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Francesco Malfetano per "Il Messaggero"
Chi è guarito dalla Covid-19 ha un rischio maggiore di sviluppare complicanze cardiovascolari, fino ad un anno dopo l'infezione. Non solo gli ex ricoverati o coloro che sono fortunatamente usciti dalle terapie intensive però, ma anche chi nei mesi scorsi ha contratto una forma lieve di malattia.
Specie se si tratta di pazienti over60, si è infatti più esposti ad aritmie cardiache, coaguli di sangue, ictus, malattia coronarica, infarti o insufficienza cardiaca. È questo il principale risultato del più grande studio condotto finora sugli effetti a lungo termine del Coronavirus sul nostro organismo.
La ricerca è stata svolta negli Stati Uniti dalla Washington University School of Medicine di St. Louis sui dati messi a disposizione dal Dipartimento degli affari per veterani tra marzo del 2020 e gennaio del 2021.
Lo studio ha coinvolto in totale 154mila pazienti (al 90% uomini e con un'età media pari a 60 anni) la cui storia clinica è stata paragonata a quella di ben 11 milioni di americani, divisi tra coloro che avevano richiesto assistenza medica in quello stesso periodo (senza però essere positivi al tampone Covid) e coloro che invece si erano rivolti al sistema sanitario nel 2017, prima che la pandemia entrasse nelle nostre vite.
GLI EFFETTI
Ebbene, nel complesso, i ricercatori hanno riscontrato un aumento del rischio di manifestare sintomi dovuti ad almeno 20 diverse malattie cardiache tra le persone che avevano contratto la Covid19 nell'anno precedente, rispetto a chi invece non l'aveva avuta.
Ma soprattutto questi effetti non sono risultati evidenti solo tra coloro che avevano sofferto di forme gravi della malattia, ma anche tra chi l'ha superata con lievi sintomi. E anche a prescindere dall'età o altri fattori: l'incremento del rischio di incappare in patologie cardiovascolari è infatti simile sia tra gli anziani che tra i giovani, così come tra obesi e normopeso, o fumatori e non.
«Ciò che stiamo vedendo non va bene. La Covid-19 può portare a gravi complicazioni cardiovascolari e alla morte. Il cuore non si rigenera o si ripara facilmente dopo un danno cardiaco. Queste sono malattie che colpiranno le persone per tutta la vita», ha spiegato Ziyad Al-Aly, docente di medicina alla Washington University.
Nello specifico è stato evidenziato un rischio più alto del 63% per quanto riguarda tutte le malattie cardiovascolari, e del 55% più elevato di incorrere in eventi cardiovascolari gravi, come un infarto o un ictus.
I 154mila pazienti Covid presi in considerazione, nell'anno successivo all'infezione, hanno fronteggiato un rischio del 52% più alto di avere un ictus e del 49% più alto di un attacco ischemico transitorio rispetto a chi invece non ha mai contratto il Sars-Cov2. Allo stesso modo aumentano del 79% le probabilità di soffrire di fibrillazione atriale, dell'85% quelle di pericardite, del 63% quelle d'infarto e del 72% di scompenso cardiaco.
«Le implicazioni più ampie di questi risultati sono chiare - hanno scritto i ricercatori - Le complicanze cardiovascolari sono state descritte nella fase acuta di Covid-19. Ma il nostro studio mostra che il rischio di malattie cardiovascolari si estende ben oltre la fase acuta».
L'ITALIA
Si tratta di dati molto significativi - per quanto gli studi clinici vadano sempre presi con le pinze - perché a guardare i numeri attuali, solo in Italia, i guariti dal Covid 19 sono oltre 10 milioni. Tant'è che secondo gli stessi autori della ricerca statunitense, i risultati ottenuti indicano chiaramente come potrebbero esserci milioni di persone esposte a maggiori rischi cardiaci, con malattie croniche che potrebbero mettere ancora in difficoltà i servizi sanitari, già molto provati da due anni di pandemia.
«Dopo il dietrofront causato dal Covid si prevede nel mondo un forte aumento di decessi per cause cardiovascolari - spiega infatti Michele Gulizia, cardiologo e presidente della Fondazione per il Tuo cuore di Anmco che proprio a partire da oggi e fino al 20 febbraio risponderà gratuitamente con circa 660 cardiologi ai quesiti sul tema al un numero verde (800 052233) - A causa dell'emergenza sanitaria si è inoltre assistito ad una riduzione delle attività di prevenzione e i pazienti hanno saltato molti controlli, e ciò ha portato inevitabilmente ad un aumento di decessi e ospedalizzazioni. La prevenzione cardiovascolare assume dunque un ruolo determinante».
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