Carlo Macrì per www.corriere.it
silvio berlusconi foto di bacco (2)
«Nel dicembre 1993, mentre ero latitante, incontrai Berlusconi a Milano. Berlusconi sapeva come mi chiamavo. E sapeva che ero latitante da dieci anni. Alla riunione ha partecipato anche mio cugino Salvo e con Berlusconi c’erano persone che non conoscevo. Dovevamo discutere dell’ingresso di alcuni soci nelle società immobiliari di Berlusconi».
A dirlo è stato l’uomo delle stragi Giuseppe Graviano nel corso dell’udienza «Ndrangheta stragista» in corso a Reggio Calabria che vede imputato lo stesso Graviano e Rocco Filippone, accusati dell’uccisione dei due carabinieri Antonino Fava e Giuseppe Garofalo, uccisi a Reggio Calabria il 18 gennaio del 1994.
Rispondendo alle domande del pubblico ministero Giuseppe Lombardo, l’uomo che custodisce i segreti dei rapporti tra mafia e politica, parla di Silvio Berlusconi e dei tre presunti incontri e una cena avuti prima all’hotel Quark, a Milano e successivamente a Milano tre con il fondatore di Forza Italia.
L’investimento
i fratelli graviano
Gli incontri erano finalizzati agli investimenti nel settore immobiliare, attraverso la costituzione di una società, che il nonno materno di Graviano avrebbe dovuto fare con l’attuale presidente di Forza Italia. «Mio nonno era un grosso commerciante ortofrutticolo ed era stato invitato ad investire 20 miliardi nell’edilizia. Tra il 1993 e il 1994 mi sono recato nel capoluogo lombardo insieme a mio nonno Filippo Quartanaro e mio cugino Salvo per una prima riunione che abbiamo avuto all’hotel Quark. Io ero già latitante. Berlusconi era a conoscenza che ero ricercato. Insieme a noi c’erano altre persone che non conoscevo».
Graviano poi spiega il perché l’investimento fallì. «Dovevamo prendere parte al progetto non formalizzando la società, ma mantenendo i nostri nomi occulti. Sarebbero stati inseriti solo in una carta privata. Non accettammo e dopo qualche tempo io fui arrestato insieme a mio fratello Filippo e alle nostre fidanzate».
L’ergastolo
GIUSEPPE GRAVIANO
Giuseppe Graviano ribadisce che partendo proprio dal suo arresto si potrebbero svelare i tanti misteri sulla stagione delle stragi. L’uomo dei misteri accenna anche alla politica. «Nel 1993 io ero latitante a Omegna e mio cugino Salvo mi disse che Berlusconi volevo scendere in politica e gli aveva chiesto un appoggio in Sicilia». Il pubblico ministero gli chiede conto del significato delle frasi intercettate nel 2016 durante i colloqui in carcere con l’amico Vittorio Adinolfi.
«Quel non volevano le stragi è riferito a quelli della montagna, ai napoletani», dice Graviano. «Perché ha definito Berlusconi traditore?», gli chiede il pubblico ministero. E Graviano: «C’era l’occasione per abolire l’ergastolo, ma Berlusconi si oppose per quelli che avevano commesso le stragi». Un accenno Graviano lo fa anche ai legami che avrebbero potuto esserci tra la formazione politica Sicilia Libera e Forza Italia. «Era solo affermazioni postume perché se fosse avvenuta quella fusione avremmo potuto avere un altro Sud, con più investimenti».
GIUSEPPE GRAVIANO IN BERMUDA NEL CARCERE DI ASCOLI PICENO
La replica: diffamazioni
«Le dichiarazioni rese quest’oggi da Giuseppe Graviano sono totalmente e platealmente destituite di ogni fondamento, sconnesse dalla realtà nonché palesemente diffamatorie». Lo afferma in una nota il legale di Silvio Berlusconi, l’avvocato Niccolò Ghedini. «Si osservi — prosegue — che Graviano nega ogni sua responsabilità pur a fronte di molteplici sentenze passate in giudicato che lo hanno condannato a plurimi ergastoli per gravissimi delitti». «Si comprende, fra l’altro, perfettamente — aggiunge il legale — l’astio profondo nei confronti del presidente Berlusconi per tutte le leggi promulgate dai suoi governi proprio contro la mafia».
niccolo ghedini