Flaminia Savelli per la Repubblica
baby gang
Minacce, rapine e prepotenze: è la Gomorra alla romana che una banda di 10 ragazzi, tra i 14 e i 22 anni, aveva organizzato negli ultimi mesi. In una scenografia ben lontana dalle Vele di Scampia, la periferia napoletana dove è stata ambientata la serie televisiva ispirata al libro di Roberto Saviano, il gruppetto si muoveva in branco nei quartieri Vescovio, Africano e Coppedè.
Le vittime erano i coetanei della zona, ormai costretti in casa perché terrorizzati dalle frequenti vessazioni, derubati di capi firmati, oggetti preziosi e paghette settimanali. I delinquenti filmavano tutto e poi pubblicavano sui loro profili Facebook le prepotenze.
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Aggiungendo scherno alla paura con continui richiami ai loro idoli televisivi. Gli anti eroi da emulare: " L' Immortale" Ciro Di Marzio e l' antagonista Gennaro Savastano, "Genny". Eppure, così è stato confermato poi le indagini della IV sezione della squadra Mobile e dal commissariato Vescovio, quello che veniva rubato con la violenza - soldi compresi - non veniva " reinvestito" in traffici illeciti come l' acquisto di droga. Per i piccoli criminali erano solo trofei da esporre per incutere altro terrore e ottenere il rispetto nel quartiere. Un escalation di violenza, una raffica di rapine e di aggressioni.
Ma la baby gang nelle ultime settimane aveva alzato la posta pretendendo soldi anche dai ragazzi che non vivevano nella zona. Imponevano una sorta di "pedaggio" da pagare per avere il permesso di entrare nel loro territorio. Ieri mattina all' alba però sono stati tutti identificati: il gip del Tribunale di Roma su richiesta dei magistrati del gruppo rapine ha disposto l' arresto di uno di loro e per altri tre sono scattati i domiciliari. Per i sei minori invece è stato notificato l' avviso di garanzia. A vario titolo dovranno rispondere di aggressione, minacce e rapina.
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A incastrarli, oltre al materiale video recuperato sui social, sono state le testimonianze delle vittime. Il muro di omertà costruito sulla paura non ha retto: i ragazzini derubati e picchiati hanno parlato con le loro famiglie e hanno denunciato gli episodi ai poliziotti. Dopo averli individuati, gli investigatori per settimane li hanno pedinati e fotografati. Hanno registrato conversazioni e raccolto le prove di cui ora dovranno rispondere davanti a un giudice in un aula di tribunale.
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