ENRICO CURRO' per repubblica.it
calciatori depressi
I campioni del calcio senza problemi economici, adesso e nel futuro a medio-lungo termine, sono davvero pochi: "Soltanto l'1%. Per tutti gli altri l'indipendenza economica non è affatto una certezza. L'opinione pubblica ha una percezione inesatta della situazione dei calciatori professionisti".
A parlare è il dottor Vincent Gouttebarge, capo della divisione medica della Fifpro, il sindacato mondiale dei calciatori. Ed è lui a lanciare l'allarme sulla condizione psicologica dei giocatori e delle giocatrici di calcio, durante l'attuale pandemia. Per la grande maggioranza si profila lo spettro del precariato, se non della disoccupazione. Così lo stato d'animo comune, oggi, è diventato l'angoscia, se non la depressione. E il numero dei depressi o degli ansiosi è in costante aumento proprio perché la preoccupazione per il futuro lavorativo è sempre più grave, da quando le misure per ridurre la diffusione del coronavirus hanno causato la sospensione dell'attività del calcio professionistico.
Lo rivela l'indagine condotta dalla Fifpro e dal settore medico dell'università di Amsterdam. La percentuale dei calciatori professionisti depressi è addirittura raddoppiata, dopo lo scoppio della pandemia. Il sondaggio, svolto tra il 22 marzo e il 14 aprile, fa riferimento a un campione consistente di intervistati. Fifpro e le associazioni nazionali dei calciatori affiliati hanno contattato 1.602 calciatori e calciatrici professionisti, in 16 Paesi che hanno attuato misure drastiche per contenere la diffusione del coronavirus, a cominciare da quella più spiazzante per uno sportivo professionista: la lunga clausura domestica.
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Il sondaggio era rigorosamente anonimo, in modalità digitale. Hanno partecipato all'indagine 1.134 calciatori, con un'età media di 26 anni, e 468 calciatrici, con un'età media di 23 anni: tutti giocano in squadre di Prima o di Seconda divisione. Il 22% delle donne e il 13% degli uomini hanno riportato sintomi che i medici ritengono coerenti con una diagnosi di depressione. Il 18% delle donne e il 16% degli uomini hanno riferito invece sintomi coerenti con una diagnosi di ansia generalizzata.
La differente percentuale per sessi è fisiologica: nella maggior parte delle ricerche scientifiche, infatti, un numero maggiore di donne, rispetto agli uomini, riferisce sintomi di depressione e ansia: "E' ancora più fisiologico in uno sport come il calcio, che ha un retaggio prevalentemente maschile", sottolinea Gouttebarge. Ma il dato nuovo e comune a calciatori e calciatrici, durante l'attuale emergenza, non fa distinzioni di genere: è l'angoscia per il futuro. La percentuale di ansiosi/e o depressi/e è significativamente alta: "E' verosimile che i pochi che non hanno pensieri legati allo stipendio, e che certamente figurano tra gli intervistati, non siano depressi, anche se l'anonimato del sondaggio non lo rileva".
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Un'indagine specifica, svolta in dicembre e in gennaio su 307 giocatori e giocatrici con un'età media simile a quella del nuovo sondaggio, aveva dato risultati ben diversi: prima della sospensione della maggior parte delle competizioni calcistiche, soltanto l'11% delle calciatrici e il 6% dei calciatori riportava sintomi di depressione. "Queste cifre dimostrano che c'è stato un forte aumento dei sintomi di ansia e depressione tra le atlete e gli atleti professionisti del calcio, a causa del coronavirus. Temo che il fenomeno non sia limitato al calcio, ma che valga per tutti i settori della società, che si trova ad affrontare un'emergenza senza precedenti", è la chiosa del capo del settore medico della Fifpro.
