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    GRANDI ELETTORI, GRANDE ROSICAMENTO – JOE BIDEN RICEVE TUTTI I VOTI DEL COLLEGIO ELETTORALE: ''LA MIA VITTORIA È CHIARA, DOVREBBE ACCETTARLA''. NESSUNO HA SEGUITO L'INVITO DI TRUMP A TRADIRE IL MANDATO. ALLORA LUI SI DEDICA ALLE VENDETTE E CACCIA BILL BARR, IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA, REO DI AVER NEGATO I BROGLI DI MASSA E TENUTO COPERTA L'INDAGINE SU HUNTER BIDEN CHE AVREBBE POTUTO CONDIZIONARE LE ELEZIONI


     
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    1. IL COLLEGIO ELETTORALE FORMALIZZA LA VITTORIA DI BIDEN.

    Giuseppe Sarcina per il ''Corriere della Sera''

     

    Ora c’è il timbro ufficiale anche del Collegio elettorale. Joe Biden emerge dalla lunga sequenza dei voti, Stato per Stato, come il presidente eletto degli Usa. Al suo fianco Kamala Harris, la prima donna e la prima afroamericana a ricoprire la carica di vice presidente. Alle 19,30 del 14 dicembre, un giorno storico a questo punto, il nuovo leader si è rivolto al Paese con un breve discorso dal suo quartier generale di Wilmington, in Delaware. Biden ha subito attaccato duramente Donald Trump, definendo «irresponsabile» la sua lunga campagna per delegittimare i risultati del 3 novembre. «La Democrazia americana è stata messa alla prova, ma ha mostrato la sua forza, la sua capacità di resistere.

     

    jill e joe biden by osho jill e joe biden by osho

    Nel mezzo della pandemia abbiamo avuto la più massiccia affluenza alle urne, mai registrata. Un fatto che andrebbe celebrato, non contestato...La nostra è una vittoria chiara, netta. Circa 80 giudici hanno respinto tutti i ricorsi presentati dal mio concorrente. In Georgia i voti sono stati ricontati tre volte e con lo stesso risultato. In Wisconsin il nostro margine è addirittura aumentato dopo un nuovo scrutinio. Siamo stati costretti ad assistere a cose mai viste. I procuratori generali di 17 Stati e 126 deputati hanno firmato l’appello promosso dal procuratore del Texas. Era il tentativo di delegittimare il voto di 20 milioni di americani. Ma è stato respinto all’unanimità dalla Corte Suprema. Il Paese deve essere riconoscente verso i funzionari, i giudici che non si sono fatti intimidire, mentre Donald Trump non ha mostrato rispetto per la Costituzione».

     

     

    Poi un’abbondante spruzzata di retorica, immancabile nei discorsi di Biden: «Ciò che batte nel profondo del cuore degli americani è una cosa sola: la democrazia. La fiamma della democrazia fu accesa tanto tempo fa in questa Nazione e niente, neanche una pandemia o un abuso di potere, può estinguere questa fiamma». Infine il neo presidente ha provato a guardare in avanti: «Ora dobbiamo voltare pagina; sarò il presidente di tutti. È venuto il momento di unire, di curare la nazione. Dobbiamo lavorare tutti insieme per mettere sotto controllo il contagio, per fare in modo che gli americani siano vaccinati al più presto. Dobbiamo predisporre gli aiuti finanziari così necessari per molte persone e ricostruire la nostra economia»

     

    JOE BIDEN CON IL TUTORE JOE BIDEN CON IL TUTORE

    Ma per Donald Trump non è finita. Il presidente in carica è riuscito a trasformare una formalità come il voto del Collegio elettorale in un evento drammatico, seguito in diretta dalle grandi catene televisive del Paese. Eppure nessuno, neanche tra i repubblicani, si aspettava sorprese. I 538 rappresentanti scelti dagli americani con le elezioni del 3 novembre si sono riuniti nei singoli Stati, dichiarando le loro preferenze. I delegati sono di solito funzionari di partito o persone che hanno finanziato le campagne.

     

    I più noti sono sicuramente Bill e Hillary Clinton che hanno fatto parte del gruppo dei 29 delegati dello Stato di New York. Biden ha ottenuto i 306 voti attesi, superando la soglia di maggioranza fissata a 270. Trump si è fermato a quota 232. È uno scenario simmetrico a quello del 2016. All’epoca The Donald battè Hillary 304 a 227 e per mesi parlò «di vittoria a valanga». Oggi, invece, continua a insistere contro tutte le evidenze: «Mi stanno rubando le elezioni».

     

    La sua campagna di delegittimazione ha avvelenato la transizione dei poteri, seminato tensione e anche qualche allarme. Dal Michigan alla Georgia, dall’Arizona alla Pennsylvania, i quattro «swing States» decisivi per la vittoria di Biden, arrivano segnalazioni di minacce di morte rivolte ai funzionari che hanno guidato la macchina elettorale. La polizia, ieri, ha deciso di scortare i dieci Grandi elettori del Wisconsin fino alla sede del parlamento di Madison, la capitale dello Stato. In Michigan un deputato repubblicano locale, Gary Eisen, non aveva escluso disordini davanti al Capitol Hill di Lansing. Il partito lo ha sconfessato, ma intanto le autorità hanno blindato l’edificio, facendo entrare solo i 16 delegati.

    joe biden joe biden

     

    L’ultimo passaggio ora è fissato per il 6 gennaio, quando Camera e Senato, riuniti in seduta comune, prenderanno atto della comunicazione del Collegio elettorale e nomineranno ufficialmente il nuovo presidente. Un gruppo di deputati repubblicani cercherà comunque di disturbare anche questo appuntamento. Nel concreto Trump non ha speranze. Il risultato in alcuni Stati potrebbe cambiare solo con il via libera dei due rami del parlamento. La Camera, controllata dai democratici, farà muro. Intanto ieri il ministro della Giustizia, William Barr, ha annunciato le dimissioni che erano nell’aria. Barr aveva dichiarato di non aver riscontrato «alcuno tipo di frode» nelle procedure elettorali. E’ stato lo stesso Trump a dare la notizia, via Twitter, pochi minuti dopo l’ultimo annuncio del Collegio elettorale, proveniente dalla Califorina. Trump ha anche indicato Jeff Rosen ministro ad interim.

