Stefano Ardito per “il Messaggero”
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Chi conosce bene il Pollino sa che la strage nelle Gole del Raganello era annunciata. «A Ferragosto sul greto c' erano 650 persone, sarebbe stata un'ecatombe» racconta Emanuele Pisarra, guida del Parco, residente a Civita, autore di una guida ai sentieri del massiccio.
«Nelle domeniche estive, e ad agosto, l' atmosfera nelle Gole è quella di un acquapark, non di un' area protetta» aggiunge Francesco Bevilacqua, avvocato ed escursionista di Lamezia, autore di guide ai sentieri della Calabria.
IL CANYON Nello scorso aprile, sul suo blog, Pisarra aveva scritto che «il canyon del Raganello ha bisogno di un regolamento», e di provvedimenti come il numero chiuso, l' obbligo di farsi accompagnare da una guida, e un periodo di chiusura dall' autunno alla primavera.
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Trenta o quarant' anni fa il Pollino era un luogo remoto, e i rari escursionisti, arrivati da lontano, facevano la figura dei marziani.
La vecchia economia della montagna, fatta di allevamento e di sfruttamento dei boschi, era andata in crisi tra le due guerre mondiali. L' unica risposta dello Stato, negli anni Sessanta, era stata progettare due gigantesche e inutili (per mancanza di neve) stazioni sciistiche. Una, per scimmiottare Cervinia, si sarebbe dovuta chiamare Pollinia.
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Poi, in pochi anni, il quadro si è capovolto. I servizi in televisione e sulla stampa, le manifestazioni del Wwf, l' improvviso interesse della politica per l' ambiente hanno portato nel 1988 alla nascita del più grande Parco nazionale d' Italia. Un gigante di 192.565 ettari, che interessa 56 comuni e due regioni, Basilicata e Calabria.
E che include zone, dai monti di Orsomarso ai colli di Noepoli, che con il vero Pollino hanno ben poco a che fare.
IL TURISMO Con la tutela è arrivato il turismo. Mentre gli escursionisti hanno preso d' assalto le cime più alte, gli appassionati di cultura popolare hanno scoperto le feste religiose e i borghi di tradizione albanese. Nelle altre zone l' afflusso non ha creato problemi, e ha dato una mano all' economia locale. Bastava uno sguardo a una mappa, invece, per capire che il Raganello era un possibile punto rosso. Così fresco, spettacolare, diverso, e in più raggiungibile in mezz' ora dalle spiagge.
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La combinazione tra comodità di accesso e bellezza rende pericolosi luoghi simili al Raganello come i canyon dei Luchi sulla Majella. E altri totalmente diversi, come i ghiacciai del Monte Bianco e del Cervino, dove i turisti possono sbarcare dalla funivia in ciabatte, e piombare dopo cinque minuti in un crepaccio.
Qui, però, entrano in gioco i parchi. Nelle aree protette degli Usa, zone come il Raganello si visitano a numero chiuso e dopo aver pagato un pedaggio, e vengono chiuse quando c' è il pericolo di una piena.
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I nuovi parchi italiani, concentrati sull' Appennino e nel Sud, conoscono poco il loro territorio, e sono in gran parte governati da funzionari e politici che non amano praticarlo. I risultati sono ottimi per quanto riguarda la fauna e i monumenti, ma insufficienti per la gestione delle attività di avventura, dall' arrampicata al torrentismo.
Sui Sibillini, d' inverno, basterebbe qualche carabiniere forestale per impedire a sprovveduti di lanciarsi su pendii di neve ghiacciata con le scarpe da ginnastica ai piedi.
Al Gran Sasso, più attenzione alle valanghe avrebbe forse potuto evitare Rigopiano. Nelle Gole del Raganello, la chiusura dopo l' allerta meteo avrebbe potuto evitare la strage, o limitarne i danni.
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La presenza ieri a Civita di Sergio Costa, Ministro dell' Ambiente del governo Conte, sembra indicare che il sistema dei parchi ha capito che il problema esiste. Nei prossimi giorni, e nei prossimi mesi, vedremo se qualcosa cambierà. E non soltanto sul Pollino.
Niccolò Zancan per “la Stampa”
Tutti hanno visto le insegne sulla strada principale di Civita, uno dei borghi più belli d' Italia. «Sibari Avventura». «Raganello Tour».
Scendono dai balconi delle case del quindicesimo secolo, hanno il numero di telefono scritto in grande.
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Pubblicizzano «l' escursione nel canyon». Si tratta di risalire il torrente, stando dentro al cuore della montagna.
Costa 35 euro a persona, pranzo compreso.
Erano lì davanti le modelle Myriam Mezzolla e Claudia Giampietro, arrivate insieme dalla Puglia. I coniugi Santapaolo in vacanza con i figli.
