renzi martina
Luca Telese per “la Verità”
La guerra tra i candidati è aperta: colpi bassi, firme sospette, tanta diffidenza e veti incrociati.
Le primarie del Pd partono oggi, e iniziano così. Con l' ufficializzazione del ticket Roberto Giachetti-Anna Ascani e con i veleni che si diffondono.
La prima staffilata - che pone addirittura un problema di metodo e un tema di agibilità interna - arriva dall' outsider Dario Corallo, il più giovane dei candidati, e il più politicamente scorretto, che lancia un sasso nello stagno partendo proprio dalla candidatura che lui definisce «turborenziana».
giachetti e ascani si candidano al congresso pd 1
La coppia, spiega, dovrebbe sottomettersi a un patto preliminare: «Parliamoci chiaro.
Per come si sono messe le cose bisognerebbe arrivare a un patto e ottenere la garanzia, grazie a un accordo tra gentiluomini». Quale? «Quella che -a meno che non vincano loro (Giachetti e la Ascani, ndr), nessun renziano di prima linea corra come candidato nella testa di lista per le Europee».
zingaretti ascolta l intervento di gentiloni (2)
Chiedo a Corallo come mai e lui mi risponde così: «La prima motivazione è molto semplice, ed è politica: loro sono quelli che hanno diretto il partito fino a oggi, sono quelli che hanno caratterizzato l' immagine de Pd, a mio parere danneggiandola, ma poco conta. È evidente che, comunque la si pensi, avere in lista loro, in posizioni apicali, sarebbe come dire: tranquilli, non è cambiato nulla. Mi chiedo: se Nicola Zingaretti, o chiunque altro che non sia loro, vince, può accettare che passi questo messaggio?».
nicola zingaretti paolo gentiloni
E la seconda motivazione?
«In apparenza è meno direttamente visibile a chi non conosce i meccanismi interni del partito, ma forse è ancora più importante. Dopo la candidatura del duo Ascani-Giachetti», spiega Corallo, «i renziani stanno giocando una partita tripla che li posiziona ovunque in vista delle eurocandidature.
Il gioco è facile. Una parte di loro resta attaccato a Matteo Renzi, ovunque vada e qualsiasi cosa faccia, anche fuori dal Pd». E poi? «Un altro gruppo corre con Maurizio Martina. I meno segnati, i più camuffabili». E infine? «I turborenziani doc, quelli che non hanno nulla da perdere, corrono con Giachetti e la Ascani: in questo modo qualsiasi sia il risultato, per ogni mozione c' è un renziano pronto a chiudere un posto. Questa è una oculata strategia acchiappaposti che va smascherata». E quindi? «Bisogna fare un accordo: o vincono loro, e allora prego, oppure perdono, e allora accettano di fare un passo indietro».
giachetti e ascani si candidano al congresso pd 2
Che quella di Corallo non sia una posizione estrema è isolata lo dimostra la durezza dello scontro. Ieri notte Nicola Zingaretti (che dopo la rinuncia di Marco Minniti è il favorito) si è arrabbiato in diretta a Cartabianca. E tutto per una domanda di Bianca Berlinguer che gli ricordava questa frase di Matteo Richetti, l' uomo del ticket con Martina: «Se vince il governatore del Lazio vorrà dire che il Pd tornerà indietro di 20 anni». Apriti cielo.
Zingaretti, apparentemente calmo nei toni, è stato durissimo nei contenuti: «Io non ho parole. È stato questo modo di discutere che ha ferito la comunità delle donne e degli uomini che si riconoscono in questo partito! Si tratta di un linguaggio inammissibile».
DARIO CORALLO E LA FIDANZATA GIULIA TITTA 1
Una pausa, e poi un nuovo affondo: «Cosa vuol dire che con me si torna indietro? Con me candidato, nel Lazio abbiamo vinto lo stesso giorno in cui il Pd guidato da loro perdeva in tutta Italia! È questo modo di ragionare e di fare battaglia politica che ha ferito una intera comunità». E ancora: «Se vinco io bisognerà cambiare la classe dirigente».
DARIO CORALLO
Ma Zingaretti è perplesso anche per lo scambio di battute che Renzi ha avuto a Porta a Porta sul tema scissione. Bruno Vespa: «Lei esclude di fare un suo partito?». Renzi: «Il tema non è minimamente all' ordine del giorno». E Zingaretti commentava quasi incredulo: «Ha detto così?». La rassicurazione di Renzi, infatti, è sembrata insufficiente a molti, e molto sibillina: se il nuovo non è «all' ordine del giorno», questo sottintende che domani potrebbe esserlo? O addirittura che una scissione potrebbe essere inscritta se Zingaretti (o un altro candidato non renziano) vincesse le primarie?
Che la partita sia questa lo dimostra il fatto che Cesare Damiano si sia ritirato: «Lo faccio per sostenere Zingaretti».
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I veleni sulle firme, che avevamo anticipato ieri, sono arrivati con le dichiarazioni di Francesco Boccia contro la coppia degli ultimi arrivati: «Io sono andato a raccogliere le firme fisicamente in ogni angolo d' Italia. Giachetti e Ascani hanno dato una mail, non è regolare, non esiste una raccolta di firme via mail. Limitare il renzismo a candidature estemporanee mi sembra anche riduttivo per lo stesso Renzi. Renzi non sa che fare? Ho la sensazione che si vogliano avvelenare un po' i pozzi».
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In Sicilia - invece - diventa clamorosa la notizia del ritiro di Teresa Piccione (zingarettiana ma appoggiata da Enrico Franceschini e Andrea Orlando), polemica per le procedure adottate. Resta in corsa da solo il renziano Davide Faraone. Ricapitolando: sei candidati (compresa Maria Saladino), il controllo delle liste e il futuro del partito in palio. Da adesso non si fanno prigionieri.
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