Francesco Specchia per “Libero quotidiano”
Lorenzo Guerini
«Guerini non giochi solo con i soldatini», è la battutella che circola, in queste ore, nelle trincee coperte dal rombo di mortaio della dipartita del segretario Zingaretti. Il riferimento è il solito: per essere un ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, il piccolo guerrafondaio lombardo, l' oppositore interno, ha vinto la battaglia nel Pd ma ha sbagliato la strategia. Zinga s' è dimesso troppo presto.
Lorenzo Guerini, nato il 21 novembre 1966, è ministro della Difesa del governo Draghi Guerini, lodigiano, classe '66, volto da assicuratore dell' hinterland (lo era davvero) incorniciato da pizzetto sale e pepe, eloquio tiepido imbevuto da un doroteismo d' antàn, è un ministro della guerra anomalo.
Sgancia bombe silenziose, ricorda più Forlani che Churchill. Non per nulla il suo soprannome da partigiano Dem è "l' Arnaldo". Con Base Riformista, il suo correntone di una cinquantina di ex renziani, Guerini era quello che minacciava di uscire dalla segreteria e dalla gestione collegiale del Nazareno in assenza di un' anticipazione del congresso rispetto al 2023.
Bettini e Zingaretti
Lui, Marcucci e Lotti, i tre ex moschettieri di Renzi, ufficialmente volevano il congresso per due motivi: «C' è una linea che vira a troppo sinistra e nega il dna fondativo del Pd» e «il governo Draghi non lo possiamo subire, c' è il rischio che la sua agenda, che dovremmo rivendicare pienamente, ci venga scippata da altri partiti».
Dopo, magari, conquistando consensi interni, secondo un cronoprogramma Dc dei "comportamenti conseguenziali", si sarebbe lavorato ad un' ipotesi suggestiva: far rientrare Renzi e Boschi nel Pd. Dopo. Molto dopo. Forse. Il problema è che ora Zinga, stufo di prender sberle, ha spiazzato tutti.
MATTEO RENZI LORENZO GUERINI
Sicché ecco che Guerini si unisce al coro delle prefiche, di coloro che nel partito gridano al ritiro delle dimissioni del capo. O al massimo, se proprio non tornasse Zinga, meglio avere uno come Orlando alla segreteria piuttosto che la Pinotti, così da poter continuare ad attaccare la linea dell' alleanza col M5s e a tenere vivo il dissenso.
Che, poi, anche lì: viva la coerenza. Con un formidabile colpo d' anca, prima Lorenzo afferma che «mi sembra singolare che si possa anche solo immaginare di avviare un confronto con il M5S», e poi ci fa tre governi insieme. Ma Guerini viene dalla zolla
della politica del territorio, mastica Realpolitik.
EX DEMOCRISTIANO
Giuseppe Conte Lorenzo Guerini Dario Franceschini
Nasce Dc, ragioniere, giovanissimo consigliere comunale nel 1990 prima ancora di laurearsi in Scienze Politiche, poi diventa assessore, presidente della Provincia e sindaco nella sua Lodi; l' uomo continua a considerarsi un «politico di provincia», uno ancora contento di «non aver perso Casalpusterlengo alle amministrative». Quand' era all' Anci ha sostenuto Delrio a Reggio Emilia; è riuscito a non litigare con Nico Stumpo in Calabria; ha risolto le grane del Jobs Act e del Campidoglio con Ignazio Marino.
lorenzo guerini giuseppe fioroni foto di bacco
Guerini, con quella sua morbida propensione a raddrizzare le gambe dei cani e dei tavoli delle giunte, è il mediatore insospettabile, quello in grado di modificare le geopolitiche di governi e amministrazioni, sempre affidandosi agli insegnamenti del suo Maestro Beppe Fioroni e pregando San Bassiano patrono di Lodi di cui è devoto.
lorenzo guerini
Per dire, quando la Banca Popolare di Lodi precipitò, nell' estate dei "furbetti" nell' abisso del rocambolesco Fiorani, Guerini - che pure del banchiere era un estimatore - con un provvido colpo di lombi, cambiò bandiera contribuendo ad evitare il tracollo economico della città.
Di Guerini, in genere, lì dentro, si fidano tutti. Vuoi perché la fama da sminatore lo ha portato ad essere un aggettivo («è una soluzione gueriniana», disse Andrea Orlando al Foglio, indicandone la politica del compromesso), vuoi perché è l' unico renziano senza accento toscano. Guerini è l' uomo degli abbracci.
ANDREA ORLANDO NICOLA ZINGARETTI
È l' ultimo ad aver abbracciato Marino prima delle dimissioni a Roma, l' ultimo ad aver abbracciato Bersani prima della scissione, l' ultimo ad aver abbracciato Renzi prima dello scisma. Ora, col distanziamento sociale in pandemia hanno tutti tirato un sospiro di sollievo.
lorenzo guerini alfonso bonafede
Atlantista, fuori rosso e dentro bianco tendenza Ppe, uomo dalla presenza e dalle interviste rarefatte, renziano fedele ma capace di cazziare Renzi quando si fece il suo partitino del 2-3%, Guerini da dietro le quinte ha assunto sempre più spessore e ampliato la propria rete di conoscenze.
Al punto che adesso, mentre nel Pd si scommette su un terzetto di reggenza post-zingarettiana (Pinotti, Orlando, perfino Finocchiaro), ai più attenti torna alla mente la frase che Alessandro Alfieri, coordinatore nazionale di Base Riformista depositò al taccuino del collega David Allegranti: «Lorenzo adesso ha un profilo istituzionale e il profilo politico si è rafforzato. Questo gli è riconosciuto anche dentro la comunità Pd persino da chi ha con lui una posizione dialettica. Lui segretario? Prima avrebbe detto no. Ora in uno scenario ideale, e non a breve, risponderebbe diversamente».
Dario Franceschini Lorenzo Guerini
Guerini segretario. Sembra una boutade. Eppure, neanche poi tanto, specie se si osserva il nervosismo di Franceschini in queste ore, e il Risiko che si muove nelle segrete stanze del Nazareno. La sensazione è che il Pd sia arrivato a tutto questo perché il Guerini abbia smesso davvero di giocare con i soldatini per imbracciare il kalashnikov e puntare all' obbiettivo più alto. Ora il partito, domani chissà.
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