aldo grasso
Aldo Grasso per il ''Corriere della Sera''
Ho seguito per qualche giorno il Tg1 delle 20, condotto da Alberto Matano, e ne ho ricavato un senso di tristezza. Da sempre si ripete lo stesso, stanco rituale: Conti, Di Maio, Salvini più qualche ministro tipo Fraccaro o Bonafede, la descrizione dei mirabolanti passi in avanti del governo, voce all' opposizione (il fratello di Montalbano non ha un grande carisma), cronaca.
Non so da quanti anni l' impaginazione è sempre la stessa, così come la dichiarata vocazione filogovernativa. Ma ha ancora senso una Rai così?
alberto matano
Possiamo ancora parlare di servizio pubblico?
Scrivo queste cose con serenità perché me ne sono occupato già in passato, quando il governo era di centrodestra o di centrosinistra (ho scritto che l' ad Antonio Campo Dall' Orto è stato cacciato da Viale Mazzini perché Renzi non lo riteneva sufficientemente asservito alle necessità immediate del Pd). Anche il «governo del cambiamento» aveva promesso novità, invano. La Rai continua a essere considerata un ghiotto bottino di guerra.
RENZI CAMPO DALL ORTO
La Rai possiede 15 canali televisivi e 12 canali radio, una potenza di fuoco enorme se si pensa al mercato dell' audiovisivo in Italia, potendo contare sul canone coatto. Nei vincoli di genere previsti dal cosiddetto «contratto di servizio», la Rai vanta il 30,9% d' informazione. Ma se l' informazione è quella del Tg1, o quella del Tg2, è un mero calcolo quantitativo che non tiene conto del «pluralismo», uno dei fantasmi su cui si regge l' idea di servizio pubblico.
VIALE MAZZINI
Onestamente, nel corso di un anno, quanti programmi attuano lo spirito del servizio pubblico? Li possiamo contare sulle dita di due mani, non di più. Siccome molti studiosi concordano sul fatto che questa nozione è ormai incrostata di mitologie, fraintendimenti e illusioni di cui dovremmo sbarazzarci, forse sarebbe più giusto ammettere che il servizio pubblico non esiste più. Esiste solo nel canone.