Guido Santevecchi per il "Corriere della Sera"
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Affronta un processo civile per violenza sessuale Richard Liu, uno dei grandi capitani dell'economia cinese. Il giudizio non si svolge in Cina ma a Minneapolis, Stati Uniti, dove nel 2018 una studentessa cinese accusò il miliardario fondatore del colosso dell'ecommerce Jd.com di averla fatta bere, molestata e poi violentata.
Richard Liu sostiene che il rapporto sessuale fu consensuale, consumato dopo una cena in suo onore, mentre partecipava a un master executive alla Minnesota University. Fu fermato e passò una notte in una stazione di polizia americana. La notizia rimbalzò subito in Cina e creò un dibattito online, sia per il prestigio dell'accusato sia perché il movimento #MeToo non riesce a farsi sentire a Pechino e vedeva nel caso la possibilità di trovare ascolto almeno all'estero. In Cina, spesso sono le donne che denunciano aggressioni sessuali a finire nei guai, come dimostra il caso della campionessa di tennis Peng Shuai oscurata dopo aver parlato di una vicenda drammatica con un ex membro del Politburo.
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Il miliardario Richard Liu fu prosciolto dall'accusa criminale per insufficienza di prove. «È una situazione complessa», disse il procuratore americano, facendo cadere il caso perché riteneva altamente improbabile sostenere l'accusa di stupro «al di là di ogni ragionevole dubbio» in un tribunale penale.
La ricostruzione è controversa e penosa. Dopo la cena, il miliardario salì in macchina con la ragazza. Lei dice che lui cominciò ad allungare le mani sfruttando il fatto che a lei girava la testa per il troppo alcol. La difesa sostiene che nessuno le aveva imposto di bere. L'autista ha testimoniato che effettivamente Mr Liu aveva «sopraffatto» la ragazza e l'aveva «toccata ripetutamente», ma non c'erano state proteste né richiesta di aiuto.
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Scesi dall'auto, l'industriale era salito in ascensore con lei.
Poi la giovane aveva chiamato la polizia. Dopo il rilascio, Richard Liu era subito rientrato in Cina. Ma la giovane accusatrice Jingyao Liu, che oggi ha 25 anni, è rimasta nel Minnesota, dove si è laureata e ha portato avanti una causa civile per risarcimento. Un giudice americano ha deciso che il suo caso merita il giudizio, che comincerà lunedì. Le due parti testimonieranno in aula davanti a una giuria popolare.
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La donna sostiene di aver sofferto di «disordine da stress post-traumatico» e di aver vissuto gli ultimi quattro anni sotto la costante paura che l'industriale usasse il suo potere per punire lei o la sua famiglia rimasta in Cina. Sui social media cinesi nel 2018 la giovane è stata fatta a pezzi, definita una bugiarda, una ragazza facile, una cacciatrice di denaro. La sua versione della vicenda non compare sui social, perché #MeToo è vittima della censura statale.
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Liu è stato un simbolo della Cina in ascesa. Classe 1973, figlio di poveri contadini del Jiangsu. Però amava lo studio e così tutto il parentado si tassò per mandarlo all'università: a 18 anni partì per Pechino con 700 yuan (100 euro di oggi) e un sacchetto con 76 uova. Si laureò in sociologia alla prestigiosa Renmin. Aveva la passione del computer e nel 2004 avviò una piccola società di vendite online: una sede di 4 metri quadrati. Era nata Jd.com, che l'anno scorso ha fatturato oltre 140 miliardi di dollari.
Da quella notte del 2018, Richard Liu è scomparso dai riflettori in Cina. Nel 2021, a 48 anni, ha lasciato la presidenza esecutivo di Jd.com. Resta al potere dietro le quinte. Ora, colpevole o ingiustamente accusato, sarà uno dei pochissimi cinesi di alto profilo a dover affrontare un giudizio per violenza sessuale. In America.
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