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    ILVA, COME SI SALVANO CAPRA E CAVOLI? - GLI ESPERTI SONO A LAVORO PER CONVINCERE ARCELOR MITTAL CHE PUÒ CONTINUARE AD OPERARE A TARANTO E A REALIZZARE GLI INTERVENTI PREVISTI NEL PIANO AMBIENTALE SENZA CHE I SUOI MANAGER RISCHINO LA GALERA A OGNI ESPOSTO-DENUNCIA DI UN QUALUNQUE COMITATO DI CITTADINI E AMBIENTALISTI - ALLO STESSO TEMPO BISOGNA EVITARE CHE I CINQUESTELLE PERDANO LA FACCIA…


     
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    Giusy Franzese per “il Messaggero”

     

    OPERAI ARCELOR MITTAL OPERAI ARCELOR MITTAL

    Si tratta, praticamente a oltranza. Sono frequenti e costanti i contatti in queste ore tra gli esperti legislativi del Mise e il team di giuristi al servizio di ArcelorMittal. Il 4 luglio ci sarà il faccia a faccia tra il vicepremier nonché ministro dello Sviluppo, Luigi Di Maio, e i top manager italiani ed europei del colosso franco indiano che da novembre scorso, in forza di una gara vinta e di un successivo contratto firmato con il governo, sta gestendo gli impianti ex Ilva.

     

    L'obiettivo è fare in modo che tra cinque giorni, al momento dell'incontro ufficiale, entrambe le parti possano avere in mano qualcosa per uscire dall'impasse che si è venuta a creare con lo stop all'immunità penale (scatterà dal sei settembre) contenuto nel decreto Crescita definitivamente convertito in legge.

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    Gli esperti se non proprio una soluzione, devono individuare almeno una strada che porti fuori dal labirinto e che sia in grado di convincere la multinazionale che può continuare ad operare a Taranto e a realizzare gli interventi previsti nel piano ambientale senza che i suoi manager rischino la galera a ogni esposto denuncia di un qualunque comitato di cittadini e/ambientalisti, e contemporaneamente convinca anche Di Maio e la squadra pentastellata che non perderanno la faccia. Non sarà facile.

     

    UNA NUOVA NORMA

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    L'ordine del giorno approvato con il decreto che impegna il governo a «verificare la coerenza» della nuova norma con gli accordi firmati, non serve a molto, se non come segnale politico che arriva dall'altra faccia della maggioranza, quella leghista. Perché è vero che in quegli accordi, nella premessa, c'è l'esplicito riferimento all'immunità penale, ma è anche vero che attualmente pende davanti alla Corte Costituzionale il quesito sollevato dal Gip di Taranto che mette in discussione proprio la legittimità di quegli accordi e del parere dell'Avvocatura dello Stato che proroga dal 2019 al 2023 l'immunità.

     

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    La sentenza è prevista per ottobre. Ma è evidente sin da ora che, se la Consulta dovesse dichiarare illegittima la proroga, non sarà certo un nuovo parere dell'Avvocatura dello Stato o una norma interpretativa a rappresentare la soluzione. «Ci chiedono l'immunità totale dagli incidenti sul lavoro nell'Ilva o dai danni ambientali o alla salute. Loro non possono pagare per gli errori del passato ma è un'immunità che la Consulta avrebbe considerato incostituzionale molto probabilmente, non si può affrontare» ha detto ieri Di Maio.

     

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    Sullo strumento comunque c'è poco da discutere: solo un nuovo intervento legislativo può garantire ArcelorMittal e scongiurare la minacciata chiusura. Il problema è che cosa mettere dentro la nuova norma. Si ragiona su tutele legali graduali che vadano di pari passo con gli interventi previsti dall'attuazione dell'Autorizzazione integrata ambientale. Resterebbe esclusa qualunque garanzia legale relativa alla tutela della salute, dell'incolumità pubblica e di sicurezza del lavoro.

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