ULTRA' GENOA 12
Come riporta il Secolo XIX, gli investigatori della Mobile, coordinati dal procuratore aggiunto Francesco Pinto e dal sostituto procuratore Francesca Rombolà, hanno chiuso l’inchiesta su quello che è stato un capitolo oscuro del recente passato della storia genoana notificando a 17 persone l’avviso di conclusione delle indagini preliminari.
Le accuse riguarderebbero gruppi ultras che avrebbero effettuato pressioni nei confronti della società di calcio del Genoa, chiedevano e ottenevano soldi per evitare che alcuni di loro intervenissero con intimidazioni ai calciatori e tafferugli nella zona dello stadio.
L’anello di congiunzione era la Sicurart, destinataria attraverso un’altra azienda, la 4 Any Job, di circa 327 mila euro del Genoa. Formalmente per servizi di security durante gli eventi sportivi, prestazioni ritenute inesistenti.
ULTRA' DEL GENOA
Il Genoa ha sempre smentito i pagamenti.
I casi di intimidazione sono tanti
Emerge ad esempio come nel 2017 Leopizzi e Bruzzone avrebbero impedito al calciatore del Genoa Danilo Cataldi, ora alla Lazio, e alla moglie, di farsi fotografare fuori dallo stadio con una famiglia di tifosi. Lui era stato apostrofato con un lapidario “indegno”, la consorte sarebbe stata colpita con un calcio e graffi.
Diverse sono poi le intercettazioni in cui gli ultras si lamentavano per il poco impegno dei calciatori
preziosi
Lo stesso anno Leopizzi era stato intercettato mentre chiamava l’amministratore delegato rossoblù Alessandro Zarbano: »Questi sacchi di m… (i giocatori, ndr) devono imparare come si sta al mondo, vedere le persone che vanno a lavorare», questo il concetto. Un passaggio del dialogo in cui il capo ultrà cercava di imporre alla società un ritiro punitivo con partenza all’alba. Ritiro scattato, ma senza levataccia. E il presidente del Genoa Enrico Preziosi si era lamentato in pubblico: «Assurdo dover far scappare i ragazzi per sfuggire alle proteste».
CATALDI E LA MOGLIE