Un problema mondiale
La questione è in effetti globale. I giocatori sono stati intervistati in 16 Paesi di 4 continenti: Australia, Belgio, Botswana, Danimarca, Inghilterra, Finlandia, Francia, Irlanda, Malta, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Norvegia, Scozia, Sudafrica, Svizzera e Stati Uniti. La diagnosi di Gouttebarge è lucida: "Nel calcio, improvvisamente, i giovani atleti, uomini e donne, devono affrontare l'isolamento sociale, la sospensione della loro vita lavorativa e i dubbi sul loro futuro. Alcuni potrebbero non essere ben equipaggiati per affrontare questi cambiamenti. Li incoraggiamo perciò a chiedere aiuto a una persona di cui si fidano o a un professionista della salute mentale".
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Il ricorso agli psicologi è il suggerimento, anche se il 75% dei giocatori intervistati ha dichiarato di avere accesso a risorse e supporto sufficienti per la propria salute mentale. La maggior parte delle associazioni dei 16 Paesi campione fornisce un supporto psicologico, un numero verde telefonico e l'accesso a consulenti professionisti. Fin dai primi giorni della pandemia, la Fifpro e le associazioni nazionali hanno fornito consigli specifici, ricorda Gouttebarge: "È confortante che la maggior parte degli intervistati sappia a chi rivolgersi se ha problemi psicologici.
Questo dimostra che il calcio professionistico è più che mai consapevole dell'importanza della salute mentale". Precedenti ricerche della Fifrpro avevano rilevato come i calciatori, malgrado la loro apparente condizione di privilegiati e di giovani in perfetta forma, siano ugualmente vittime di problemi psicologici, che li assimilano alla popolazione in generale. Ora Fifpro sta accentuando l'intervento sul tema: un kit di strumenti per la salute mentale alle 65 associazioni affiliate, per fornire cure primarie di base in caso di necessità di assistenza, verrà distribuito nei prossimi mesi.
L'appello di Chiellini
chiellini
Il segretario generale della Fifpro, Jonas Baer-Hoffmann, non ha nascosto l'allarme e ha invitato club e leghe a trovare accordi collettivi con le associazioni nazionali dei calciatori, per tutelare il posto di lavoro e lo stipendio degli atleti: "Queste nuove cifre sono estremamente preoccupanti e il nostro cuore va a tutti i giocatori in difficoltà. Ci incoraggia l'enorme lavoro che le nostre associazioni stanno facendo, per richiamare l'attenzione sul problema. Questi risultati sottolineano anche quanto sia importante che tutti i soggetti attivi del calcio lavorino insieme, in questi tempi incerti, stipulando contratti collettivi che mantengano la stabilità sociale, per alleviare la pressione di tutti i dipendenti del settore, compresi i giocatori".
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Il capitano della Juventus, Giorgio Chiellini, e il difensore dell'Olympique Lyon femminile, Lucy Bronze, entrambi rappresentanti del Fifpro Global Player Council, hanno esortato i loro colleghi calciatori professionisti a sostenersi a vicenda durante la pandemia. L'appello di Chiellini è alla solidarietà: "E' molto importante che i giocatori di calcio, come le famiglie e le altre comunità, si prendano cura l'uno dell'altro, durante questo difficile periodo, rimanendo in contatto via telefono o con videochiamate: restate in contatto con i vostri compagni di squadra, soprattutto se pensate che possano essere depressi o in ansia. Manteniamo forte lo spirito di squadra anche quando non c'è il calcio giocato".
Lucy Bronze ha toccato il tasto della precarietà lavorativa: "E' un periodo preoccupante per tutti, in termini di sicurezza del lavoro, molti calciatori sono in una posizione precaria. Se hanno problemi psicologici o di lavoro, ne parlino con una persona di cui si fidano o con un professionista. È importante non tenere i sentimenti imbottigliati. Condividerli con qualcuno è la forma più importante di aiuto che si può dare a se stessi in questa fase così complicata"
GIORGIO CHIELLINI 1 chiellini