Alessandro Bocci per il “Corriere della Sera”
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Sarà un'estate di riflessioni per Roberto Mancini. E anche di decisioni. Servirà anticipare il lavoro di sintesi tra la squadra dei Campioni d'Europa e quella sperimentale, che ha fornito qualche buona risposta, ma è stata umiliata dalla Germania. Che la ripartenza sarebbe stata complicata lo avevamo messo in conto. Ma, in attesa di riportare la chiesa azzurra al centro del villaggio, certe brutte figure andrebbero evitate. L'imbarcata contro i tedeschi è stata anche il tema di una lunga telefonata tra l'allenatore e il presidente Gravina.
Mancini, all'ultima fatica, ha preteso troppo: voleva una squadra dominante e ha finito per essere dominato. Troppo fragile il centrocampo, inesistente il tridente in miniatura anche se Gnonto ha segnato il gol più giovane della storia azzurra. Un errore di presunzione. Il c.t. ha scelto la squadra che ha battuto l'Ungheria, ma quando il livello si alza l'equilibrio non può mancare. All'andata contro i tedeschi e in Inghilterra il tridente era stato opportunamente rivisitato con uno o due centrocampisti. Forse, alla quinta partita in 14 giorni, come neppure a un Mondiale, sono mancate le forze, fisiche e nervose.
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A settembre, nelle ultime due sfide di Nations, serve l'Italia vera perché possiamo ancora vincere il girone ma soprattutto dobbiamo evitare la retrocessione nella Lega B con conseguenze gravi per l'immagine, le casse federali e il sorteggio ai gironi europei. L'allenatore dovrà recuperare Bonucci, Verratti, Berardi, Immobile e, in attesa di Chiesa, forse Jorginho, da mettere insieme alle anime del rinnovamento, Tonali e Lorenzo Pellegrini. Perché in questa finestra di espiazione qualcosa di buono si è visto. Anche il coraggio di lanciare i giovani, che però hanno bisogno di tempo. I problemi sono tanti, trovare l'erede di Chiellini e il solito tarlo del centravanti. «Nascerà una squadra che tornerà qui a dominare», ha promesso Mancio uscendo dal Borussia Park. Intanto ci accontenteremmo di evitare altre notti così disperanti.
2 - L'EREDITÀ DI CHIELLINI E UN VERO NUMERO NOVE SCOMMESSE DELL'ITALIA
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Guglielmo Buccheri per “la Stampa”
Nella notte di Moenchengladbach, qualche clacson e molte bandiere. La Germania non era mai riuscita a superarci, nei 90', quando la sfida con gli azzurri era inserita nel cammino dei Mondiali, degli Europei e della Nations League: c'è riuscita al Borussia Park e, per i tedeschi, è motivo d'orgoglio e sussulto. Noi ce ne torniamo a casa con il bilancio di due settimane mai così intense per la nostra Nazionale, cinque gare, di fatto una ogni tre giorni: il bicchiere è pieno o senza acqua?
L'Argentina, prima sfida della serie, non può fare testo perché, in campo, sono andati, giustamente, i campioni d'Europa, un po' stanchi, un po' acciaccati. E il verdetto è stato impietoso: Messi e Di Maria sugli scudi, azzurri al tappeto. Dalla Finalissima di Wembley a l'altra sera, ecco le note liete o la matita rossa.
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L'Italia sperimentale messa in piedi dal ct Roberto Mancini nei duelli con la Germania (andata e ritorno), l'Ungheria e l'Inghilterra per il girone di Nations League ha mostrato due nervi scoperti su tutti: l'eredità di Chiellini e le punte spuntate o inadatte al gioco del Mancio. Chiellini ha detto basta ed è volato a Los Angeles investendo del ruolo l'interista Bastoni, ma il punto è che Bastoni sembra aver imboccato una parabola discendente quando si tratta di cose nazionali: timido, a tratti timoroso, ed ingenuo è stato il suo atteggiamento in questa finestra di giugno. Nessuna bocciatura, ma una involuzione preoccupante nel momento in cui avrebbe dovuto dar peso al testimone che lo stesso Chiellini gli ha pubblicamente passato.
Dietro, o accanto, a Bastoni c'è poca luce: il romanista Gianluca Mancini non fa progressi, il laziale Acerbi è oltre i trent' anni e l'altro biancoceleste Luiz Felipe può essere considerato per l'emergenza. Così non ci resta che augurare lunga carriera al veterano Bonucci e sperare che il Gatti visto nella tana degli inglesi a Wolverhampton sia l'annuncio di qualcosa di più grande.
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Buttando la palla il più lontano possibile, le nostre punte fanno fatica a trattenerla. Immobile non c'era in queste cinque fatiche perché infortunato, Belotti sì, ma nessuno se ne è accorto: il ballottaggio tra i due cominciato nel maggio del 2018 si può considerare chiuso. E, allora? Sotto con Scamacca, ma Scamacca deve darsi una scossa: nel dialogo con i compagni è vivo, nelle conclusioni verso la porta non pervenuto così come nei movimenti nel cuore dell'area di rigore. Il vivace Raspadori lo è nelle partite meno adrenaliniche per tradizione, quando l'asticella si alza si perde.
All'orizzonte avanza la sagoma, non banale, del granata Pellegri perché di lui Mancini ha stima e aspetta solo che il ventenne Pietro si metta a giocare con regolarità. Stima, il ct, nutre anche per Pinamonti, chiamato a fine maggio e tornato a casa per colpa dei guai fisici.
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Chiellini è già rimpianto, in attacco serve una svolta. E, altrove? Sulle fasce, in difesa, poche sono le alternative. A sinistra uno Spinazzola al 60 per cento vale di più della possibile concorrenza di Emerson o Biraghi, con il solo Dimarco ad avanzare una candidatura credibile. A destra, oltre Di Lorenzo e Florenzi, il vuoto perché Calabria non ha il passo per prendersi la scena.
L'Italia in mezzo al campo sta bene, a patto di non dimenticarsi di Verratti e Jorginho, anche se quest' ultimo, seppur unico nel suo modo di gestire il pallone, è insidiato da Cristante o dai giovanissimi Ricci, Esposito e Scalvini, tutti e tre debuttanti in queste ore. Sulle ali, l'attesa è per il ritorno di Chiesa e la speranza è che Berardi stia lontano dall'infermeria: Insigne uscirà dai radar, Bernardeschi anche, Politano non ci è mai entrato.
roberto mancini by macondo MANCINI GNONTO
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