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    GLI SCIENZIATI FRENANO SULLA RIAPERTURA DELLA LOMBARDIA: “ATTENZIONE, I RISCHI DI QUESTA CORSA FOLLE VERSO LA NORMALITÀ SONO ALTISSIMI’ - RESTANO POTENZIALMENTE INFETTIVI 25 ABITANTI SU 10 MILA (LA MEDIA ITALIANA È 9,2) - TRA DOMANI E VENERDÌ L'ARRIVO DEL PARERE DECISIVO. L'APPELLO AL GOVERNO DI BEPPE SALA: “SE NON SI DOVESSE RIPARTIRE, CE LO SPIEGHINO. MA NON CE LO POSSONO DIRE IL GIORNO PRIMA”


     
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    Fiorenza Sarzanini per il “Corriere della Sera”

     

    Il 3 giugno si avvicina, con tutte le speranze e le paure che una data tanto attesa porta con sé. Quel giorno, stando al decreto legge che ha accompagnato l' ultimo Dpcm del presidente Giuseppe Conte, cadrà la limitazione agli spostamenti tra regioni: sempre che i dati del monitoraggio del ministero della Salute non impongano altre restrizioni. La regione in bilico è ancora la Lombardia, l' unica che rischia davvero di non poter riaprire i suoi confini.

     

    Il sindaco di Milano, Beppe Sala, sente la pressione dei cittadini e del mondo produttivo e si appella al governo: «Non ce lo dicano il giorno prima se non si dovesse riaprire, cosa che non mi auguro. Non ce lo facciano cadere dall' alto ma ce lo spieghino, perché sì o no». La questione è da giorni sul tavolo del Comitato tecnico-scientifico, che tra domani e venerdì dovrà fornire un parere per mettere il governo in condizione di assumere le decisioni politiche. Gli esperti del Cts sono molto preoccupati e orientati a frenare.

     

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    «Attenzione, i rischi di questa corsa folle verso la normalità sono altissimi - ragionano gli scienziati -. Se la circolazione riparte, la situazione ancora difficile di alcune regioni potrebbe estendersi anche a quelle con zero contagi». Il verdetto del comitato sulla base della curva epidemiologica sarà quindi improntato alla massima cautela e conterrà tre condizioni per riaprire: un serio tracciamento dei contatti, una rigorosa sorveglianza dei casi a rischio e la quarantena senza sconti per chi ha avuto contatti con persone positive.

     

    Discorsi e misure che sono state al centro del colloquio a Palazzo Lombardia tra il presidente della Regione e il ministro delle Autonomie. Attilio Fontana e Francesco Boccia hanno diffuso una nota per dire quanto sia «importante non abbassare la guardia» nei confronti del virus, così da non vanificare gli sforzi compiuti dai lombardi e da tutti gli italiani. Quanto agli spostamenti extra-regionali, Fontana e Boccia prendono tempo: «È opportuno attendere il flusso dei dati fino a giovedì per effettuare valutazioni più circostanziate».

     

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    Tanta prudenza si spiega con la paura di sbagliare su un tema così delicato, che rischia di innescare una battaglia politica tra governo e opposizioni e tra una regione e l' altra.

    La Calabria, ad esempio, è a contagi zero e la presidente Jole Santelli spera che «sia il governo a chiudere in uscita», così che non tocchi ai governatori ricominciare con i posti di blocco. Il nodo è questo e lo sa bene il ministro Boccia, che a diMartedì su La7 è andato dritto al punto: «Se decidiamo di riaprire perché il rischio è basso sarebbe sgradevole che una Regione, in autonomia, decidesse di dire no ai residenti di altre regioni. Siamo insieme, dobbiamo procedere uniti».