     

    Con il timbro ufficiale del collegio elettorale, sono arrivate a Biden anche le congratulazioni di Vladimir Putin per la vittoria del 3 novembre. In un telegramma, il leader del Cremlino ha espresso la fiducia che la Russia e gli Stati Uniti, «che hanno una responsabilità speciale per la sicurezza e la stabilità globale», possano, «nonostante le loro differenze», aiutare realmente «a risolvere molti problemi e sfide che il mondo sta affrontando ora».

     

     

     

     

    2. BIDEN A TRUMP: "LA MIA VITTORIA È CHIARA, DOVREBBE ACCETTARLA"

    barr trump barr trump

    Da www.huffingtonpost.it

     

    Non bastano oltre 80 milioni di voti assegnati a Joe Biden. Non bastano 306 grandi elettori (su 538) che mettono il sigillo sulla vittoria del candidato democratico alla presidenza degli Stati Uniti. Non bastano 60 ricorsi respinti nei tribunali di tutto il Paese. Donald Trump non riconosce la sconfitta e continua la sua battaglia. Anzi, cade un’altra testa: Trump annuncia via Twitter le dimissioni prima di Natale dell’Attorney General, equivalente del ministro della giustizia, William Barr, caduto in disgrazia dopo aver negato i brogli di massa nell’election day.

     

    È stato, come atteso, un rito in genere puramente cerimoniale quello del collegio elettorale, se non fosse che Trump continua a denunciare elezioni fraudolente e a considerare il suo rivale un presidente illegittimo anche dopo che una Corte costituzionale a maggioranza conservatrice ha respinto il suo ultimo ricorso.

     

    donald trump bill barr donald trump bill barr

    I grandi elettori, il cui numero varia in base alla popolazione, si sono riuniti in differenti fasce orarie per votare secondo il risultato del voto popolare nel loro Stato, come prescrivono le leggi, nonostante la possibilità di qualche ‘infedele’: 306 per il ticket dem, 232 per quello repubblicano, con un quorum necessario per entrare alla Casa Bianca di 270. Quorum che ‘Joe e Kamala’ hanno raggiunto verso sera dopo il voto della California e dopo che nessuno dei cinque Stati più contesi aveva riservato sorprese o defezioni. In alcuni casi le operazioni si sono svolte sotto alta tensione, come in Michigan, uno degli Stati più contesi, dove il parlamento è stato chiuso per “credibili minacce di violenza” arrivate agli uomini del Congresso di entrambi i partiti. In Wisconsin invece la Corte suprema ha respinto per la seconda volta il tentativo di Trump di invalidare oltre 200 mila voti.

     

    “La vittoria è chiara”, “la volontà del popolo ha prevalso”: lo ha detto Joe Biden nel suo discorso alla Nazione, “insieme, io e la vicepresidente eletta Kamala Harris abbiamo guadagnato 306 voti”, ha ricordato, sottolineando di aver vinto con lo stesso margine ottenuto nel 2016 da Donald Trump, che allora parlò di “vittoria schiacciante”. Vorrei “suggerire rispettosamente” che il presidente uscente ora accetti la mia vittoria, ha aggiunto Biden. Quella di Trump, ha detto ancora, ”è una posizione così estrema che non abbiamo mai visto prima, una posizione che ha rifiutato di rispettare la volontà del popolo, dello stato di diritto e di onorare la nostra Costituzione”, ha detto criticando anche gli attorney general dei 17 Stati e i 126 repubblicani che hanno sottoscritto il ricorso del Texas bocciato dal massimo organo giuridico americano.

     

    Hunter e Joe Biden Hunter e Joe Biden

    Il presidente e i suoi più stretti alleati hanno ora un’ultima sede dove contestare l’esito delle elezioni, ma praticamente senza speranze: il Congresso, che il 6 gennaio conterà formalmente a camere riunite i voti del collegio elettorale. I nuovi parlamentari potranno sottomettere obiezioni scritte che però saranno valutate solo se co-firmate da almeno un membro di ciascuna Camera. Altrimenti resteranno un puro atto di protesta, come successe nel 2017 quando diversi deputati dem contestarono la vittoria di Trump in alcuni Stati a causa delle interferenze russe ma Hillary Clinton aveva già ammesso la sconfitta e nessun senatore del partito si unì all’iniziativa.

     

    hunter biden nella vasca hunter biden nella vasca

    Se invece ci sarà una ‘coppia’ di esponenti delle due Camere, la seduta plenaria verrà interrotta e ciascuna Camera discuterà l’obiezione per un massimo di due ore, prima di votare se ribaltare il risultato dello Stato in questione. Ma per ribaltarlo davvero occorrerà il consenso di entrambi i rami del Parlamento, cosa che non succede dalla cosiddetta epoca della Ricostruzione, il periodo successivo alla guerra civile americana dal 1865 al 1877. Tanto più che la Camera è nelle mani dei dem, mentre le sorti del Senato - ora controllato dai repubblicani - sono appese ai due ballottaggi del 5 gennaio.

     

     

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