Dario Salvatori per Dagospia
Goodboys Bongo cha-cha-cha
Giro di boa estivo per i tormentoni canori. L’originalità e lo stupore arriva direttamente da formazioni di studio, di derivazione indie, che hanno rimesso le mani su “Bongo cha-cha-cha”, un successo di Caterina Valente del 1959. Il primo tormentone estivo dovuto a tre autori interamente tedeschi (Muller-Arnie-Bader), della campionatura si sono occupati musicisti anonimi, che hanno usato diverse sigle, fra cui Goodboys e Pirates, in un paio di casi utilizzando l’originale.
Bongo cha-cha-cha
Caterina Valente, oggi 90enne, fra le più importanti cantanti del Novecento, al pari delle grandi americane, è stata la maggior influenza di Mina. Curiosamente, da molti anni vivono e risiedono a Lugano, abitando a pochi chilometri una dall’altra. Con la differenza che l’ottantunenne Mina è più attiva che mai, mentre la Valente è stata dimenticata da tutti. Si badi, in Italia.
Già perché questa meravigliosa cantante è tutt’oggi venerata in Francia, Germania, Spagna, Giappone, nord Europa e Stati Uniti, mentre in Italia tv e media in generale non si sono più occupati di lei. Un’autentica vergogna. “Bongo cha-cha-cha” ha riportato la curiosità nei confronti di questo strumento, di provenienza africana ma diventato popolare a Cuba.
Caterina Valente
Molti jazzisti amavano i bongos (a differenza delle tumbadores brasiliane che avevano un suono più basso) ma per i musicisti americani non era semplice imparare la tecnica e la postura. Ci volle Stan Kenton, re del progressive jazz, che ingaggiò il cubano Jack Costanzo, Mister Bongo in persona. Costanzo suggerì la postura: bongos eretti fra le gambe strette!
E infatti le copertine dei dischi di quegli anni, è vero che abbondavano di grazie femminili, ma non disdegnavano cubani muscolosi con i bongos e del resto la coscia costituiva cassa di risonanza e riverbero, altrimenti il suono non si espandeva.
James Dean - bongos
Costanzo fu primo nel 1947 e subito dopo arrivò Chano Pozo, assunto da Dizzy Gillespie e qualche mese dopo ucciso in un night di Harlem. I bongos costituirono pedana di sfida di due immensi attori: James Dean e Marlon Brando. Entrambi suonavano i bongos, sempre presenti nei loro camerini. Si stimavamo. Avevano condiviso il metodo Stanislawskij, che fece di loro due icone giovanili degli anni Cinquanta.
Ma sui bongos non scherzavano. Brando li agguantò, ovviamente fra le gambe, in “Bulli e pupe”(1955), poi in “If I were a bell”, per sedurre Jean Simmons. Jimmy Dean onestamente era più bravo e prima di morire incise due brani, “Jungle rhythm” e “Dean’s lament”, che finirono anche in classifica. Brani ritmici ma poco allegri, come del resto l’indole del protagonista di “Gioventù bruciata”.
Chano Pozo con Dizzy Gillespie Chano Pozo
Marlon Brando - bongos
I brani erano dedicati, se così si può dire, a Anna Maria Pierangeli, che in America divenne Pier Angeli. Si conobbero negli studios della Mgm, un tardo pomeriggio del 1954, mentre lui rientrava dalle esterne girate per “La valle dell’Eden” e lei era la stella nascente del film “Il calice d’argento”. Si frequentarono, si innamorarono, mentre lei era fidanzata con l’attore Vic Damone.
James Dean e Pierangeli
La famiglia dell’attrice non era d’accordo e tantomeno la Mgm, che aveva già deciso di scaricare Dean. Era fatta. Vinse la Mgm. L’italo-americano Vito Farinola e l’italiana bene naturalizzata americana. Un matrimonio combinato. Secondo i piani degli studios di Hollywood avrebbero contrastato la coppia più amata dai teenagers: Bobby Darin (Roberto Cossotto) e Sandra Dee.
Si sposarono il 24 novembre 1954, nella chiesa di St. Timothy, nella zona occidentale di Los Angeles. Una chiesa affollata, con tutti i più bei nomi di Hollywood presenti, un corpo di trentadue ragazzi con tonache rosse, bianche e oro, il “Tannenbaum” di Wagner, “La marcia nuziale” di Mendelssohn. Tutto in grande stile. Ma, come nel film "Il Laureato", dall’altro lato della strada c’era un ospite non invitato.
A cavalcioni sulla sua moto, jeans, stivali e giubbotto, una sigaretta tra le labbra, James Dean alzava e abbassava degli occhiali scuri. Ad un certo punto tirò fuori i bongos, attaccando un brano di Mongo Santamaria. Lei riconobbe il suono. Per un attimo i loro occhi si incrociarono. Fu un lampo. Lei ebbe un gesto di stizza. Cercò di affrettare il protocollo. Temeva qualche gesto inconsulto da parte dell’uomo della moto. Ma i bongos smisero di suonare.
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