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    GLI ANTICORPI MONOCLONALI POSSONO ESSERE UNA CURA PER IL COVID? PARLA CLAUDIA DISI, LA PRIMA ITALIANA CURATA ALLO SPALLANZANI CON QUESTA TERAPIA SPERIMENTALE: “È BASTATA UNA FLEBO” - IL RECUPERO È STATO TALMENTE IMMEDIATO E COMPLETO CHE POCHI GIORNI DOPO ERA GIÀ A CASA CON LA SUA FAMIGLIA. ALLA DONNA È STATO SOMMINISTRATO UN COCKTAIL DI ANTICORPI MONOCLONALI, QUELLO DI REGENERON, LO STESSO CHE GUARÌ DONALD TRUMP…


     
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    Da leggo.it

     

    GLI ANTICORPI MONOCLONALI CLAUDIA DISI GLI ANTICORPI MONOCLONALI CLAUDIA DISI

    Gli anticorpi monoclonali potrebbero essere la cura per il Covid-19. La prima italiana a cui sono stati somministrati è Claudia Disi, un'insegnante di 54 anni ricoverata allo Spallanzani con una febbre che sembrava non scendere mai. Il giorno della vigilia di Natale le è stata fatta la flebo di anticorpi e il recupero è stato talmente immediato e completo che a Capodanno la donna era già a casa con la sua famiglia.

     

    Come riporta Mauro Evangelisti de Il Messaggero alla donna è stato somministrato un cocktail di anticorpi monoclonali, quello di Regeneron, lo stesso che guarì Donald Trump. Claudia era in ospedale da 45 giorni, così i medici hanno deciso di provare su di lei la nuova cura che si è rivelata essere più che efficace. La Disi ha voluto ringraziare tutto il personale dello Spallanzani che si è presa cura di lei.

     

    «Ho avuto paura, non lo nascondo: questo virus maledetto incute terrore nonostante voi, uomini e donne di scienza, lo abbiate sufficientemente identificato e parzialmente snidato», ha scritto la donna in una lettera: «Non potrò dimenticare Andrea, l’operatore che per primo si prese cura di me quando, in lacrime, la sera del 13 novembre, salutai mio marito e mio figlio e presi possesso del mio letto, il numero 14 (poi diventato 5).

     

    GLI ANTICORPI MONOCLONALI GLI ANTICORPI MONOCLONALI

    E come non citare tutte le infermiere: instancabili, professionali e sempre con il sorriso. Sapete quale è stato, per giorni, il mio cruccio più grande? Quello di temere che, una volta uscita da qui, nel caso avessi incontrato uno di voi, non avrei mai potuto riconoscerne le fattezze. Fa venire questi pensieri la bestia Covid. Perché ci costringe a vivere mascherati, come astronauti».

     

     

     

    Claudia racconta cosa ha vissuto in quei giorni. La 54enne è affetta da sclerosi multipla, per questo prende farmaci che le abbassano le difese immunitare. Quando si è ammalata il medico curante ha voluto tenerla a casa temendo che in pronto soccorso si sarebbe esposta anche ad altre malattie. La febbre però non scendeva ed era sempre sui 39,5 gradi, così alla fine, dopo tre settimane, il ricovero in ospedale è stato inevitabile per poterle salvare la vita. Allo Spallanzani le hanno dato l'ossigeno, le hanno fatto diversi test non capendo perché la febbre continuava a non scendere. Alla fine i medici hanno capito che c'era ancora il virus nei suoi polmoni nonostante ormai fosse negativa e così le hanno somministrato la terapia con anticorpi monoclonali.

     

     

     

    GLI ANTICORPI MONOCLONALI GLI ANTICORPI MONOCLONALI

    Si tratta di una cura che non è stata autorizzata dall’agenzia del farmaco, così i vertici dello Spallanzani hanno chiesto una fornitura, per uso compassionevole, ai produttori americani e il farmaco Regeneron è stato inviato dagli Usa. Si tratta di due farmaci che vengono messi in una flebo che viene somministrata per circa 2 ore: «Tutto è successo il 24 dicembre, per me è stato un regalo di Natale. Ho dovuto firmare una liberatoria, perché si trattava di un farmaco sperimentale, ma non ho avuto dubbi. E non ho avuto paura».

     

     

     

    Claudia si è ripresa immediatamente dopo la cura. I medici hanno preferito monitorarla per una settimana in cui la 54enne afferma di essersi sentita veramente bene. Dopo 7 giorni è stata dimessa ed è tornata a casa dove ha potuto festeggiare il compleanno insieme al marito e al figlio di 18 anni, ma ancora oggi ringrazia tutto il personale dello Spallanzani: «medici e infermieri, straordinari, non possiamo dimenticarli, danno davvero l’anima».

    CLAUDIA DISI CLAUDIA DISI

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