Aldo Grasso per il "Corriere della Sera"
fiorello amadeus
C'è la commozione dei sopravvissuti nell'applauso che apre la serata, c'è una verità incontrovertibile: non c'è spettacolo senza pubblico. Sanremo è sempre un passo più avanti del Paese: al Mattarella bis oppone l'Amadeus tris.
Stavamo per correre il rischio di una sovrapposizione tra il Quirinale e il Festival, poi per fortuna l'indole che ci spinge a scegliere sempre l'eterno ritorno dell'uguale ha fatto il suo corso.
Gli scatoloni del trasloco hanno avuto la stessa forza scaramantica del «vi deve andare malissimo», l'anatema lanciato lo scorso anno da Fiorello. Partenza sprint con il simil gospel di Achille Lauro per rompere il ghiaccio e dar modo a Ornella Muti di schiarirsi la voce (a volte al cinema è stata doppiata).
gianni morandi
Ma quando arriva Fiorello? Gianni Morandi potrebbe fare anche il Capo dello Stato. Intanto noi, però, non abbiamo più il coraggio di attingere al repertorio delle metafore sanremesi, specie quelle che tiravano sul sociologico.
Ormai Sanremo è sempre più la festa patronale della Rai (Amadeus ha iniziato ringraziando l'azienda e la presidente Marinella Soldi, presente in sala), la celebrazione degli sponsor e degli ascolti allietata dalle canzoni. È diventato un format, molto annunciato, molto svelato e, quest' anno, molto attento a non dispiacere ai più suscettibili fra i correttisti.
ornella muti
Ma quando arriva Fiorello? Ormai X Factor ha fatto scuola, le scenografie sono giochi di luce, allegorie avveniristiche, dinamismo sintattico (servirebbe anche una regia, magari), ma alla prima pausa arriva lui, termometro in mano: «Sono il vostro booster».
In realtà, Fiorello è prima di tutto una grande lezione di ritmo, un cambio di marcia, un'esplosione di gioia qualunque cosa dica, anche le ironie sui no vax. Gli basta poco poi, come ai veri artisti: cambiare le canzoni tristi in modo allegro (come fa Salvini).
Amadeus ha il grande pregio di conoscere i suoi limiti: sa che senza Fiorello il festival sarebbe stato un'altra cosa. Sanremo è anche la sfida pop alla pandemia, una settimana per cercare un diversivo alla conta quotidiana dei contagiati, dei morti e dei «moriremo tutti», alle risse dei talk, al neo-divismo dei virologi. Per questo Amadeus non ha fatto altro che inneggiare alla leggerezza (per fortuna senza citare Calvino, come fanno quelli che dicono di aver fatto il classico) investendo il Festival di una missione sociale: svagare, sbinariare, radunare attorno ai social anche i più insospettabili, in distribuzione anagrafica estesa. Si conferma l'impressione che il Festival sia diventato ancor più che in passato una summa di largo e stretto (non alto e basso), un porto franco dove mainstream e nicchia si toccano sempre di più, a livello musicale, di immaginari, di personaggi. Cioè i Måneskin. Prima o poi vedremo Matteo Berrettini in una fiction Rai, sicuro.
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