L' avvocato Immacolata Marrazzo da Torre del Greco, e l' agente della polizia penitenziaria Gianfranco Fumarola accompagnato da tutta la famiglia.
C' era la ricercatrice universitaria Paola Romagnoli, partita da Bergamo. I fidanzati romani Carlo Maurici e Valentina Venditti.
E tutti erano accomunati dalla stessa idea di vacanza.
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Essere lì fra rocce bianche, boschi e gole profondissime, nel regno delle aquile e delle volpi. Mettere insieme specialità gastronomiche e un po' di avventura.
Record di turisti È l' estate più ricca di turisti di sempre, qui nel Parco del Pollino. «Merito della bandiera arancione conferita a Civita per il contesto naturalistico di straordinaria bellezza», spiega il direttore del parco Giuseppe Melfi.
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«Abbiamo visto aumentare il numero delle presenze. E abbiamo iniziato ad affrontare il problema della sicurezza. Ne stavamo discutendo, proprio in questi mesi, con tutti i comuni toccati dal Torrente Raganello».
Le regole per «Gole sicure» Un regolamento c' era già. Si chiama «Gole sicure». È stato approvato con una delibera del Comune di Civita l' 8 febbraio 2018. Secondo questo documento, si può risalire il torrente solo dal 10 giugno al 30 settembre.
Le comitive delle scuole non possono essere formate da più di venti persone alla volta. L' escursione è sempre vietata ai bambini con meno di dieci anni. E per tutti, in ogni caso, sono obbligatori il casco, le protezioni, la muta e scarpe adatte. Infine, ecco la regola più importante: «L' accesso è consentito esclusivamente in presenza di guide e previo pagamento al Comune di apposito pedaggio». Multe da 250 a 500 euro per i trasgressori.
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Le polemiche Per qualcuno il regolamento era giusto. Altri, invece, lo criticavano, considerandolo una specie di tassa sulla bellezza e un modo per garantire lavoro alle guide locali. È un fatto che fra i dieci morti travolti dalla piena del torrente, lunedì pomeriggio, ci siano sia escursionisti accompagnati, sia improvvisatori.
C' è anche la guida del «Raganello Tour» Antonio de Rasis, 32 anni, volontario della Protezione civile. Era andato a prestare soccorso all' Hotel Rigopiano, nei giorni tragici della valanga.
«Era un ragazzo con il cuore d' oro», lo ricorda adesso la signora Rosa Rugiano dietro il bancone dell' Eurobar 2000. E tutti, nei locali e nelle strade del paese, ripetono la stessa identica frase: «Non si poteva prevedere una cosa del genere».
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L' allerta meteo Lunedì pomeriggio l' allerta meteo della protezione civile era giallo, livello 2 su quattro: annunciava forti temporali. Ma a Civita in quel momento non pioveva e, anzi, a tratti spuntava il sole. Qualcuno ha rinunciato all' escursione. Altri, dopo pranzo, sono andati lungo i sentieri, che dal paese scendono ripidi verso il greto del torrente.
Il temporale Il temporale c' è stato. Ha piovuto a monte, nel Comune di San Lorenzo Bellizzi, 20 chilometri a Nord. Forse i detriti hanno fatto da tappo. Perché nel giro di un' ora si è accumulata una gigantesca massa d' acqua.
L' onda di piena è scesa giù violentissima. Era alta più di sette metri. Ha travolto in tutto 44 persone: 23 salvati, 11 feriti, 10 morti.
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I bambini Una bambina di 8 anni era in costume da bagno, quando è stata trovata in grave stato di ipotermia. Un altro bambino aveva le infradito ai piedi.
Tutti hanno cercato di aggrapparsi a qualcosa. «Davanti a quel muro impressionante, mi sono avvinghiato alle rocce con tutta la disperazione possibile», ha detto un sopravvissuto.
Ma nelle gole non c' erano appigli, solo pareti perfettamente levigate. Un corpo è stato ritrovato tre chilometri oltre. L' onda ha diviso famiglie, lasciato degli orfani. E fatto ritrovare l' Italia, ancora un volta, nei corridoi di un ospedale.
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Ieri pomeriggio la moglie dell'agente Fumarola accudiva due figli ricoverati in pediatria a Castrovillari e piangeva il marito morto. Altri parenti stavano seduti in attesa con lo sguardo perso, illividiti. Sentivi le urla, quando venivano chiamati verso le camere mortuarie.
I sommersi e i salvati Ancora una volta. I sommersi. I salvati. E quelli che hanno combattuto nel disastro.
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Come Pasquale Gagliardi, dirigente dell' elisoccorso: «C' era questa bambina.
Tremava in maniera impressionante, quando l' abbiamo trovata. Parlava a stento. Era coperta di fango. Voleva sapere dei suoi genitori. Le ho risposto che la stavano aspettando, anche se non lo sapevo. Anche se non era vero. Cos' altro avrei potuto dirle?».
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