gonzalo villar
Mi dichiaro subito. Questo è un brano sfacciatamente fazioso. Vado pazzo per Gonzalo Villar. “Non sei l’unico”, mi direte. “Lo so bene e non m’interessa affatto essere l’unico”, vi rispondo io. Più che altro, approfitto di un giornale amico non per raccontarvi chi è o chi non è il ragazzino della Murcia, terra di calciatori, ciclisti, marchesi e funghi giganti, non sono così ambizioso, ma le emozioni che mi strappa il suo calciar danzando, per meglio dire, calciar toreando.
E, a proposito di funghi, il suo spuntare dal nulla o quasi e manifestarsi bellezza assoluta da cogliere con tutta l’emozione del caso. Sono due settimane che mi spremo le meningi. Le sciacquo e le risciacquo con il bicarbonato, riordino la cantina, mi consulto con amici esperti di pallone, la cui memoria non è uno scolapasta. Niente di niente. Non mi viene in mente uno, dico uno, che, a 22 anni, arriva da non si sa dove e, poco a poco, giorno dopo giorno, partita dopo partita, in punta di piedi, e che piedi, diventa in tutti i sensi “centrale” in una squadra e piazza tritaossa come Roma, con una personalità e una sicurezza da far spavento.
gonzalo villar
Esagero? Forse sì, ma forse no. So di aver sparso in passato gettate liriche su altri calciatori, De Rossi, Salah, lo stesso Alisson e, più recentemente, su Pedrito di Tenerife, altro ballerino in assetto da torero, tra gli altri, tutti pezzi rari. Nel caso di Gonzalo, lo stupore trabocca da due recipienti distinti. I sensi e la testa.
L’estasi e il concetto. Il suo modo di stare nella vicenda calcio, ragazzino ancora implume, davanti alla difesa, chiamato a proteggere e a dettare la retta via a compagni molto più grandi e più pelosi di lui, è delizia estetica. Gonzalo, datemi retta, ha qualcosa d’irreale. Lo cali nella fossa dei serpenti e lui, due secondi dopo, è già li che volteggia illeso tra le bisce, nel frattempo stordite e anche un po’ ammaliate dal suo flauto magico.
xavi
Se poi, all’estasi, aggiungi il pensiero dello scarto che c’è tra la sua scheda anagrafica e quanto lascia vedere in campo, ecco l’irrealtà e la domanda: dove potrà arrivare da qui a due, tre anni, ma forse molto prima, il piccolo marchese Gonzalo Villar del Fraile, faccia da gitano? Assimilabile per la tecnica dei piedi al suo concittadino Gonzalo Quintero, celebre ballerino di Flamenco. Movimenti sinuosi che lo fanno imprendibile ai limiti dell’invisibile. Passi ora rapidi ora lenti, qualche volta dolenti, altre volte potenti, sempre ispirati, meglio istigati, da una capacità visionaria che lo rende prodigiosamente capace di fare la mossa giusta in qualunque rebus calcistico gli si pari davanti. I passi di Gonzalo, i suoi movimenti, sono come le lame magiche di certe fantasy. Sbrogliano qualunque matassa. Un nome mi viene in mente, adesso, e lo dico senza timore di essere sopraffatto dalla vergogna o dalle pernacchie. Un mitico ex centrale del Barca. Inizia con la “X” e finisce con la “I”.
giancarlo dotto
La verità è che il piccolo e prossimo divino marchesino è una sfida per chi lo guarda. Una specie di test intellettivo. La sua semplicità, narrata dagli stolti è da 6 in pagella, narrata da chi la riconosce come una chiave metafisica per paradisi calcistici è da 9. Attenzione poi all’altra sfida che ti lancia Gonzalo. La sua molto presunta esilità. Un granchio totale. Alla non banale altezza, 1 e 84, aggiunge una testa da leader testaccino, uno che non ci sta. Narici che fumano. Insomma, un molosso nel sembiante di un cherubino. Prego, scettici, controllare i numeri in progressione delle palle recuperate.
Riguardatevi il match nel diluvio con la Samp e puntate il cannocchiale sul marchesino: partita da gladiatore e da torero. Da incorniciare subito, senza badare a spese. Detto questo, e riconoscendo a Fonseca il casino di scegliere i primi undici per l’Inter, match scudetto, prego tra me e me perché non scelga di privarsi del marchesino in nome di un match che sarà senz’altro molto muscolare. Infine. A chiudere il cerchio, non perdetevelo, il bimbo, fuori dal campo, esibirsi in un italiano quasi perfetto, un eloquio mai banale e un sorriso che fa strike a qualunque livello. Quanto basta per incatenarlo a Trigoria, questa volta davvero, con la benevola approvazione dei Friedkin.
gonzalo villar