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    GLI ITALIANI A LONDRA? SONO SEMPRE DI PIU’ QUELLI CHE FINISCONO IN STRADA FRA I SENZATETTO - SECONDO IL RAPPORTO MIGRANTES, I CONNAZIONALI CHE ABBANDONANO IL PAESE SONO IN AUMENTO- LA REALTÀ PERÒ È DIVERSA DA QUANTO DICE LA RETORICA IMMIGRAZIONISTA: MOLTI DI LORO SI RITROVANO A VIVERE AI MARGINI…


     
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    Adriano Scianca per la Verità

     

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    Secondo certi commentatori, il saldo tra emigrazione italiana all' estero e immigrazione straniera in Italia finisce in pareggio e, sostanzialmente, a lieto fine: se ne vanno circa 5 milioni di connazionali, ma per fortuna abbiamo più o meno lo stesso numero di nuovi arrivi, quindi siamo a posto così, no? In realtà, basta ragionarci su un po' e, a meno che non si abbia una visione puramente ragionieristica di cosa sia un popolo, si capisce facilmente come il problema si raddoppi, anziché scomparire.

     

    C' è ancor meno da stare allegri se vediamo i dati che emergono dal rapporto Migrantes 2018 sugli italiani all' estero presentato ieri. Da cui risulta che la mobilità degli italiani verso l' estero è aumentata del 64,7% passando dai poco più di 3,1 milioni di iscritti nel 2006 agli oltre 5,1 milioni del 2018 (+2,7% sul 2017).

     

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    Tra i dati più inquietanti, va segnalata una tendenza crescente a lasciare il Belpaese anche in età avanzata. Tra coloro che sono partiti nel 2017, il 37,4% ha tra i 18 e i 34 anni, un quarto ha tra i 35 e i 49, ma si registra anche una crescita del 20,7% nella classe 50-64 anni, del 35,3% nella classe 65-74, del 49,8% in quella tra 75 e 84 anni e del 78,6% tra gli over 85. Tra questi, molti saranno sicuramente i «migranti previdenziali», cioè coloro che vanno a godersi la pensione in paradisi tropicali, o anche in Paesi europei con regimi fiscali meno opprimenti, ma il sospetto è che molti italiani stiano sperimentando le delizie della precarietà e della necessità di reinventarsi una vita anche in piena maturità inoltrata.

     

    Ma il quadro è ancor più fosco se pensiamo che, probabilmente, i numeri reali dell' emigrazione sono ancora più ampi. Già in passato, sulla Verità avevamo citato i dati esposti in un libricino dal titolo Quelli che se ne vanno, scritto da un sociologo della Sapienza, Enrico Pugliese, per Il Mulino. Ebbene, l' autore spiegava che l' Istat registra solo chi trasferisce la residenza e non gli italiani che se ne vanno rimanendo iscritti all' anagrafe del loro Comune.

    Nei cinque anni che vanno dal 2012 al 2016, per esempio, l' istituto di statistica ha contato poco più di 60.000 italiani diretti in Germania. Tuttavia, all' ufficio statistico federale tedesco, ne risultavano quattro volte e mezzo di più, per la precisione 274.000 italiani.

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    Il punto è che, mentre in Italia non si è obbligati a dichiarare l' espatrio, a Berlino, per poter svolgere un lavoro o affittare una casa, è necessaria l' iscrizione all' ufficio comunale. Allo stesso modo, nel 2015 risultavano partiti per la Gran Bretagna poco meno di 40.000 italiani. Peccato che agli inglesi ne risultassero arrivati quasi 160.000.

    Non sappiamo se tutti i dati in proposito vadano sempre moltiplicati per quattro, ma certo, in generale, il quadro non è roseo.

     

    Anche perché, se continuiamo a far andare via gli italiani e continuiamo a far entrare immigrati, quello della sostituzione di popolo non sarà più un incubo, ma una solida realtà, come diceva quella pubblicità.

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    Eppure non cessiamo di vedere certi giornali e certi siti che pubblicano senza sosta storie a lieto fine di ricercatori sottopagati nelle disastrate strutture italiane e che, una volta varcato il confine, diventano luminari acclamati e ricoperti d' oro. Perché migrare è bello, migrare è giusto, migrare è sano. «Tu migrerai», è il primo comandamento del nuovo decalogo.

     

    Anche perché qui c' è il Medioevo, sono tutti razzisti e omofobi, all' estero sono aperti, e hanno pure le piste ciclabili.

     

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    Eppure, sono sempre più le storie di emigrazione italiana prive di lieto fine.

    «Sulla base dell' esperienza che abbiamo», ha dichiarato a Redattore sociale il console generale a Londra, Marco Villani, «c' è stato un incremento dei senzatetto così come c' è stato un incremento dei connazionali ricoverati nei centri di salute mentale». Nello specifico, sono almeno 126 gli italiani che vivono in povertà estrema a Londra. La nazionalità italiana è al quarto posto tra quelle europee presenti nella capitale inglese tra i senza dimora.

     

    Tra di loro, persone con problemi di alcol, droga o salute mentale.

    Tra il 2010 e il 2017, 422 cittadini italiani sono stati inoltre portati in centri di detenzione per immigrati irregolari in Australia. E così via. Ma le storie dei barboni italiani a Londra o quelle dei nostri clandestini in Australia non le racconta nessuno, dato che la cosa rovinerebbe l' idillio.

     

    La verità è che, pur con tutti i dovuti distinguo, la nostra emigrazione replica, su un altro livello, le stesse dinamiche sradicanti che si verificano per coloro che arrivano sulle nostre coste dall' Africa e dall' Asia.

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    Il sogno non sempre si rivela tale, i difetti della madrepatria, amplificati a dismisura dalla solita propaganda anti nazionale, si ritrovano spesso anche oltre confine e l' assenza di radici e riferimenti crea precarietà esistenziale. Ma non ditelo ai propalatori di favole globaliste.

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