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    GRILLO ALL’ULTIMO STADIO! DOPO IL NO DI BEPPE-SINDACO ALL'IMPIANTO A TOR DI VALLE, PALLOTTA MINACCIA UNA CAUSA DA UN MILIARDO DI EURO - LA SOCIETA’ GIALLOROSSA E IL COSTRUTTORE PARNASI: “NON E’ IN ALCUN MODO IPOTIZZABILE UN SITO ALTERNATIVO” - L'AUTOCRITICA DI GRILLO: “ROMA E' UNA BOMBA ATOMICA CHE STA PER ESPLODERE’”


     
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    Andrea Arzilli per il Corriere della Sera

     

    BEPPE GRILLO ROMA BEPPE GRILLO ROMA

    Questa la strategia escogitata da Grillo per aggirare l' ostacolo sull' impianto per la squadra giallorossa. «Decideranno giunta e sindaco. Nessuno dice di no. Noi diciamo di sì allo stadio, ma da qualche parte che non sia quella perché c' è un rischio idrogeologico. È meglio farlo in una zona che non esonda»: spiega Grillo dopo l' incontro con i consiglieri dei Cinque Stelle. Ma il presidente della Roma replica: «Lo stop sarebbe una catastrofe per il futuro della Roma, del calcio italiano, della città di Roma e francamente per i futuri investimenti in Italia».

     

    «Sullo stadio non posso darvi una risposta perché la mia proposta era di farne due: uno sott' acqua e uno sopra, sulle palafitte». Quella di Beppe Grillo che in mattinata sembrava solo una battuta, in serata si trasforma nella posizione ufficiale del Movimento sul progetto Stadio della Roma. «Nessuno dice di no allo stadio, diciamo di sì ma in una parte che non sia quella», così il garante del M5S con riferimento a Tor di Valle, prima di affondare del tutto il progetto Roma-Parnasi: «È meglio farlo in una zona che non esonda».

     

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    Rientrando all' hotel Forum dopo il blitz di ieri in Campidoglio, Grillo è entrato nei dettagli. «Il progetto è in una zona a rischio idrogeologico, con la Soprintendenza che ha posto qualche limite, e quindi si discute su dove farlo, magari in una zona non a rischio. Ma poi decideranno la giunta e il sindaco». Per questo ieri mattina Raggi ha chiesto un parere all' Avvocatura capitolina su come affrontare la questione.

     

    La procedura è di «revisione» della delibera Marino, quella che a dicembre 2014 stabilì l' utilità pubblica del progetto di Tor di Valle. E punta a valutare tutte le opzioni sul piatto, dalla revoca all' annullamento, dalla riperimetrazione dell' area al cambio di zona fino ai rischi connessi alla maxi causa da un miliardo che i proponenti hanno annunciato in caso di no del Comune.

     

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    A meno di 48 ore dal summit politico in Campidoglio e a quasi una settimana dal triplice fischio in Conferenza dei servizi, la partita sullo stadio sembra già terminata col risultato a sorpresa: lo spostamento dell' opera in altra sede sancisce di fatto il no al progetto.

    Eventualità che Roma e Parnasi escludono però categoricamente. «Ci aspettiamo un esito decisamente positivo dall' incontro in programma venerdì - dall' account del club ha twittato il presidente giallorosso James Pallotta -. In caso contrario, sarebbe una catastrofe per il futuro della Roma, del calcio italiano, della città di Roma e francamente per i futuri investimenti in Italia».

     

    «Dopo anni di lavori su un progetto in stato avanzato di approvazione nel rispetto delle leggi, regolamenti e delibere, non è in alcun modo ipotizzabile un sito alternativo a Tor di Valle», la nota del costruttore Parnasi.

     

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    Il parere chiesto dalla sindaca Raggi su input dei consiglieri «anti-stadisti», ieri tutti a colloquio con Grillo per tre ore, sarà portato domani all' incontro politico saltato ieri con i proponenti. «La Raggi si sta muovendo a scopo cautelativo e farà una dichiarazione tra uno o due giorni - diceva Beppe Grillo in mattinata -: e così si chiuderà questa storia dello stadio in un modo o nell' altro».

     

    Intanto il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone risponde alla richiesta di chiarimenti del Guardasigilli Andrea Orlando sulle indiscrezioni trapelate nel corso dell' interrogatorio di Raggi sulle polizze: «Non si è verificata nessuna violazione del segreto investigativo ma, la diffusione di notizie, in parte anche inesatte o prospettate in via ipotetica, da parte di persone non tenute al segreto».

