CALCIO OLIMPIADI
Era il 2012, e “le Olimpiadi erano le Olimpiadi e il calcio era il calcio, e il divario tra i due non era mai stato più chiaro“. La notazione di Jonathan Liew sul Guardian è diventata una specie di luogo comune: che c’entra il calcio alle Olimpiadi? Almeno in questa forma? Dopo l’Europeo poi guardare il pallone a Tokyo fa un po’ effetto abbuffata inutile. Al momento il torneo femminile è più interessante di quello maschile.
Per il Guardian “il problema più grande del calcio olimpico è un problema specifico del calcio maschile, ma che col tempo potrebbe arrivare a includere anche il gioco femminile. Nessuno sembra davvero sapere che cosa è esattamente: una competizione di sviluppo? Un veicolo di promozione delle star? Un inutile baraccone?”
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“E quindi si svolge in gran parte a caso, iniziando molto prima dell’inizio delle vere Olimpiadi, finendo molto dopo che altri sport hanno preso il centro della scena, popolato da un cast eclettico e giocato a livelli estremamente variabili. La Spagna, con Pedri, Marco Asensio, Pau Torres e Dani Olmo, ha mandato praticamente una squadra di livello internazionale. La Francia ha un sacco di ‘prospetti’ capitanati dall’attaccante 35enne del Tigres André-Pierre Gignac. La Nuova Zelanda ha convocato Chris Wood e Winston Reid. Qual è il significato di tutto questo? Cosa aggiunge il calcio alle Olimpiadi oltre a gonfiare un programma già fitto in una varietà di sedi lontane tra di loro? Cosa aggiungono le Olimpiadi al calcio se non inserire qualche partita in più in un calendario già pieno?
CALCIO OLIMPIADI
Tutto il resto dello sport – scrive il Guardian – prospera mentre il calcio maschile olimpico resta da più di un secolo in un curioso vuoto, in gran parte privo di narrazioni, trame, momenti decisivi o squadre”.
“Se, in qualche modo, il torneo olimpico di calcio maschile si fermasse ora, le medaglie riposte in un cassetto, i giocatori spediti via su un aereo notturno, qualcuno se ne accorgerebbe davvero? Ecco…”