Ugo Bertone per “Libero Quotidiano”
FRANCHI SVIZZERI
È stata una mossa ben meditata, anche se abbiamo agito di sorpresa: una decisione così, devi prenderla al volo. Mica ci puoi stare a pensare settimane». Parla così Thomas Jourdan, il presidente dalla banca centrale svizzera che solo dieci giorni fa, in tv, aveva dichiarato che la «difesa della soglia minima di cambio è per noi centrale ed irrinunciabile».
Altra musica nella conferenza di ieri, indetta poche ore dopo la decisione di ribaltare la politica seguita dal 2012, cioè la difesa di un rapporto di cambio con l’euro non oltre quota 1,20. «Abbiamo deciso che era meglio uscire ora che tra sei mesi o un anno, quando il quadro economico potrebbe essere ben più difficile», si è giustificato Jourdan, definito ieri «l’uomo in questo momento più odiato dagli operatori sui cambi di tutto il mondo».
FRANCO SVIZZERO
Inoltre, per evitare la corsa della speculazione sulla valuta elvetica, la banca centrale, la Snb, ha alzato il tasso negativo sui depositi bancari di mezzo punto, dallo 0,25 allo 0,75 per cento. La mossa non è servita però ad evitare un vero e proprio tsunami. A partire dall’euro, che nel giro di pochi minuti ha perduto rispetto al franco il 41%, per poi recuperare fino a -14%, a quota 1,0330 sulla valuta scudo crociata, poco sopra la parità.
Non è andata diversamente al dollaro, che ha perduto nel corso della giornata quasi il 13 per cento sul franco. Il ribaltone della politica monetaria elvetica non ha però inciso sul trend al rialzo della moneta Usa rispetto all’euro, ieri scivolato a un nuovo minimo dal novembre 2005 a 1,1621, un punto e mezzo al di sotto della quotazione del 1°gennaio 1999, la data di nascita della moneta unica. Per completare il panorama non si può trascurare la reazione della Borsa di Zurigo, che ha vissuto probabilmente la giornata più difficile della sua storia ultracentenaria. L’indice Smi è sceso dell’8,7% dopo aver toccato un minimo di -14%, bruciando poco meno di 100 miliardi di franchi, pari all'intera capitalizzazione delle due banche più importanti, Ubs e Credit Suisse che hanno perduto rispettivamente il 12 e l’11%.
franco svizzero
Ancor peggio è andata a Richemont, il colosso del lusso, arretrato del 15%. Ma le altre Borse europee, dopo lo shock iniziale, hanno preso la strada del rialzo. Al di là dei numeri, c'è da chiedersi il perché della mossa a sorpresa. E, non meno importante, quale impatto potrà avere per noi.
La decisione di Berna, innanzitutto, suona a indiretta conferma del prossimo varo del Quantitative Easing da parte della Bce. La Svizzera ha preso atto che la discesa dell’euro è destinata a proseguire. Di qui la scelta di non insistere nella difesa del cambio franco/euro, iniziata tre anni fa per proteggere l'export elvetico (il 55% delle vendite della Confederazione finisce in Eurolandia) e che ha comportato costi crescenti: nel solo 2014, la Snb ha investito 495 miliardi di franchi nell’acquisto di euro con minusvalenze più pesanti di quelle, già gravose, del biennio precedente. Avanti così, insomma, non si poteva andare anche perché Ginevra e Zurigo, nonostante i tassi negativi, restano il porto sicuro per i capitali dei tycoon russi in fuga da Mosca.
BANCHE SVIZZERE UBS
Per questo, al di là della cortina fumogena creata con dichiarazioni ambigue (o false) la banca centrale ha deciso di sganciare la moneta di casa dall'euro. Il comunicato ufficiale, però, fa un esplicito riferimento al dollaro. A convincere gli gnomi di Berna a ribaltare la strategia è stata la forte rivalutazione del dollaro sull'euro e, di riflesso sul franco svizzero. Il rialzo della moneta Usava rischia di vanificare i benefici del calo delle materie prime, petrolio in testa che da ieri, al contrario, sono a forte sconto per le industrie della Confederazione. Una ben magra consolazione, per gli industriali dello scudo crociato.