    GIULIO GALLERA ATTILIO FONTANA BY CARLI GIULIO GALLERA ATTILIO FONTANA BY CARLI

     

    La strategia del governo è assumere una decisione che valga per tutti, così da non provocare frenate né fughe in avanti. Il dibattito si annuncia complicato per cui ci sarà un incontro tra i governatori e il ministro della Salute. Roberto Speranza è sollevato perché «i dati sono buoni» e non dispera di poter dare il via libera alla riapertura di tutti i confini: «Vedremo i dati del 30 maggio, riuniremo le Regioni e valuteremo». La sottosegretaria Sandra Zampa teme gli effetti di quei «comportamenti abbastanza diffusi» che hanno costretto il sindaco Sala a limitare la vendita di alcolici e si aspetta «da tutte le Regioni e in particolare dalla Lombardia un impegno straordinario nei controlli». Il passaggio chiave sarà la valutazione dei dati del monitoraggio, che farà il ministro Speranza. «Se l' Italia sarà tutta a basso rischio il 3 giugno si rimette in cammino - incrocia le dita Boccia -. Sempre con grande cautela».

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    2 - L'INDICE DI RISCHIO A 2,4

    Simona Ravizza per il “Corriere della Sera”

     

    Siamo tempestati di dati su contagi e guariti, percentuali di positivi e tamponi eseguiti, velocità di diffusione del virus con l' R0 e l' Rt, andamento di curve epidemiologiche.

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    Di numeri incoraggianti per la Lombardia, e ben evidenziati nei bollettini quotidiani, ce ne sono diversi. L' incremento dei nuovi casi oggi avanza percentualmente sotto l' 1% contro le punte del 30% di marzo, quando si sono registrati fino a 3.200 nuovi casi in un giorno (l' indice è sceso stabilmente sotto il 10% a fine marzo, e poi al 2-3% ad aprile). I nuovi ricoveri sono inferiori ai dimessi ormai dal 6 aprile (nell' ultima settimana viaggiano intorno al meno 1%), lo stesso avviene per le Terapie intensive (meno 5%).

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    E anche il presidente dell' Istituto superiore di Sanità Silvio Brusaferro è stato ottimista: «Netto trend in calo, segnale positivo» (l' ultimo Rt è 0,5).

     

    Sono dati importanti per sapere che il virus è sotto controllo e che non c' è più il rischio di default del sistema ospedaliero: se ci ammaliamo, in ospedale troviamo posto senza problemi.

     

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    Ma per decidere il «liberi tutti» sugli spostamenti può non bastare. I numeri della Lombardia che preoccupano sono quelli meno noti. Per capire perché è in ballo l' ipotesi che i suoi confini possano non essere riaperti dal 3 giugno - opzione che si spera di scongiurare - bisogna allora fare ancora uno sforzo. E guardare quelli che in gergo chiamano indice di rischio netto e indice di rischio potenziale . Sono rispettivamente i «nuovi contagi settimanali» e il «numero di malati complessivi» rispetto alla popolazione (su 10 mila abitanti). È anche su questi parametri che deve essere concentrata l' attenzione degli esperti per decidere il via libera ai movimenti extraregionali. Lo spiega l' epidemiologo Vittorio Demicheli che fa parte della cabina di regia del ministero della Salute in rappresentanza delle Regioni: «In base all' ultimo monitoraggio della scorsa settimana, la Lombardia ha 2,4 nuovi contagi a settimana ogni 10 mila abitanti.

    ATTILIO FONTANA ATTILIO FONTANA

     

    Il Veneto e la Toscana sono a 0,4, Sardegna e Sicilia a 0,1. In sintesi vuole dire che, vivendo in Lombardia, il rischio di sviluppare la malattia nel corso di una settimana è pari a 2,4 casi ogni 10 mila abitanti». In assoluto, inoltre, visti i 24.477 malati attuali (di ieri il calo più importante, meno 700), sono presenti e ancora potenzialmente infettivi 24 soggetti ogni 10 mila abitanti (erano 25 fino a lunedì), contro la media italiana del 9,2. «Sono dati che non possono essere ignorati e consigliano prudenza - sottolinea Demicheli -. In percentuale sulla popolazione le persone potenzialmente contagiose hanno ancora numeri significativi».

     

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    È uno dei motivi per cui, come anticipato ieri dal Corriere , se dovessero esserci punti «critici» è possibile che si decida di ritardare l' apertura dei confini della Lombardia per una settimana o due. Insomma: solo con gli ultimi aggiornamenti di venerdì sapremo se i dati incoraggianti saranno considerati sufficienti per riaprire la regione più colpita dall' epidemia.

     

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    Stesse valutazioni potrebbero valere per il Piemonte con un indice di rischio netto di 1,7 e potenziale di 17,4.

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