1 - IL LINCIAGGIO DIGITALE (CHE VIOLA LO STATUTO 5S)
Alessandro Trocino per il “Corriere della Sera”
di maio e gli scissionisti come zombie by beppe grillo 1
Non ha perso il gusto macabro per la foto segnaletica, per le schedature online, lo sberleffo wanted . Linciaggi digitali un tempo riservati al «Giornalista del giorno», titolo di una famigerata rubrichetta del sacro blog.
Ora a venire crocefissi sono i «traditori», nel frattempo diventati così numerosi da meritarsi «Il grande album di figurine degli zombie». Naturalmente Grillo è sempre Grillo, trasforma la sua rabbia in divertissement , in show social: niente fotoceramiche funerarie, ma simpatiche figurine stile Panini. Al posto di Pizzaballa, Di Maio; al posto di Boranga, Di Stefano.
BEPPE GRILLO CON UNA BANAN
Horror pop ad usum social, per dileggiare i transfughi e far divertire quel che resta dei militanti. E giù grasse risate, come ai tempi dello «psiconano» Berlusconi, dei «pidioti», di «cancronesi», di Renzi «ebetino». Grillo scodella ben settanta figurine di zombie, «contagiati dal morbo dei partiti», «schiavi di Roma». Tutti figli suoi, tra l'altro. Che ora protestano, ma fino a un attimo fa si spanciavano agli insulti di Grillo.
«Morti viventi» che hanno lasciato la nave alla deriva dei 5 Stelle. Forse frastornati dai cambi di rotta, dal governo con Salvini all'esecutivo «con il Pd di Bibbiano», dal governo con «Dracula» Draghi fino alla svolta laburista dimentica del «non siamo né di sinistra né di destra». O forse solo gente in cerca di un seggio, per scampare alla tagliola del doppio mandato. Quando l'identità si affievolisce, l'insulto ricompatta.
GIUSEPPE CONTE BEPPE GRILLO
Peccato per Giuseppe Conte, che nello statuto aveva fatto un bel compitino: «Le espressioni verbali aggressive devono essere considerate al pari di comportamenti violenti». Ma è quel Conte che Grillo definì, per una volta senza insulti, uno «senza visione politica, né capacità manageriali».
2 - CONTE VUOLE IL SUO NOME NEL SIMBOLO DEL M5S MA GRILLO NON CI STA
Matteo Pucciarelli per “la Repubblica”
La lista degli zombie di Beppe Grillo, altri due addii in direzione Luigi Di Maio, le discussioni sul simbolo, sulle regole per la composizione delle liste e la delusione dei parlamentari che non saranno rieletti e che promettono di boicottare un'altra regola aurea: la restituzione dell'indennità di fine mandato.
giuseppe conte patuanelli
In casa M5S si discute molto e per ora si conclude poco. Le scorie di questi ultimi mesi conditi da addii e polemiche sono difficili da smaltire. Il garante, che alterna mesi di silenzio a periodi di grande attivismo mediatico, ieri ha pubblicato un post in vecchio stile, quando era normale ridursi agli attacchi personali verso gli avversari.
Stavolta il fondatore dei 5 Stelle si è inventato un album di zombie, con le figurine dei suoi figli ripudiati o che l'hanno ripudiato, politicamente parlando, additati al pubblico ludibrio. Sarà un po' il mood di questa campagna elettorale: verrà rispolverata la retorica pre-2018, il noi contro tutti, avversati dal sistema, i buoni contro i cattivi.
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Il problema è che Grillo ha da discutere anche con il presidente del partito. C'è da decidere come comporre le liste e si stanno scontrando due diverse filosofie. Affidare tutto alla rete, cioè agli iscritti al portale del M5S; oppure mixare la scelta della base con qualche nome calato dall'alto, cioè da Conte.
E poi: derogare o meno al principio di territorialità, storicamente caro al Movimento, che permetteva di candidarsi solo dove si è residenti? Senza modificare la norma, viste le proiezioni, alcuni big - vedi ad esempio Stefano Patuanelli e Chiara Appendino - rischierebbero di restare a casa.
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Altra deroga: ci potranno essere delle candidature multiple? Tra Grillo e Conte c'è diversità di vedute: il primo teme che il Movimento si trasformi definitivamente nel partito personale dell'ex presidente del Consiglio, il secondo invece pretende di far valere il proprio peso decisionale.
Stesso discorso vale per il nome di Conte nel simbolo: Grillo non ama personalizzare così la contesa elettorale, i contiani credono invece che il nome dell'ex presidente del Consiglio possa fare da traino. Resta in stand-by, poi, la candidatura di Alessandro Di Battista: il ritorno del figliol prodigo non dispiace al fondatore.
Nel frattempo, dopo il ministro Federico D'Incà e l'ex capogruppo Davide Crippa, anche Federica Dieni e Giuseppe D'Ippolito hanno salutato i 5 Stelle. Da qui ai prossimi i giorni potrebbero esserci altri addii e una ragione è (anche) veniale. Il regolamento interno infatti prevede che l'assegno di fine mandato - destinato per legge a tutti i parlamentari che non saranno rieletti - debba essere restituito, fatta salva la cifra di 15 mila euro.
conte appendino
Il grosso va versato «ad un conto dedicato intestato ad apposito comitato operativo, nazionale o regionale, in attesa di individuare periodicamente la destinazione finale, o ad un apposito conto corrente intestato al M5S, dedicato a questa finalità», è la postilla.
federica dieni 1
Per chi entrò in Parlamento nel 2013, si parla di cifre attorno agli 80-90 mila euro.
Uno scivolo a cui in parecchi, a desso, non sono disposti a rinunciare in base alle regole di un partito che - particolare che non è stato ancora pienamente elaborato da tutti - ha deciso di non ricandidarli. Abbandonare il M5S accampando motivazioni politiche, le più disparate e magari anche condivisibili, può quindi permettere di evitare la tagliola economica.
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