquillità del quartiere a Ra' anana è stata spezzata dalle barriere di metallo tirate su dai servizi segreti, il buio della notte illuminato dai fari sempre accesi sulle villette. La situazione avrebbe dovuto essere temporanea.
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Bennett aveva assicurato di stare aspettando la fine dei lavori nella residenza a Gerusalemme, dove i Netanyahu hanno vissuto per una dozzina d'anni. In pochi ci credevano e dalle interviste è arrivato il riscontro: il primo ministro ha intenzione di passare nelle stanze ufficiali al massimo 2-3 giorni alla settimana. Da solo. La moglie Gilat, chef pasticciera, non ha nessuna voglia di assumere il ruolo di first lady.
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E il premier - pur da capo del partito che difende le colonie costruite in Cisgiordania tra i palestinesi - ha sempre amato questa cittadina a nord di Tel Aviv dove gran parte della popolazione è composta da immigrati anglofoni (come i suoi genitori) e imprenditori dell'hi-tech (non tutti milionari come lui). Con i Bennett restano i muri anti-esplosivo: l'opposizione calcola che il sistema di sicurezza allestito nella zona è costato almeno 4,5 milioni di dollari. I vicini si sono rivolti alla Corte Suprema, chiedono di imporre alla famiglia il trasloco in via Balfour «come è tradizione per il primo ministro da oltre 70 anni».
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Denunciano di essere diventati «prigionieri» in casa propria, costretti a comunicare in anticipo agli agenti i nomi di qualunque ospite debba andare a trovarli. Il sindaco Chaim Broyde sostiene la campagna e fa notare che da Gerusalemme si sono spostate a Ra' anana anche le proteste settimanali contro il primo ministro. A parti invertite: adesso sono i sostenitori di Netanyahu a darsi appuntamento con i campanacci, le sirene, gli slogan urlati al megafono per rovinare le cene del sabato sera a Bennett. E a tutto il quartiere.
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