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    GUADAGNINO GUADAGNA POSIZIONI: IL REGISTA È STATO RICHIAMATO A VENEZIA, SEGNO CHE QUASI SICURAMENTE HA VINTO QUALCHE PREMIO CON IL SUO “BONES AND ALL”. MA NON SI SA QUALE: POTREBBE ESSERE IL LEONE D’ARGENTO O IL PREMIO MASTROIANNI PER LA 28ENNE CANADESE TAYLOR RUSSELL


     
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    Da www.lastampa.it

     

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    Nel verdetto di Venezia 79, a poche ore dalla cerimonia di chiusura in Sala Grande, l'Italia c'è. Secondo le ultime voci, Luca Guadagnino regista di Bones and All sta tornando. Come da qualche anno ai cineasti «richiamati» non viene detto per quale premio, sia per evitare fuga di notizie sia per non rovinare l'effetto sorpresa al galà. Coppa Volpi femminile a Cate Blanchett per Tar, maschile a Colin Farrell protagonista degli Spiriti dell'Isola di Martin McDonagh. Nel verdetto posto assicurato per Panahi, Diop e Poitras.

     

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    Guadagnino potrebbe aver avuto il Leone d'argento e la sua protagonista femminile, la 28enne canadese Taylor Russell, il premio Mastroianni al giovane talento.

     

    Il Leone d'oro andrebbe a Gli orsi non esistono di Panahi, il regista iraniano in carcere. Alice Diop, con Saint Omer unica opera prima in concorso, è tornata: si parla del Leone d'argento (o Leone del futuro? Si vedrà).

     

    Nel verdetto della giuria presieduta da Julianne Moore anche la regista premio Oscar Laura Poitras con All the Beauty and the Bloodshed sulla fotografa Nan Goldin (premio giuria?).

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    Fuori verdetto i tanti film Netflix, da Inarritu a Blonde e anche i vari titoli prodotti o coprodotti dalla Rai, da Amelio a Pallaoro.

     

    Bones and All, la storia

     

    E’ tornato in libreria in questi ultimi giorni, in una nuova edizione Oscar nella collana Fabula di Mondadori e in una nuova traduzione di Vincenzo Latronico, Bones and All dell'americana Camille DeAngelis, da cui è tratto il nuovo film omonimo di Luca Guadagnino.

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    La pellicola era stata accolta da una standing ovation di oltre 10 minuti e aveva fatto letteralmente impazzire la stampa di mezzo mondo.

     

    Si tratta di una storia d'amore e di orrore, devastante e tragica: la giovane Maren Yearly vorrebbe -come tutti- essere amata e rispettata. Ma ha anche delle esigenze particolari e segrete, che l'hanno costretta a una specie di esilio dal genere umano.

     

    Perché Maren non si limita a spezzare cuori: li divora, letteralmente. L'amore può avere molte forme diverse, ma per lei finisce sempre nello stesso modo: lei che nasconde le prove e sua madre che carica i bagagli in auto.

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    Dopo il sedicesimo compleanno la madre l'abbandona e Maren decide di andare in cerca del padre che non ha mai conosciuto. Finirà per scoprire molto più di quanto si aspettasse: perché, oltre a suo padre, sta cercando se stessa.

     

    Il libro Bones and All ha vinto l'Alex Award dell'Associazione Americana dei Librai nel 2016.

     

    Tutti i possibili pronostici fino a ieri

     

    Si diceva che il Leone d'Oro potesse tornare ad una regista donna, e a un film francese, ad un anno di distanza da La scelta di Anne - L'Événement di Audrey Diwan. Perché il Saint-Omer di Alice Diop (tra l'altro esordio al film di finzione per la documentarista di origini senegalesi) è opera capace di coniugare il ''tema'' con l'intelligenza di una forma che non sia la classica, lineare, trasposizione di un racconto.

     

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    Possibile invece che il premio più importante vada ad un regista già premiato con il Leone d'Oro, ormai nel 2000 (per Il cerchio), ma che stavolta non potrà ritirarlo per cause di forza maggiore (è in carcere)? L'iraniano Jafar Panahi con No Bears (Gli orsi non esistono, prossimamente in Italia con Academy Two) è riuscito in un autentico miracolo cinematografico, realizzando dopo il già notevolissimo Tre volti un altro film che attraverso la fusione tra storia (nella storia) e linguaggio ricorda ancora una volta quale dovrebbe essere la funzione primaria di quest'arte, chiamata oggi come non mai ad una trasfigurazione del reale sempre più forte. E farlo in condizioni di cattività assume tutt'altro significato.

     

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    Rimanendo in ambito ''politico'', la presidente di giuria Julianne Moore potrebbe attribuire il Leone d'Oro ad un documentario. C'è chi giura di averla vista piangere dopo la proiezione di All the Beauty and the Bloodshed di Laura Poitras, opera che non solo racconta Nan Goldin in quanto fotografa ma che ne fotografa l'attivismo deciso, fiero, nel contrastare la famiglia Sackler e il facile commercio dell'ossicodone.

     

    I premi spesso sono anche una questione di cuore. E il cuore non può lasciar fuori Love Life di Koji Fukada (in giuria c'è un certo Kazuo Ishiguro, premio Nobel per la letteratura), quasi sicuramente in palmares, magari premiato per la sceneggiatura.

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    Difficile anche immaginare che possa restare fuori The Banshees of Inisherin di Martin McDonagh, film che ha messo d'accordo veramente tutti qui al Lido.

     

    Sul fronte Coppa Volpi il Brendan Fraser di The Whale è il favorito sin dalla vigilia della Mostra,.

     

    Per l'interpretazione femminile la Cate Blanchett del divisivo Tár è la favorita, ma se la Mostra per la prima volta premiasse un'attrice transgender? La Coppa a Tracy Lysette (Monica) non sarebbe così peregrina.

     

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    Si potrebbe vedere premiato anche lo sforzo di Ana de Armas nei panni di una dolente Marilyn nel Blonde di Andrew Dominik. Ipotizzare il bis per Penélope Cruz (L'immensità) solamente un anno dopo quella vinta per Madres paralelas è invece forse inverosimile.

     

    Registi come Iñárritu (Bardo) o Amelio (Il signore delle formiche) potrebbero essere presi in considerazione per altri premi speciali.

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