Manuela D’Alessandro per www.giustiziami.it
BRUTI ROBLEDO
Il titolo è ‘Palazzo d’Ingiustizia’ e quel Palazzo d’Ingiustizia è proprio quello di Milano dove ancora si raccolgono – in un’atmosfera di levigata, nuova quiete – le pallottole lasciate a terra dal conflitto più sanguinario che la giustizia ricordi, in una Procura da sempre ieratica garanzia di compattezza.
Edmondo Bruti Liberati e Alfredo Robledo. Le loro pistole sono ormai scariche. Il primo è in pensione, il secondo cacciato a Torino dal Csm dove esercita le funzioni di procuratore aggiunto. Ma il clamore della loro sfida, i temi che ha sollevato, dalla moratoria di Expo ai rapporti tra politica e magistratura, rivivranno presto in un libro al fulmicotone edito da Marsilio e firmato dal conduttore di ‘Presa diretta’ e maestro delle inchieste tv Riccardo Iacona.
Palazzo ingiustizia di Riccardo Iacona
Si dirà: una visione di parte di quello che è successo e senz’altro lo è dal momento che in ballo c’è uno dei contendenti. L’autore assicura di avere tentato una ricostruzione per tabulas della vicenda. Tanti i documenti proposti, in una prospettiva che cerca di andare al di là della contesa personale. Carte che raccontano i passaggi più cruenti del conflitto spesso con un linguaggio ai limiti dell’incredibile (come dimenticare Bruti su Robledo: “Avrei potuto dire a uno dei miei colleghi che mi rompeva i coglioni e andare a fare la pipì, così sarebbe stata nominata come aggiunta la Gatto”).
Iacona è andato a sentire anche Bruti, a cui come sempre va dato atto di non sottrarsi alle domande, e ha scritto perfino a Giorgio Napolitano che da allora presidente della Repubblica decise da che parte stare, ed era quella del capo a cui aveva affidato la gestione delle inchieste legate a Expo in modo da non disturbarne le magnifiche sorti.
riccardo iacona
Moratoria ci fu, è una delle conclusioni a cui giunge il libro, con la benedizione di Matteo Renzi che ringraziò Bruti per la “sensibilità istituzionale”. Il giornalista ci arriva interrogando, a volte virgolettandoli e altre no, anche diversi protagonisti della giustizia milanese. Ne escono a brandelli il Csm e il mito di un potere giudiziario indipendente dalla politica. E intaccata per sempre la Procura di Milano che ancora oggi, nel rinnovato clima di pace, sta scontando la pena di quei giorni di guerra.