     

    2. IL MURO DEI CONSIGLIERI E IL NO DEI SUOI TECNICI

     

    Alessandro Trocino per il Corriere della Sera

     

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    La svolta è arrivata nel confronto con i consiglieri comunali. Beppe Grillo ha sondato il terreno, discusso, provato a spiegare che è finito il tempo dei meet up e dell' uno contro uno e che il realismo di governo prevede che decidano in pochi. Ma le risposte non sono state incoraggianti. Grillo in Campidoglio ha trovato scetticismo, critiche aperte e contrarietà diffusa. E così ha deciso: non si può andare avanti, meglio far saltare il nuovo stadio.

     

    Non è mai rimasto tanto a lungo a Roma, Grillo, nel suo bunker di lusso dell' hotel Forum. Non ha mai incontrato tanti parlamentari, consiglieri, tecnici a 5 Stelle. Segno che il momento è difficile, che non si può sbagliare una mano in una partita tanto importante.

     

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    Rinchiuso nel suo studio, con uno stuolo di legali e di architetti, ha esaminato a lungo il progetto per la costruzione del nuovo stadio. L' esito che ha avuto dai periti di fiducia è che il rischio idrogeologico c' è. È vero che nel progetto è previsto, insieme a una serie di rimedi tecnologici, ma l' entità sarebbe di gran lunga superiore a quella ipotizzata. Di fronte all' esito delle ricerche, Grillo è sbottato: «Ma siamo pazzi?

     

    Non possiamo mettere in piedi un progetto con il rischio che poi tra due anni qualcosa non funzioni e si inondi tutto». Parole che erano echeggiate, in forma ironica, nel pomeriggio, quando aveva scherzato: «Facciamone due di stadi, uno sott' acqua e uno sopra, con le palafitte».

     

    A quel punto, Grillo ha fatto i conti ed è arrivato fino a tre.

    Primo: i consiglieri comunali sono contrari e la Raggi, se decidesse di portare il progetto in Aula, potrebbe subire una bocciatura clamorosa. Secondo, la Soprintendenza ha messo un vincolo che magari sarà anche superabile, ma è comunque un elemento non indifferente. Terzo: il rischio idrogeologico c' è ed è pesante.

     

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    Tutto sommato, quindi, meglio rinunciare. Solo che rinunciare tout court , vorrebbe dire attirarsi l' accusa di dire sempre e solo dei no. E qui arriva l' idea: diciamo no a Tor di Valle ma diciamo sì allo stadio.

     

    Dove? Altrove. A quel punto le conseguenze previste sono due. La prima è che la Roma Calcio la prenderà malissimo, dicendo no allo spostamento.

    E a quel punto, il Movimento potrà dare la colpa a James Pallotta e Luca Parnasi.

     

    Ulteriore conseguenza: accertata l' impossibilità di costruire lo stadio a Tor di Valle e ottenuto il no allo spostamento altrove dalla Roma, il Movimento si riterrà esentato dal rischio di dover pagare le salatissime penali previste per il mancato rispetto della delibera approvata dalla giunta Marino.

     

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    Se tutto filerà nel verso giusto, lo si vedrà solo nei prossimi giorni. Nel frattempo Grillo, lancia un altro fronte e un altro diversivo. Chiedendo, via blog, soldi e una legge per Roma. Come hanno fatto decine di sindaci romani negli scorsi decenni. L' ultimo a pensare a una spending review, un po' all' amatriciana, fu Ernesto Nathan, nel 1907, quando pronunciò la celebre battuta: «Nun c' è trippa pe' gatti».

     

    Annunciando così di tagliare dalle spese le frattaglie per nutrire i felini, visti i bilanci disastrati. Dalla terrazza romana, Grillo si accoda, nelle vesti di sindaco virtuale di Roma, e chiede alla Regione, allo Stato e perfino a papa Bergoglio («dai una mano, paga l' Imu») di contribuire alle casse della città. Perché «Roma è una bomba atomica che sta per esplodere»: «Tutte le Capitali del mondo hanno una legislazione e finanziamenti privilegiati». E i romani, dice, «si devono caricare il 30 per cento dei 15 miliardi di debito». Lo Stato, e i cittadini italiani, fanno il resto, versando almeno 500 milioni di euro all' anno dal 2009.

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